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Charles de Foucauld, il nobile che trovò Cristo nel silenzio del deserto

Moriva il 1° dicembre 1916, in maniera quasi accidentale dopo un assalto di predoni, quello che può essere considerato un padre del deserto contemporaneo. Voleva fondare un ordine religioso e in vita non ci riuscì. Rifiutò di essere ciò che di volta in volta gli veniva richiesto dalla famiglia e dalle circostanze: studente modello, soldato valoroso. Scelse la vita nascosta, il silenzio e la preghiera mistica. Nella sua immagina possono riconoscersi tutti i “falliti” della storia

Colui che un giorno verrà definito il fratello universale, l’uomo che ha gridato il Vangelo con tutta la sua vita, che ha sognato di fondare una qualche congregazione e ne ha scritto e riscritto le costituzioni, di fatto è morto solo nel deserto, in modo quasi accidentale, senza la soddisfazione di avere al fianco qualcuno che gli garantisse la continuità. In compenso, vent’anni dopo la sua morte, sono nate quelle congregazioni che aveva sognato, e soprattutto dal suo esempio e dai suoi scritti è scaturita una forma di spiritualità a cui si ispirano migliaia di persone, di gruppi, di famiglie spirituali che nei modi più diversi fanno riferimento al suo nome.

Charles de Foucauld nasce a Strasburgo, in Alsazia, il 15 settembre 1858. Rimasto presto orfano di entrambi i genitori, andrà a vivere con la sorella Marie presso il nonno materno. Durante gli studi liceali abbandona ogni pratica religiosa e si considera ateo. Nell’ottobre 1876 entra nell’accademia militare, e quindi nella scuola di cavalleria. Vivrà rapporti difficili con le autorità, causa la sua scarsa attitudine alla disciplina e un’evidente dissolutezza di costumi. Verrà infatti allontanato dal servizio “per indisciplina aggravata da  notoria cattiva condotta”. Proprio per questo aveva già in buona parte sperperato l’ingente eredità lasciatagli dal nonno defunto. Prima reintegrato e poi congedatosi dall’esercito, partecipa a un’importante missione esplorativa nel Marocco, travestito da rabbino, dove tra l’altro rimane profondamente colpito dalle manifestazioni di fede dei musulmani.

de-foucauld-1_1991959.jpgLa conversione nella chiesa di Sant'Agostino a Parigi

Nell’ottobre del 1886 entra nella chiesa di Sant’Agostino a Parigi per chiedere al reverendo Huvelin di essere aiutato a conoscere la fede cristiana. Huvelin, un prete parigino noto per la sua alta spiritualità, confessore e padre spirituale delle persone appartenenti alle più diverse classi sociali, prima di ascoltarlo gli chiede di confessarsi. Ha così inizio per Charles un autentico cammino di conversione, le cui tappe saranno costantemente seguite e consigliate dallo stesso Huvelin, diventato il suo vero padre nella fede.

Dopo un pellegrinaggio in Terrasanta, Charles pensa di aver trovato la sua strada: lascia la famiglia e, consigliato da Huvelin, nel gennaio 1890 entra nella “trappa” di Notre-Dame des Neiges, un monastero molto povero, nell’Ardèche. Pochi mesi dopo si trasferirà in un’altra trappa, collegata con la prima, Notre-Dame du Sacré Coeur, vicina ad Akbès, in Siria. La partenza per la trappa significherà il distacco dalla cugina, Madame de Bondy, alla quale era legato da grande affetto, e che resterà in seguito la destinataria di lettere che rappresentano una delle più straordinarie storie della spiritualità di un uomo e di un’epoca. Il distacco gli suggerisce anche un’espressione che sarà quasi un programma, convinto che dovrà sempre “trarre la forza dalla mia debolezza”. Vivrà la vita del trappista per sette anni, durante i quali però scopre che la sua vocazione è un’altra: quella di vivere integralmente la sequela del Divin Maestro, a partire dai luoghi della sua vita e della sua missione. Lasciata la trappa, si reca a Nazareth, dove accetta il ruolo di domestico delle clarisse di Nazareth, e vive in un piccolo capanno nell’orto del monastero, svolgendo il suo lavoro e dedicando lunghissimi tempi alla preghiera e alla meditazione, soprattutto del Vangelo. Sceglie come motto “Jesus Caritas” e come simbolo un cuore sormontato da una croce: un motto e un simbolo che diventeranno un giorno il contrassegno che distinguerà tutte quelle famiglie spirituali che si ispireranno a lui.

Dopo alcuni anni, sente nuovamente la necessità di andare oltre nell’imitazione del Maestro. Accetta i consigli del suo padre spirituale e si prepara al sacerdozio, ricevendo l’ordinazione il 9 giugno 1901. Inizia quindi la sua nuova avventura, recandosi a Beni Abbès, nel Sahara algerino, non lontano da Orano. Qui costruisce un romitaggio, nella speranza di aprire un giorno una comunità di monaci. Si dedica all’accoglienza di pellegrini e locali, collaborando alla redenzione degli schiavi. Entra in contatto con i grandi nomadi del deserto, i tuareg, e finisce per stabilirsi in un piccolo villaggio, Tamanrasset, nel deserto del Sahara, grazie anche all’amicizia stabilitasi con un loro capo, Musa Ag Amastan. Costruisce un primo eremo e quindi un secondo sul massiccio dell’Hoggar. L’idea di poter convertire il popolo presso cui si era stabilito lascia lentamente il posto al desiderio di essere un autentico testimone del Vangelo, di indurre i suoi amici a pensare quanto doveva essere buono il suo Dio, il suo padrone, se aveva un servo così buono. Vive lunghi periodi di solitudine, e dialoga con gli amici per corrispondenza: questo spiega lo straordinario numero delle sue lettere, che rappresentano anche la storia della sua vita e della sua spiritualità.

la morte durante un assalto dei predoni

Condividendo la vita dei tuareg ne impara la lingua, al punto tale da essere in grado di scrivere un dizionario, ancora in uso, tuareg-francese; traduce diversi brani dei libri sacri e poi si dedica alla raccolta di canti, poesie, tradizioni di questo popolo, testi che rappresentano uno dei pochi materiali che possediamo per conoscere la storia e la cultura del popolo tuareg. Lentamente, i tuareg lo accolgono come un fratello, chiamandolo “il marabutto cristiano”, l’uomo di Dio, per la sua bontà e la sua grande comunione con Dio. La sua giornata aveva un ritmo semplice e molto austero: undici ore di preghiera, sei di lavoro, poche ore di sonno; e poi grande disponibilità all’accoglienza, al dialogo, all’aiuto fraterno verso tutti.

Tra il 1909 e il 1913 compie alcuni viaggi in Francia, nella speranza di coinvolgere dei laici nell’opera di evangelizzazione, secondo il modello delle prime comunità cristiane (sceglie come esempio Aquila e Priscilla), organizzandoli in un’Unione dei fratelli e sorelle del Sacro Cuore di Gesù. Scoppiata la Prima Guerra Mondiale, il conflitto coinvolge anche alcune tribù locali, provocate dai turchi e dai tedeschi a ribellarsi contro i francesi. Fratello Charles aveva allora costruito un piccolo fortino, alla periferia di Tamanrasset, per difesa di sé e della popolazione. Il 1° dicembre 1916 una banda di predoni, aiutati da un uomo che fratello Charles aveva beneficato, prende in ostaggio l’eremita per saccheggiargli la casa. Forse spaventato per l’arrivo di due cammellieri francesi, il giovane che sorvegliava fratello Charles gli spara alla tempia, uccidendolo sul colpo. Si tratta di uno di quei casi per i quali davvero si può dire che se il grano di frumento non muore non porta frutto. Un giorno un noto scrittore francese, René Bazin, ne avrebbe scritto la biografia, facendo conoscere al mondo il solitario del deserto.

Pochi anni dopo, René Voillaume ne avrebbe raccolto l’eredità, fondando quella congregazione, chiamata dei Piccoli fratelli di Gesù, che l’eremita aveva invano sognato di fondare, indicandone anche il nome: Piccoli fratelli del Sacro Cuore di Gesù. Sull’esempio di Voillaume, Madeleine Hutin avrebbe fondato l’analogo istituto femminile, le Piccole sorelle di Gesù. Si realizzava così quanto lui stesso aveva scritto pochi mesi prima della morte a René Bazin, suo futuro biografo: “I missionari isolati come me sono molto rari. Il loro compito consiste nel preparare la via, in modo che le missioni che li sostituiranno trovino una popolazione amica e fiduciosa, delle anime un poco preparate al Cristianesimo e, se è possibile, qualche cristiano”.

Tutta la sua vita era stata dominata da quelli che Voillaume avrebbe definito i suoi due grandi misteri, il Santissimo Sacramento, che contiene e realizza la più profonda unione d’amore che esista, e l’Incarnazione quale si rivela a Nazareth, dove Dio, divenuto nostro fratello, viene a incontrare qualunque uomo nelle manifestazioni più quotidiane e più ordinarie della vita. Il programma e lo scopo della sua vita li aveva delineati lui stesso in una delle tante frasi che si potrebbero citare come prova: “Tutta la nostra esistenza, tutto il nostro essere deve gridare il Vangelo sui tetti; tutta la nostra persona deve respirare Gesù, tutta la nostra vita deve presentare l’immagine della vita evangelica; tutto il nostro essere deve essere una predicazione viva, un riflesso di Gesù, un profumo di Gesù, qualcosa che gridi Gesù, che faccia vedere Gesù, che risplenda come un’immagine di Gesù”. Quella spiritualità profondamente incarnata nel quotidiano, il desiderio di essere sempre e solo un testimone vivente del Vangelo, avrebbero trovato negli anni successivi quei discepoli e compagni che il fratello universale non aveva avuto nel corso della vita. Charles de Foucauld sarebbe stato beatificato il 13 novembre 2005.

© www.famigliacristiana.it, martedì 1 dicembre 2020

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