Cattolici nell’Italia di oggi Un’Agenda di speranza per il futuro del paese
“Mi piace immaginare questa società come un orologio meccanico – scrive nel suo saluto alla Settimana il Presidente dell’Amministrazione provinciale – nel quale ogni singolo ingranaggio si muove e concorre al perfetto funzionamento del meccanismo. Quando anche il più piccolo di quegli ingranaggi si inceppa, l’intero meccanismo si ferma e l’orologio non funziona. Così è la società, dove tutti, ognuno per la propria parte, devono lavorare insieme, perché il bene comune venga garantito”.
La Settimana Sociale, perché impegna ciascuno di noi, non può essere accantonata all’indomani del suo svolgimento nella logica consumistica che sta contagiando ogni realtà, anche quella che dovrebbe superare il guado della breve durata.
Anche per questo mi sia consentito proporre le seguenti riflessioni, invitando ciascuno di noi, come autorevolmente suggerito, a fare ancora di più.
1200 delegati
Erano in tanti a Reggio, provenienti da tuta Italia. Erano presenti anche ospiti, tra cui alcuni parlamentari, politici e amministratori locali, per ascoltare proposte concrete, per dare “un’agenda di speranza” al Paese, per “interpretare la storia e costruire una città più umana”, andando oltre le parole e i buoni auspici. Si è ribadito che occorre spendersi nella formazione di coscienze (cristiane) mature, cioè aliene dall’egoismo, dalla cupidigia dei beni e dalla bramosia di carriera, coerenti invece con la fede professata, conoscitrici delle dinamiche culturali e sociali di questo tempo e capaci di assumere responsabilità pubbliche, con competenza professionale e spirito di servizio.
Una settimana densa di lavoro. Dopo la lettura dei messaggi – del Papa, del Presidente della Repubblica, dei presidenti di Regione, di Provincia e della città – e dei saluti da parte delle Autorità ecclesiastiche locali, la prolusione del card. Angelo Bagnasco e le corpose relazioni di noti studiosi, nella seconda parte della Settimana hanno avuto spazio le “assemblee tematiche” a gruppi, che hanno portato la vivacità delle Chiese locali sulle cinque piste indicate nell’ “Agenda per il Paese”.
Nella impossibilità di riferire analiticamente sulle relazioni e sulle assemblee tematiche, l’Agenda indica le questioni prioritarie che affliggono il Paese e con le quali istituzioni, gruppi sociali e persone devono misurare la propria responsabilità. “Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano”, già oggetto di studio della precedente Settimana di Pistoia e Pisa, è guida nei lavori assembleari.
Il comitato preparatorio ha pensato di definire le cinque piste di lavoro per “riprendere a crescere secondo il bene comune” con altrettanti verbi all’infinito: intraprendere nel lavoro e nell’impresa, educare per crescere, includere le nuove presenze, slegare le mobilità sociali, completare la transizione istituzionale.
Prima delle conclusioni dei lavori affidate a Luca Diotallevi e a mons. Arrigo Miglio, i cinque presidenti presentano all’Assemblea le sintesi dei lavori.
Inutile dire che soprattutto nei lavori di gruppo si è puntato al concreto, “si è pensato politicamente” nel senso che, come cittadini consapevoli delle proprie responsabilità verso la comunità, ci si è fatto carico delle problematiche del Paese, affrontando i problemi non in una prospettiva esclusivamente cattolica.
Lavoro preparatorio
A Reggio si giunge per la Settimana dopo due anni di preparazione per individuare i contenuti concreti di un’Agenda da proporre all’intero Paese. Edoardo Patriarca, segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, spiega che “l’Agenda è una lista di problemi nata dall’aver ascoltato oltre 60 diocesi in Italia e migliaia di associazioni, anche laiche, imprenditori, esponenti della società civile…Un’Agenda suscettibile di ampliamenti e modifiche…E’ frutto di due anni di lavoro… Abbiamo riscontrato, anche nel girare l’Italia, l’urgenza di una nuova classe dirigente impegnata in politica e in tutti i campi, capace di trainare il Paese in questo momento di passaggio…”.
La Settimana è stata il luogo dove le nuove energie hanno trovato sintesi e sostegno.
L’appuntamento è stato fissato a Reggio “per sconfiggere i pregiudizi, ma prima ancora per conoscerci”. Se è vero che “il Paese non crescerà se non insieme” occorre dialogare: il Sud è obbiettivamente in una condizione di difficoltà, ma ha anche da dare alle altre Regioni in uno spirito di reciprocità che non può non fare bene a tutti.
E’ stato scelto Reggio, sia perché è uno dei capoluoghi importanti del Sud, dove da tempo non c’erano eventi ecclesiali nazionali, sia per riportare l’attenzione sul Meridione, anche a seguito del documento “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”.
Accanto a questa preparazione immediata non si può non valutare a riguardo l’apporto della Caritas in veritate di Benedetto XVI, del documento del Mezzogiorno già ricordato, dell’ultima Settimana sociale sul bene comune. Le premesse, perché l’impegno di Reggio sia segno per crescere nella speranza di chi ha a cuore il bene comune, condividendo risorse e affrontando problemi e sfide in un contesto di reciprocità, sono abbondantemente sottolineate; sta a noi non dimenticarle.
Ricaduta nella quotidianità
Il destino della Settimana, di questa e di tanti altri Convegni e Studi, non sarà affidato né al volume degli Atti né al sintetico documento conclusivo, ma alla capacità di tutti – vertice e base – di rendere azione l’Agenda nei suoi “verbi”, riamando la politica (si capisce: quella buona) e appropriandoci di essa, senza deleghe in bianco a chicchessia. Si tratta di un compito difficile, come abitualmente capita quando occorre passare dalla “leggerezza della progettualità alla durezza della prassi”; ma senza di questo si sarebbe solo perso tempo.
I partecipanti hanno mostrato soddisfazione per lo svolgimento della Settimana, perché l’agenda dei problemi ha permesso di elaborare e valutare programmi ed azioni e di far passare nella vita ordinaria le esigenze e le situazioni.
Motivi di preoccupazione però non mancano anche dopo Reggio.
Già il relativo silenzio di buona parte dei mass media non incoraggia: segno di poca attenzione ad un evento molto importante. Di più preoccupa l’esperienza passata, che suggerisce al prof. G. Savagnone (uno dei relatori più applauditi alla Settimana) l’idea di due piani: uno nobile (in cui facciamo Convegni e scriviamo documenti) e un piano terra (quello della vita quotidiana: nei gruppi, nelle parrocchie, nei movimenti, nelle scuole, nei diversi luoghi di appartenenza).
Le cose del piano nobile non arrivano quasi mai al piano terra; è lì invece che dobbiamo trovare la forza di cambiare le cose. L’educazione si fa al piano terra – continua Savagnone – mediante una formazione permanente, coraggiosa, che metta in comunicazione col territorio, per insegnare a cercare là dove apparenterete non c’è, per le strade, per le piazze, in ufficio, in officina.
Coniughiamo perciò i “verbi dell’Agenda” per dire “no” alle mafie e alla economia ridotta a speculazione, all’uso irresponsabile della natura e del potere politico, allo sfruttamento e allo svilimento del “diverso” e dell’indifeso, a partiti senza democrazia interna. Dire “sì” invece alla cultura della legalità e alla ben regolata integrazione, alla pulizia e al rigore delle classi dirigenti, ad un federalismo sussidiario e solidale, ad un fisco equo, alla restituzione agli elettori del potere di scelta degli eletti, ad una sanità efficiente, ad un mondo del lavoro che sia flessibile per accogliere i giovani e non solo per farli precari, ad un’Italia che si batta per affermare i diritti umani.
Sono “sì” e “no” che pesano. Reggio Calabria ha suonato la sveglia, anche per i “piani bassi”, se c’è gente che ha una forte passione per il bene comune.