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Aboliamo il reato di clandestinità

Ora che il Papa ci ha spiegato che l’immigrazione non è un’emergenza ma una normalità è venuto il momento di abolire lo stigma, di restituire il Paese al suo futuro di integrazione, cancellando senza se e senza ma un reato che non è un reato ma solo una macchia infamante foriera di soprusi, che arrivano persino a non poter curare un povero Cristo in un pronto soccorso costringendo il medico di guardia a fare la spia

Don Francesco Soddu, direttore nazionale della Caritas, si augura che le parole di Francesco da Lampedusa siano come una bomba nel mondo politico italiano. Parlando da quel lembo di terra che unisce l’Africa all’Europa, piangendo su quelle vittime innocenti seppellite sotto il mare, il Papa ci ha preso per i capelli e ci ha riportati dentro la storia.
Ci ha detto delle lacrime necessarie a essere uomini. E ha messo a nudo l’assurdità di una legge, quella che prevede il reato di clandestinità, fatta “sulla pelle delle persone”, come ha detto il ministro dell’Integrazione Kyenge.
Una legge crudele, che trasforma una condizione, quella di clandestino, in uno “stigma” e che solo il nostro buon cuore di “italiani brava gente” ha impedito che facesse ancora più danni di quelli che poteva fare. E che soprattutto non serve a nulla sul piano della pretesa sicurezza. Una finta emergenza buona a legittimare il potere di qualche satrapo di bassa lega.

Sul piano dei diritti civili forse è venuto il momento che l’Italia si scrolli di dosso un bel po’ di polvere di ipocrisia e populismo, senza divagare sui se e sui ma (come ha arzigogolato l'onorevole Cicchitto) per farci tornare in questo nostro tempo. Il tempo dell’integrazione, della solidarietà, dell’aiuto reciproco, del “meticciato” che ci rende più liberi e forti. Qualcosa da inserire in una prospettiva che dall’ottica della difesa dei confini passi a quella della dignità della persona.
Ora che il Papa ci ha spiegato che l’immigrazione non è un’emergenza ma una normalità è venuto il momento di abolire lo stigma, di restituire il Paese al suo futuro di integrazione, cancellando senza se e senza ma un reato che non è un reato ma solo una macchia infamante foriera di soprusi, che arrivano persino a non poter curare un povero Cristo in un pronto soccorso costringendo il medico di guardia a fare la spia. Prima ci libereremo del reato di clandestinità e prima potremmo dirci uomini e cittadini. L’immigrazione ora è affare di tutti.
A cominciare da questo Governo, che dovrebbe tirare dritto e ignorare i patetici "avvertimenti" al ministro Kyenge dell'onorevole Cicchitto, che ha avuto la presunzione di "bacchettare" persino il Papa pur di difendere lo status quo. Anche questo settimanale, come si sono dichiarate molte personalità ed espressioni della società civile, chiede esplicitamente l'abolizione del reato di clandestinità e una seria riforma della legge sull'immigrazione. Se non ora quando?

Francesco Anfossi

© Famiglia Cristiana, 9 luglio 2013

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