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Antidoto all’idolatria

Riflettendo sulla figura e sulle vicende del profeta Elia, ieri il Papa ha affrontato, in particolare, il tema dell’idolatria, dicendo che è un atteggiamento non solo di alcuni antichi, ma anche di diversi uomini contemporanei, credenti e non credenti.

images.jpgGli idoli degli ultimi due secoli e/o di oggigiorno, sono per esempio, la Razza, il Comunismo, il Nazismo, la Natura, la Scienza, la Politica, ecc., cioè le varie divinità a cui le diverse ideologie costruiscono altari, oppure il piacere, il sesso, la droga, il successo, i soldi, ecc. 

Ora, poiché Dio non è manipolabile e i suo doni li concede per grazia, il credente talvolta cerca «qualcosa […] che si può gestire con le proprie forze», e si illude di poter «servire a due padroni», laddove invece «all’assoluto di Dio, il credente deve rispondere con un amore assoluto, totale, che impegni tutta la sua vita, le sue forze, il suo cuore».

Quanto al non credente, ha proseguito Benedetto XVI, «dove scompare Dio» spesso «l’uomo cade nella schiavitù di idolatrie, come hanno mostrato […] i regimi totalitari e come mostrano anche diverse forme del nichilismo, che rendono l’uomo dipendente da idoli, da idolatrie; lo schiavizzano»: si pensi, in particolare, alle dipendenze dalla droga e dal sesso. Insomma, senza generalizzare ma non raramente, è vero ciò che hanno rilevato diversi filosofi e teologi, e tra questi ultimi ciò che ha detto con efficacia Karl Barth, secondo cui «quando il cielo si svuota di Dio, la terra si riempie di idoli».

E si può connettere questa riflessione del Papa con la questione dell’atto di fede. Infatti, la fede nell’esistenza e nel soccorso di qualcosa di sanante, salvifico e/o felicitante – è in definitiva questo che l’uomo cerca dagli idoli – è connaturale, anche secondo un filosofo come Kant che riteneva impossibile un discorso razionale su ciò che è soprannaturale. In questo senso, persino le culture razionalistiche hanno un sottofondo misterico (per esempio, durante l’Illuminismo si diffondono le sette esoteriche, e durante il Positivismo si diffonde lo spiritismo).

In ogni caso, gli uomini di tutti i tempi, non di rado, cadono appunto nell’idolatria. Così, aveva ragione un acuto pensatore come Chesterton, il quale diceva che il dramma dell’uomo moderno, spesso, non è quello di non credere a nulla, bensì di credere a tutto. Si pensi, in particolare, al gigantesco giro d’affari di maghi, cartomanti, ecc., a cui si rivolgono non solo persone poco istruite, bensì anche professionisti, politici e manager affermati. Insomma, l’uomo contemporaneo non di rado crede a qualcosa di soprannaturale, ma sovente trascura il Dio della Rivelazione.

Parimenti, ognuno ha in fondo il suo dio, un fine ultimo globale della propria esistenza – che a volte cambia nel corso della sua vita – in rapporto a cui organizza la propria condotta. Uno di quelli già menzionati, o altri ancora, o se stesso. Chi dice di non avere mai un fine ultimo e di voler sempre assecondare il suo umore momentaneo, ha in realtà come fine, appunto, il seguire il proprio stato d’animo del momento.

Ovviamente qui non è possibile confrontare questi fini ultimi con il Dio cristiano. Ma è almeno possibile rivolgere un invito affettuoso ai non credenti: cercate di conoscerLo, come fa chi cerca un tesoro senza sapere se esista o no. Non accontentavi della catechesi - necessariamente elementare e stringata - ascoltata da bambini, o della rappresentazione, spesso caricaturale, del Dio cristiano che viene fatta dai media.

Giacomo Samek Lodovici
© Avvenire, 16 giugno 2011