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Chiesa. Via al cammino sinodale, si parte dal popolo delle parrocchie e dalle diocesi

Durerà cinque anni il percorso nazionale che avrà come orizzonte il Giubileo del 2025. In agenda annuncio, famiglia, giovani, impegno sociale. La rivoluzione della Cei: basta input dall'alto

Il nome ufficiale è «Carta d’intenti». E rappresenta la prima roadmap del cammino sinodale della Chiesa italiana sollecitato da papa Francesco. Un percorso che è cominciato in modo formale con l’Assemblea generale dello scorso maggio e che è riassunto nel testo approvato dai vescovi della Penisola e consegnato al Papa. Il movimento “diffuso” che avrà come protagonisti le diocesi, le parrocchie e le multiformi espressioni del mondo ecclesiale italiano durerà cinque anni e avrà come orizzonte il Giubileo del 2025.

Il 2021 segna già il debutto del percorso in «sintonia con l’avvio della preparazione del Sinodo universale» dei vescovi. Il 2022 è l’anno della «prima tappa» italiana che sarà dal «basso verso l’alto»: in particolare avrà come snodo il «coinvolgimento» del “popolo delle parrocchie”. Il 2023 costituisce la «seconda tappa» che andrà «dalla periferia al centro»: in primo piano un grande «momento unitario di raccolta, dialogo e confronto con tutte le anime del cattolicesimo» del Paese, specifica il testo-guida. La «terza tappa» prevista per il 2024 sarà «dall’alto verso il basso» e ruoterà attorno alla «sintesi delle istanze» emerse fra la gente e alla «consegna, a livello regionale e diocesano» delle proposte di azione pastorale. La conclusione durante il prossimo Anno Santo con la «verifica nazionale per fare il punto» dell’itinerario compiuto.

Il cronoprogramma recepisce le indicazioni di Francesco che lo scorso gennaio aveva sollecitato di varare un «Sinodo nazionale» tornando al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze del 2015 e che, a fine aprile, incontrando l’Azione cattolica, aveva suggerito che fosse «dal basso fino all’alto» e poi «dall’alto al basso», come lo stesso Bergoglio aveva già detto durante l’Assemblea generale del 2019. Nessun itinerario «precostituito», spiega la Cei. Anzi. «L’incoraggiamento di papa Francesco – si legge nella Carta – richiede di dare una risposta sollecita e coraggiosa. Per fare questo occorre riprendere in mano Evangelii gaudium alla lente d’ingrandimento del Discorso di Firenze, facendo tesoro delle esperienze che in Italia già diverse Chiese locali hanno fatto in questi ultimi cinque anni». Il riferimento è anche ai Sinodi che la diocesi della Penisola hanno celebrato o stanno celebrando.

Mai nel testo si ricorre alla parola “Sinodo”: si preferisce utilizzare sempre l’espressione “cammino sinodale”, come del resto accade in Germania o in Irlanda dove sono in corso esperienze analoghe. A fare da filo conduttore la sfida di «annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita», evidenzia il titolo dell’itinerario italiano annunciato al termine del Consiglio straordinario permanente della scorsa settimana. Perché alla base della scelta sinodale c’è anche il «travaglio del tempo presente» marcato dalla pandemia che «sta mettendo in ginocchio le comunità cristiane, diocesane e parrocchiali». Allora la crisi diventa occasione per «stimolare e accompagnare la rigenerazione, rafforzando quanto di buono e di bello si è già fatto negli ultimi anni, riaccendendo la passione pastorale, prendendo sul serio l’invito a rinnovare l’agire ecclesiale».

Un «ripensamento» che non ha bisogno di ricercare «affannosamente soluzioni immediate», ma necessita di mettere a fuoco «i “punti cruciali” per il prossimo futuro». a Carta ne indica alcuni: l’«abbondante semina della Parola»; la «proposta della lectio e della meditazione personale»; la «complementarità di celebrazioni sacramentali nelle comunità e di forme rituali vissute nello spazio familiare»; la «catechesi proposta con modalità e luoghi che superino il modello scolastico»; l’«azione educativa verso ragazzi»; l’urgenza di «un’alleanza familiare», di «una nuova stagione di solidarietà e carità», di un rinnovato «impegno civile» anche attraverso «un servizio politico all’altezza della ripresa auspicata». L’agenda sarà scandita dal rapporto fra «Vangelo, fraternità, mondo». Con alcune priorità: la “forma di Chiesa” per il futuro; l’Eucaristia domenicale come sorgente ecclesiale; l’accompagnamento delle famiglie; il ruolo dei giovani; l’attenzione ai poveri; la presenza sociale e culturale.

È ancora da definire la cassetta degli attrezzi di lavoro: può contenere un’«agenda di temi di ricerca», l’Instrumentum laboris, le schede per l’ascolto e la verifica, una piattaforma digitale per il confronto. Comunque la Conferenza episcopale prospetta già una rivoluzione nell’impostazione che ha segnato gli ultimi decenni. Con il cammino sinodale si passerà «dal modello pastorale in cui le Chiese in Italia erano chiamate a recepire gli Orientamenti Cei a un modello che introduce un percorso sinodale, con cui la Chiesa italiana si mette in ascolto e in ricerca per individuare proposte e azioni pastorali comuni». Basta quindi limitarsi all’opzione «applicativa»: serve imboccare la via «di ricerca e di sperimentazione» a partire dai territori.

Da qui le tre parole-chiave per coinvolgere le comunità: “ascolto”, “ricerca” e “proposta”. Il che significa «ascoltare la situazione», «cercare quali linee di impegno evangelico sono immaginabili e praticabili», «proporre scelte concrete che ciascuna Chiesa locale può recepire». L’intento è «smuovere il corpo ecclesiale e la sua presenza nella società». Ecco perché serve uno «stile ecclesiale» che guardi «al primato delle persone sulle strutture», alla «corresponsabilità», alla capacità di «tagliare i rami secchi, incidendo su ciò che serve realmente o va integrato/accorpato».

Il cammino italiano si armonizzerà con quello del Sinodo dei vescovi sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” che, secondo la riforma approvata da papa Francesco, non si ridurre a un’adunanza in Vaticano ma coinvolgerà in prima battuta diocesi, Paesi e continenti. E questo va visto come «il primo momento» dell’itinerario nazionale, sottolinea la Carta d’intenti. Allora in Italia assumerà un valore particolare la data che segnerà in ogni diocesi del mondo (comprese quelle della Penisola) l’inizio del Sinodo dei vescovi: è domenica 17 ottobre quando ogni presule darà avvio al percorso universale nella propria Chiesa locale, preambolo del cammino italiano.

Giacomo Gambassi

© Avvenire, sabato 17 luglio 2021

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