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Dossier. Chi ha paura di Gesù Bambino?

Non lo temono le centinaia di giovanissimi che domenica 15 dicembre erano in piazza San Pietro per far benedire dal Papa i Bambinelli. Ma gli altri? Gli adulti? Una volta era il presepe. Ora, invece, Babbo Natale e delle ancor più anonime "feste" della luce, della bontà o dei doni rischiano di sfrattarlo dalla mangiatoia. I risvolti religiosi. E quelli culturali.

 

1 Caro Babbo Natale, ecco cosa vogliono i bambini

 

 

 

A chi chiedono i regali i bambini? a Babbo Natale o a Gesù Bambino? Dalle lettere che riceve il centro di meccanizzazione postale di Peschiera Borromeo le richieste sembrerebbero indirizzate soprattutto a Babbo Natale. Curiosiamo un po' per vedere cosa chiedono.

Sono quasi 30mila ad oggi le letterine che i bambini hanno messo nelle buche della lettere di Poste Italiane con la speranza che vengano recpitati i propri desideri. E quasi tutte sono indirizzate a Babbo Natale. Ne abbiamo scelte alcune.

«Caro Babbo Natale, mi puoi scrivere il numero del tuo cellulare? Me lo puoi lasciare su un foglio sul tavolo della cucina? Non ti telefonerò, te lo prometto!» (Eleonora)  
«Caro Babbo Natale, vorrei regalare almeno un attimo di gioia a chi non lo ha. Vorrei che tutti i bimbi sfortunati potessero almeno sognare il natale come lo vedo io, con tante luci, con tanta speranza, con la gioia di spacchettare i regali sotto l’albero. (…) Aspetterò il Natale e vorrò bene ancora di più a chi mi vuole già bene!» (Sonia)  
«Caro Babbo Natale, a volte penso che tu non mi porterai niente perché spesso litigo con mio fratello, ma poi penso che tu sei buono e che mi perdonerai e dunque vorrei…(…)». (Paolo)   
«Caro Babbo Natale, siccome sono troppo chiacchierone, a scuola le maestre si sono lamentate e i miei genitori mi hanno messo in castigo e quindi niente regali per Natale. Mi puoi mandare qualcosa almeno tu?» (Alessandro)   
«Caro Babbo Natale, a te visto che nessuno bambino ti ha mai fatto un regalo avrei pensato di mandarti un mio pupazzetto, fammi sapere le tue preferenze (gradirei un tuo regalino)». (Stany)  
«Caro Babbo Natale, sono Giovanni e quest’anno mi sono comportato bene (la mamma nega) ti vorrei chiedere una ruspa con scavatore e se non la trovi va bene anche uno scavatore giocattolo». (Giovanni)    
«Caro Babbo Natale, io per Natale vorrei un puzzle da 200 pezzi e come proposito proverò a non menare mio fratello…Baci e saluti». (Sofia)  
«Caro Babbo Natale, cosa fai dopo aver consegnato i regali? Ti va di venire a pranzo da me il 25 Dicembre? Buone feste». (Anna)  
«Caro Babbo Natale, se vieni a casa mia ti presento mia sorella. Ciao»  
«Caro Babbo Natale ma tu perché vieni solo a dicembre? Non hai freddo? Ma tu quante renne hai e quanti biscotti mangi per essere così ciccione?»

Chiara Pelizzoni

© Famiglia Cristiana, 13 dicembre 2013

2 Il Papa: «L'albero di Natale è segno della luce divina»

 

 

 

 

Venerdì pomeriggio è stato acceso in piazza San Pietro il grande abete natalizio. «Anche oggi», ha detto il Pontefice, «Gesù continua a dissipare le tenebre dell'errore e del peccato, per recare all'umanità la gioia della sfolgorante luce divina, di cui l'albero natalizio è segno e richiamo»

Arriva dalla Baviera, la terra natale di Joseph Ratzinger, ed è stato acceso venerdì pomeriggio per illuminare piazza San Pietro. È il grande albero di Natale, alto 2,5 metri e pesante 7,2 tonnellate, il cui significato, ha spiegato papa Francesco, è di essere segno e richiamo alla vera luce che illumina questi giorni di festa e la vita dell’uomo.

«A Natale», ha detto il Pontefice ricevendo la delegazione bavarese arrivata in Vaticano, «riecheggia in ogni luogo il lieto annuncio dell’angelo ai pastori di Betlemme: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” Quei pastori – dice il Vangelo – furono avvolti da una grande luce. Anche oggi Gesù continua a dissipare le tenebre dell’errore e del peccato, per recare all’umanità la gioia della sfolgorante luce divina, di cui l’albero natalizio è segno e richiamo».

Era dal lontano 1984 che un abete natalizio proveniente dalla Germania non campeggiava in piazza San Pietro.  L’albero monumentale di quest’anno proviene dal comune di Waldmünchen, nell’Alto Palatinato, insieme al quale la delegazione bavarese ha fatto giungere altri alberi più piccoli, che orneranno vari ambienti della Città del Vaticano: «Con questi doni, tanto graditi, voi avete voluto manifestare la vicinanza spirituale e l’amicizia che legano la Germania tutta, e in particolare la Baviera, alla Santa Sede, nel solco della tradizione cristiana che ha fecondato la cultura, la letteratura e l’arte della vostra Nazione e dell’Europa intera», ha detto il Pontefice.

Antonio Sanfrancesco

© Famiglia Cristiana, 13 dicembre 2013

 

3 A scuola il presepe non offende nessuno

 

 

 

Nelle scuole cattoliche ci sono anche studenti e dipendenti di altre religioni che non si sono mai sentiti offesi o esclusi dall’allestimento del presepe o dal momento della messa. L’importante è presentare l’evento del Natale con chiarezza, altrimenti si genera davvero molta confusione nei bambini

«In Italia capita raramente che si dicano le cose come stanno. Festeggiamo il Natale perché è il momento della nascita di Gesù, non perché ci sono le città vestite di luci o perché viene fatto l’albero. Viviamo in una società di matrice cristiana e questo momento fa parte di noi. Concentriamoci sul contenuto, non sui contenitori». Suor Anna Monia Alfieri, presidente di Fidae Lombardia, la federazione regionale delle scuole cattoliche primarie e secondarie, vive “sul campo" l’esperienza che i bambini e i ragazzi di oggi fanno del Natale.

«Mi fa sempre un certo effetto quando sento che in alcune scuole pubbliche decidono di bandire il presepe per non “offendere" gli alunni di altre religioni e “facilitare” l’integrazione", commenta suor Anna Monia. «Nelle paritarie cattoliche ci sono anche studenti e dipendenti di altre religioni che non si sono mai sentiti offesi o esclusi dall’allestimento del presepe o dal momento della messa. L’importante è presentare l’evento del Natale con chiarezza, altrimenti si genera davvero molta confusione nei bambini».

Albero o presepe? Babbo Natale o Gesù Bambino?
La molteplicità dei messaggi che arrivano ai più piccoli va in qualche modo gestita, in famiglia. «Ma è proprio questo il problema, c’è un momento per tutto: non è necessario fare scelte radicali, come decidere di sfatare il mito di Babbo Natale di fronte ai bimbi piccoli», prosegue la presidente Fidae. «In tutte le persone, in particolare in età evolutiva, esistono due sfere: quella del reale, che ci dice che Gesù è nato, è storicamente vissuto e il Natale, si sia credenti o no, ne celebra la nascita. Poi c’è la sfera della fantasia, in cui si può raccontare la favola di un personaggio nordico che porta i doni ai bambini».

Ma c’è anche chi risolve l’impasse raccontando che è Gesù stesso a portare i doni… «Ecco, questo non è appropriato», sottolinea Suor Anna Monia. «I bambini sono svegli: cominciano a domandarsi come sia possibile che un neonato, nato povero in una capanna, possa portare dei regali. Vogliamo davvero abituarli a credere in un Dio che può accontentare ogni richiesta? No, piuttosto è meglio spiegare che siccome Gesù bambino ha ricevuto dei doni dai Re Magi, allora a Natale si è consolidata l’usanza di fare i regali». Poi, aggiunge suor Anna Monia, «un altro problema è la misura di questi regali, il modo in cui si danno…è importante non cedere a quell’ondata che ha trasformato anche Babbo Natale in un’icona consumistica…il Natale è un’altra cosa. E’ raccoglimento, uno spazio di gioia e preghiera in famiglia, è tranquillità, è la semplicità del sapore di mandarino. Se abbiamo chiaro che cosa stiamo festeggiando, se sappiamo testimoniarlo con coerenza, possiamo anche lasciare ai nostri bambini più piccoli la fantasia di un nonno vestito di rosso. Se ritorniamo ai contenuti, i contenitori non saranno più un problema».

Benedetta Verrini

© Famiglia Cristiana, 14 dicembre 2013

 

4 L'antropologo: «Raccontiamo le nostre tradizioni»

 

 

 

Il presepe ha tradizione plurisecolare, si deve all’intuizione di Francesco d’Assisi che ha teatralizzato l’evento della nascita di Cristo. L’albero è invece il modo che i paesi del nord Europa usano per solennizzare il periodo invernale, rinvia all’ambiente dominato da foreste.

È collezionista di presepi, personalmente legato a quelli dei piccoli paesi con il muschio preso dalla terra e ai pastori della sua casa in Calabria, fatti a mano da un padre scomparso oltre 60 anni fa. Ma a Roma dove vive, assicura, c’è anche l’albero. «Entrambi rispondono all’esigenza di segnare il tempo natalizio con azioni, situazioni, gesti che lo rendano significativo e in qualche maniera diverso dalla quotidianità. Nonostante riflettano contesti diversi e storie diverse». Luigi Maria Lombardi Satriani, classe 1936, ha la voce calda e curiosa dell’antropologo che cerca di comprendere le società, i comportamenti propri e altrui. Già professore ordinario di Etnologia all’Università La Sapienza di Roma, è stato senatore della Repubblica dal 1996 al 2001.

«Il presepe ha tradizione plurisecolare», racconta, «si deve all’intuizione di Francesco d’Assisi che ha teatralizzato l’evento della nascita di Cristo a Greccio. L’albero è invece il modo che i paesi del nord Europa usano per solennizzare il periodo invernale, rinvia all’ambiente dominato da foreste. Ma ormai è diventato anche nostro. Non c’è né da scandalizzarsi né da gridare alla contaminazione, perché i rituali sono sempre frutto di elaborazioni plurisecolari, ci sono acquisizioni, incontri, proposte».
Con il trascorrere del tempo, però, qualcosa può cambiare. «I simboli si colorano diversamente nei momenti e nelle situazioni storiche. Questa è la loro caratteristica, sono universali e contemporaneamente si storicizzano nel qui e ora. Ci sono alberi particolarmente inquietanti oggi, come quello della stazione Termini di Roma che ha assunto la nuova funzione di albero dei desideri: vi sono posti bigliettini con richieste di doni miracolosi, giovani disoccupati aspettano che sia regalato loro il lavoro. È il riflesso della società che vive problemi drammatici». Ed è così anche per il presepe «la cui tradizione si mantiene vivissima. A via San Gregorio Armeno, a Napoli, si fa fatica a camminare tante sono le persone che guardano e comprano i pastori. Ma questi possono riflettere sembianze popolari, dall’immortale Totò a De Magistris».

Simboli che si aggiornano. «Il presepe nelle altre culture può cambiare forma e noi ci dobbiamo porre in dimensione dialogica: raccontiamo le nostre tradizioni che possono essere prese e riplasmate da altri, così come noi prendiamo a nostra volta quelle altrui. Del resto il messaggio cristiano è universale. Occorre continuare a fare il presepe nelle scuole, non dobbiamo rinunciare a una parte di noi». Ma come fare spazio anche agli altri? «Siamo una società multietnica che ha vissuto drammi recenti come quello di Lampedusa. Perché non mettere nella grotta un Gesù Bambino dalla pelle nera?».

Maria Gallelli

© Famiglia Cristiana, 14 dicembre 2013

 

5 Ai bambini non parliamo solo di Babbo Natale

 

 

 

Ogni anno a Natale c'è un tema che va a toccare il peso delle tradizioni religiose ma anche culturali nelle famiglie italiane.  Chi avrà l'albero in casa, chi il presepe, chi entrambi. La diatriba si sposta poi sul piano doni... chi li porta, a chi si scrive la letterina? A Gesù Bambino o a Babbo Natale? Domande che possiamo riassumere nella seguente questione: quali sono i simboli natalizi che contraddistinguono il nostro Natale?

L'Italia è sicuramente il Paese dei presepi
, l'allestimento con capanna e statuine della natività di Gesù è  parte della nostra storia. Prova ne sono le numerosissime rappresentazioni, manifestazioni, mostre che riguardano questa tradizione. In tutta la penisola si possono ammirare splendidi esempi di questa arte.  Da quelli presenti nel vivace quartiere di San Gregorio Armeno a Napoli agli allestimenti trentini. Diversi nella fattura identici nel voler mantenere viva una tradizione religiosa e culturale.  
D'altra parte anche l'albero,  che ha origini sicuramente più nordiche, non manca nelle case, negli uffici, nelle piazze del nostro Paese. Persino in Piazza San Pietro.
Non c'è quindi discussione, stiamo comunque parlando del Natale e dei suoi simboli che sono sicuramente innumerevoli e vanno slavaguardati. La discussione c'è, eccome, quando invece si vuole far dimenticare l'origine di questa importante festività. Non è la festa della luce o dell'amicizia o peggio ancora semplicemente dei regali.  Quante volte, per esempio nelle scuole, dobbiamo vedere imporre, in nome di un malinterpretato rispetto delle minoranze, il non parlare di Gesù Bambino e vietare l'allestimento del presepe?  Davvero c'è chi potrebbe sentirsi offeso? Non dimentichiamo che tutti festeggiano il Natale. Anche i cristiani che per primi dovrebbero ri-cominciare, con i propri bambini, a non parlare solo di Babbo Natale.

Orsola Vetri

© Famiglia Cristiana, 15 dicembre 2013

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