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Affido condiviso, padri senza diritti

Aumentano le storie di ingiustizia e prevaricazione ai danni degli uomini, nel 90% dei casi esclusi dalla presa in carico del figlio. Colpa di una legge datata 2006, che oggi meriterebbe un “tagliando”. E che la politica, però, ignora

Lei si stanca, prende il figlio e se ne va all’estero? Le possibilità di intervenire per il genitore che rimane in Italia sono pressoché nulle. Saranno i limiti della legge sull’affido condiviso, saranno le condizioni penalizzanti previste dal diritto comunitario e dai trattati internazionali in tema di infanzia e di famiglia, in buona parte ancora legati a una cultura che privilegia il rapporto mamma- figlio, ma nelle situazioni conflittuali la sorte peggiore tocca quasi sempre ai padri. Le vicende quasi pa- radossali che presentiamo in questa pagina sono la punta di un iceberg di sofferenza di cui la legge non sembra tenere conto.

Due padri stanno combattendo per affermare il loro diritto alla genitorialità nei confronti delle ex partner, trasferitesi l’una in Estremo Oriente l’altra in Europa centrale. Due decisioni unilaterali, due gesti diversi nelle modalità ma identici nelle conseguenze. Se una madre decide di andare all’estero con un figlio piccolo, anche contro la volontà del padre, la legge non ha alcuno strumento né per impedirlo né per ricomporre la questione. In questi ultimi mesi ci siamo più volte occupati delle carenze della legge 54 del 2006 sull’affido condiviso.

Autentica emergenza, non fosse altro che per il numero di persone coinvolte nel nostro Paese, almeno cinque milioni tra minori e separati. La norma rimane importante, perché ha definito per la prima volta un criterio fondamentale: anche nella separazione, i figli hanno il diritto di contare sull’impegno educativo di entrambi i genitori. Purtroppo la prassi giudiziaria ha di fatto reso inapplicabile questo principio. Se una madre – nel 90% dei casi il genitore cosiddetto “collocatario” continua ad essere la donna – decide di escludere l’ex partner dalla vita dei figli, non esiste di fatto la possibilità di farla recedere dalla decisione.

E la sua scelta diventa vincolante e inoppugnabile sia che i due ex coniugi abitino a poche centinaia di metri di distanza, sia che – come nei casi di cui diamo conto – lei decida di espatriare. Con il risultato che, con il costante aumento delle separazioni, si ingrossano le fila dei padri separati che non riescono più a vedere i figli. Con sofferenze, ingiustizie e patologie psicosomatiche correlate. E anche la conflittualità aumenta in modo esponenziale, trasformando i figli in una sorta di “premio” conteso dai due ex partner. Esito triste di una progressiva inciviltà relazionale resa più dirompente da una legge, appunto quella sull’affido condiviso, che a dieci anni dall’approvazione meriterebbe un approfondito “tagliando”. Ma la politica tace. Nessuna riforma in vista. Assicurare la pari dignità educativa dei genitori separati non è evidentemente obiettivo abbastanza premiante. A differenza di unioni civili e di riforma in chiave ideologica della legge sulle adozioni.

Luciano Moia

© Avvenire, 15 maggio 2016

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