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Vivere la malattia con la “Sapienza del cuore”

Tema della XXIII Giornata mondiale del malato 2015

“L'esperienza del dolore:

fonte per acquisire e rafforzare la sapientia cordis”

“Anche quando la malattia, la solitudine e l’inabilità hanno il sopravvento sulla nostra vita di donazione, l’esperienza del dolore può diventare luogo privilegiato della trasmissione della grazia e fonte per acquisire e rafforzare la sapientia cordis. Si comprende perciò come Giobbe, alla fine della sua esperienza, rivolgendosi a Dio possa affermare: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,5)” (Messaggio per la XXIII GMM).

Quest'affermazione di papa Francesco costituisce il cuore del messaggio della prossima Giornata mondiale del malato: contiene il riferimento ai doni dei valori fondamentali del Vangelo che il cristiano può acquisire o rafforzare nell'esperienza della malattia o della sofferenza in generale. Esse costituiscono il luogo speciale per ricevere e aumentare la grazia di Dio in noi, fonte per scoprire e crescere nella “sapienza del cuore”, la tappa di crescita della maturità della fede adulta in Dio, la scoperta personale del volto di Dio nella propria carne. Naturalmente tutto ciò comporta  la capacità di saper soffrire, saper offrire, saper pregare, saper allargare gli orizzonti della propria vita spirituale, sul modello di Gesù in croce.

Egli infatti da una parte ha fatto propri i sentimenti umani di ogni credente e di ogni creatura (“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”), dall'altra parte ha saputo fidarsi del suo Padre celeste e abbandonarsi al suo disegno salvifico (“Signore, nelle tue mani affido il mio spirito”).

 

Cosa s'intende per “sapienza del cuore”?

Il messaggio di papa Francesco conferma il suo stile di chiarezza, di sintesi, di affermazioni folgoranti, di concretezza che caratterizza ogni suo intervento sia nella spontaneità delle sue “uscite” sia nella profondità del contenuto di ogni sua affermazione.

Lo schema e il contenuto sono molto semplici: prima si definisce cosa non è e cosa è la “sapienza del cuore”, poi si illustrano le sue quattro manifestazioni nella vita dei battezzati, quindi si chiude con la proposta della figura di Maria, madre di Dio e madre della Chiesa, definita “sede della sapienza”.

 

Cosa non è e come si qualifica la “sapienza del cuore”

L'autore del messaggio si preoccupa subito di definire l'identità della “sapienza del cuore”: essa non è “saggezza” umana (come fa la traduzione interconfessionale in lingua corrente del brano la Bibbia) che si acquisisce con  l'avanzamento dell'età oppure con particolari studi approfonditi o anche con particolari esperienze. Non a caso, nei versetti precedenti del brano citato, Giacomo ricorda: “Non è questa la sapienza che viene dall'alto: è terrena, carnale, diabolica; poiché dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni” (Gc 3,15-16). In una parola: la sapienza del cuore non è un semplice buon senso, la gentilezza e la cordialità nei rapporti, la buona educazione,... La “sapienza del cuore”, invece, è un dono di Dio che va richiesto sempre, è una grazia da impetrare con la forza dello Spirito che guida alla pienezza della Verità.

Inoltre essa assume i molteplici volti dell’esperienza della vita: «pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera» (Gc 3,17). In altre parole essa può chiamarsi intelligenza del cuore, tenerezza nelle relazioni, capacità di saper “leggere dentro” i cuori delle persone, impegno costante di cordialità.

Le quattro manifestazioni concrete della “sapienza del cuore”

Il papa indica i quattro percorsi di vita della sapienza del cuore, illustrandoli brevemente:

* “servire il fratello”, che comporta il mettersi a sua disposizione per i bisogni materiali, psicologici e spirituali. L'esperienza ci dice che la sofferenza e la malattia, vissute nella solitudine e nell'isolamento, rendono il sofferente bisognoso di tutto: dalle necessità minime (fare due passi, essere imboccato, acquistare i beni di prima necessità, facilitare il soddisfacimento dei bisogni fisiologici) a quelle più consistenti (condividere le preoccupazioni della famiglia e dei figli, essere rassicurato per le incognite del futuro, essere sostenuto nella speranza;

* “stare con il fratello”, che comporta non solo visite brevi o prolungate, ma programmazione del servizio individuale e comunitario verso di lui con tempi più frequenti e specialmente più estesi. L'esperienza insegna che all'inizio dell'evento patologico tutti si affollano accanto al letto del malato, ma col passare dei giorni le visite si diradano, le urgenze personali prendono il sopravvento, l'assuefazione all'evento morboso fa prendere il sopravvento su altre preoccupazioni. Il verbo “stare” rimanda allo “Stabat... iuxta crucem”, che ricorda la Madre di Gesù che seppe fermarsi sotto la croce del Figlio, ebbe la forza di raccogliere le sue ultime raccomandazioni, riuscì ad accettare la consegna del “figlio” Giovanni e la missione di essere “sua madre”;

* “uscire da sé verso il fratello”, che si realizza nella scia della Chiesa intera “in uscita” proposta da papa Francesco nella Evangelii gaudium. Sappiamo che è innato nell'uomo l'egoismo che lo porta al movimento centripeto, mettere la propria persona e le proprie esigenze al primo posto e far ruotare ogni desiderio in questo senso. Uscire da sé significa volgere la propria attenzione all'altro bisognoso di aiuto, significa mettersi in movimento per incontrare l'altro, significa fare spazio nel proprio cuore e nella propria vita ai bisogni che ci vengono presentati da chi soffre e trovarsi personali risposte d'intervento;

* “essere solidali col fratello senza giudicarlo”, che permette di manifestare all'altro una presenza significativa, un accompagnamento di condivisione e di comunione, un accompagnamento declinato in offerta di ogni tipo di libertà. La vera solidarietà consiste nell'accoglienza dell'altro con i suoi limiti e le sue fragilità, senza esprime alcun giudizio sull'altro e sulla sua vita. Il vero amore si coniuga nella libertà: amare l'altro significa dare all'altro il messaggio dell'aprire le braccia e il cuore senza attendere alcuna gratitudine.

Celebrare la Giornata del malato nella propria comunità

Ogni comunità, alla luce della propria esperienza e del cammino compiuto negli anni passati, può mettere a frutto anche i sussidi preparati dall'Ufficio nazionale CEI per la pastorale della salute: scheda liturgico-pastorale, manifesto murale, locandina, scheda liturgica, immaginetta con la preghiera composta per l'occasione. L’Ufficio diocesano ha distribuito a tutte le comunità, parrocchiali e non, tutto il materiale di animazione nell’incontro di tutti i Ministri Straordinari della Comunione, sabato 24 gennaio 2014, alle ore 16.00 presso l’aula magna del Politecnico di Bari.

Possiamo concludere col papa: la missione comune dei malati (e dei sani) è questa: “Anche le persone immerse nel mistero della sofferenza e del dolore, accolto nella fede, possono diventare testimoni viventi di una fede che permette di abitare la stessa sofferenza, benché l’uomo con la propria intelligenza non sia capace di comprenderla fino in fondo”.

 

P. Leonardo N.  Di Taranto

Direttore Ufficio Pastorale della Salute

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