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Coronavirus. La Giornata di preghiera e digiuno Bartolomeo: è tempo di grandi sfide

Ecco i dettagli della Giornata mondiale di preghiera prevista il 14 maggio prossimo «per salvare il mondo intero dalle ripercussioni sanitarie, economiche e umane della pandemia del Covid- 19»

«A i nostri tempi, la credibilità delle religioni dipende in gran parte dal loro impegno per la pace attraverso il dialogo interreligioso e la testimonianza comune in vista delle grandi sfide contemporanee ». Così il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I rimarcava l’importanza della collaborazione tra le diverse confessioni religiose nell’anniversario del Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio dello scorso anno da papa Francesco e dal grande imam Ahmad Al-Tayyeb di Al-Azhar. E indicando come bussole la cultura del dialogo, la fattiva collaborazione e la conoscenza reciproca, Bartolomeo I ha ricordato che «la fede – così come si legge nella stessa prefazione del Documento – porta sempre il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare ».

È questa credibilità che oggi continua a proporsi nell’invito rivolto a tutti i credenti affinché insieme fattivamente agiscano alla costruzione dell’unica famiglia umana in una cultura del rispetto e della solidarietà. Ed è a questo che invitano precisamente anche i nostri tempi, tempi di grande sfide, segnati dalla pandemia. L’ora che il mondo intero sta attraversando è perciò anche il momento opportuno «di dimostrare in maniera positiva che la famiglia umana può convivere fraternamente». Perché «la fede – come afferma ancora il patriarca ecumenico di Costantinopli Bartolomeo – non assolve gli umani dalle loro responsabilità nel mondo e per il mondo». «Al contrario – ricorda – la fede, per i veri credenti, deve essere un presupposto per avvicinarsi giustamente alla realtà terrena e alle sue contraddizioni: resistere all’ingiustizia e a tutte le tendenze che minano la coesione sociale; esercitare una critica sulla dichiarazione degli indicatori economici e del profitto come criteri assoluti dell’attività economica; e di respingere la subordinazione dell’uomo alla tirannia dei bisogni e la trasformazione anche dei bambini in consumatori insoddisfacenti».

È dunque proprio lungo questa traiettoria condivisa dal successore dell’apostolo Andrea che papa Francesco ha aderito all’iniziativa della Giornata mondiale di preghiera prevista il 14 maggio prossimo «per salvare il mondo intero dalle ripercussioni sanitarie, economiche e umane della grave pandemia del Covid- 19», proposta dall’Alto Comitato della fratellanza umana, composto da sette leader religiosi che si ispirano allo storico documento di Abu Dhabi. «La pandemia è una opportunità di radicare nel nostro futuro il valore della fraternità e della coesistenza comune», ha detto il cardinale Miguel Angel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e presidente dell’Alto Comitato, commentando la volontà del Papa di accogliere la proposta di una Giornata comune di preghiera, di digiuno e anche di opere di carità. Concetto ribadito con forza nell’intervista concessa ieri ad Avvenire, in cui ha sottolineato come «il mondo ci chiede fraternità, solidarietà e pace», definendo anche l’appuntamento del 14 maggio «una pietra miliare per il dialogo tra le religioni». L’Alto Comitato sta infatti cercando, basandosi proprio sul Documento firmato ad Abu Dhabi, di proseguire su questa strada di ricerca della pace anche attraverso la solidarietà, per far fronte alla crisi umana e umanitaria «in cui siamo tutti protagonisti e soffriamo insieme a chi sta soffrendo ». «Con sfumature e pratiche sensibilmente diverse tra loro – afferma ancora il cardinale Ayuso Guixot – la preghiera e l’orazione, ci dispongono in ogni caso a un atto d’amore aperto al bene dell’altro e all’accettazione. E non è poco! Digiuno e opere di carità sono sia atti individuali sia comunitari, che esigono una vera responsabilizzazione e consapevolezza dell’azione da intraprendere. E questo mi sembra sia un punto importante per il “dopo- Covid”».

Il Comitato, costituito nell’agosto del 2019 per attuare con programmi e iniziative gli obiettivi del Documento, ha tenuto la sua prima riunione l’11 settembre scorso a Casa Santa Marta. Il Papa aveva incoraggiato i membri chiamandoli «artigiani della fraternità». La fraternità non si riferisce esclusivamente al proprio gruppo, alla propria comunità, cultura, e religione ma include tutti: non è un’astrazione, è la dinamica concreta, come suggerisce il Documento, con cui si superano le differenze e si costruiscono «ponti di convivenza per un mondo nuovo». In un incontro a Ginevra del 17 settembre successivo, nel testo letto dall’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, si sottolineava come il Documento sulla fratellanza umana è una «pietra miliare» nel cammino del dialogo interreligioso: segna il cammino percorso insieme, ma è anche «un punto di partenza». Non una mappa, ma «un impegno quotidiano » per lavorare insieme in modo da promuovere il bene comune e contribuire come credenti, insieme a persone di buona volontà, «a guarire il nostro mondo ferito».

Stefania Falasca

© Avvenire, sabato 9 maggio 2020