
Come il buon ladrone, capaci di "rubare" con onestà il Paradiso
Vergogna, pentimento e speranza. Su queste tre linee si snoda la preghiera di papa Francesco al termine della via Crucis al Colosseo. In una Roma blindata, ma in modo discreto, i fedeli si assiepano per vedere e ascoltare le meditazioni delle quattordici stazioni. Scritti quest’anno da un gruppo di studenti e studentesse coordinati dal professore di religione Andrea Monda, i testi hanno accompagnato il cammino all’interno dell’arena romana. A portare la croce, oltre ai giovani che hanno composto le meditazioni, anche una famiglia proveniente dalla Siria, alcune suore irachene, una disabile con i barellieri...
Al termine il Papa, che ha presieduto la via Crucis, ha preso la parola per dire che, guardando Gesù, «il nostro sguardo è pieno di vergogna, di pentimento e di speranza».
Vergogna per «essere scappati dinanzi alla prova pur avendoti detto migliaia di volte: “anche se tutti ti lasciano, io non ti lascerò mai”», per «aver scelto Barabba e non te, il potere e non te, l’apparenza e non te, il dio denaro e non te, la mondanità e non l’eternità; la vergogna per averti tentato con la bocca e con il cuore, ogni volta che ci siamo trovati davanti a una prova, dicendoti: “se tu sei il messia, salvati e noi crederemo!”». Soprattutto vergogna perché «tante persone, e perfino alcuni tuoi ministri, si sono lasciati ingannare dall’ambizione e dalla vana gloria perdendo la loro dignità e il loro primo amore; la vergogna perché le nostre generazioni stanno lasciando ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre; un mondo divorato dall’egoismo ove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati». Francesco, nella sua preghiera, parla anche della «vergogna di aver perso la vergogna».
Ma poi c’è il pentimento «che germoglia dalla certezza che solo tu puoi salvarci dal male, solo tu puoi guarirci dalla nostra lebbra di odio, di egoismo, di superbia, di avidità, di vendetta, di cupidigia, di idolatria, solo tu puoi riabbracciarci ridonandoci la dignità filiale e gioire per il nostro rientro a casa, alla vita». Un pentimento che «nasce dalla nostra vergogna, che nasce dalla certezza che il nostro cuore resterà sempre inquieto finché non trovi te e in te la sua unica fonte di pienezza e di quiete». Infine la speranza che «si accende, nella tenebrosità della nostra disperazione» perché «sappiamo che la tua unica misura di amarci è quella di amarci senza misura; la speranza perché il tuo messaggio continua a ispirare, ancora oggi, tante persone e popoli a che solo il bene può sconfiggere il male e la cattiveria, solo il perdono può abbattere il rancore e la vendetta, solo l’abbraccio fraterno può disperdere l’ostilità e la paura dell’altro».
E se è vero che perfino «alcuni tuoi ministri si sono lasciati ingannare dall’ambizione» è vero però che la speranza si accende anche «perché la tua Chiesa, santa e fatta da peccatori, continua, ancora oggi, nonostante tutti i tentativi di screditarla, a essere una luce che illumina, incoraggia, solleva e testimonia il tuo amore illimitato per l’umanità, un modello di altruismo, un’arca di salvezza e una fonte di certezza e di verità». Speranza perché dalla croce è scaturita la risurrezione.
Il Papa chiede a Gesù di aiutarci a «spogliarci dall’arroganza del ladrone posto alla tua sinistra e dei miopi e dei corrotti, che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare, un condannato da criticare, uno sconfitto da deridere, un’altra occasione per addossare sugli altri, e perfino su Dio, le proprie colpe» per immedesimarci «col buon ladrone che ti ha guardato con occhi pieni di vergogna, di pentimento e di speranza; che, con gli occhi della fede, ha visto nella tua apparente sconfitta la divina vittoria e così si è inginocchiato dinanzi alla tua misericordia e con onestà ha derubato il paradiso!».
Annachiara Valle
© www.famigliacristiana.it, venerdì 30 marzo 2018