Ascensione del Signore anno C. Sollevare lo sguardo per abitare la terra

Mentre li benediceva, Gesù fu portato verso il cielo 
 
"L'ascensione  di Cristo reca in sé una simbologia che dai più è ignorata. I grandi  ingegni sogghignano, i bambini fanno domande sui viaggi spaziali, i  sostenitori del new age evocano la visita e la successiva dipartita di  un extraterrestre. Ciò che accade, in realtà, è che Gesù esce dal nostro  spazio per fare ingresso nella pienezza della gloria di Dio, portando  con sé la nostra umanità e il cosmo di cui essa è responsabile. (...)  Gesù è associato alla sovranità divina (...) Certo, già lo era, ma ora  lo è con noi, che siamo tutti in lui" (O. Clément). 
Dentro questa  interpretazione è comprensibile anche la reazione dei discepoli davanti  al Signore Gesù che "si staccò da loro e fu portato verso il cielo". Non  ci fu in loro una reazione di dolore, di smarrimento, di nostalgia, ma -  come scrive l'evangelista Luca - "dopo averlo adorato, tornarono a  Gerusalemme con grande gioia". 
È il ritorno di chi non teme più la  città che ha rifiutato il loro Maestro e Signore. La città di  Gerusalemme che ha visto il tradimento di Giuda e il rinnegamento di  Pietro, la fuga di quasi tutti i discepoli e la violenza di un potere  che si sentiva minacciato nella propria autorità. 
È ormai possibile  abitare a Gerusalemme e in tutte le città del mondo, anche in quelle più  travagliate dall'ingiustizia e dalla violenza, perché sopra ogni città  c'è lo stesso cielo ed ogni abitante può levare il capo e guardarlo con  speranza. In questo cielo abita quel Dio che si è rivelato così vicino  da prendere il volto di un uomo, Gesù di Nazaret. Egli rimane il Dio con  noi e non ci lascia soli! È possibile guardare in alto per riconoscere  davanti a noi il nostro futuro. Nell'ascensione di Gesù, il crocifisso  risorto, c'è la promessa della nostra partecipazione alla pienezza di  vita che sta presso Dio: "Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul  mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo  trono" (Ap 3,21). 
 
1. "Mi sarete testimoni." 
Con  l'ascensione del Signore Gesù, si ritorna in città con grande gioia e  come testimoni. Si potrebbe dire come testimoni che con gioia raccontano  a tutti nella città il compimento delle promesse di Dio. Non solo con  le parole, ma anche con la vita quotidiana si comunica alla propria  famiglia e al vicino di casa, al collega di ufficio e all'amico sportivo  che la nostra umanità è stata abitata da Dio. Non c'è condizione umana  che il Signore Gesù non abbia assunto nella propria carne per plasmarla  di nuovo con l'amore vero, quello che dona tutto fino alla fine e che  vince perfino la morte. Questa umanità nuova è il dono che il Padre  intende regalare a tutti e per questo chiede ai discepoli del suo Figlio  Gesù di andare e "predicare nel suo nome a tutte le genti la  conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme".  Abitare la città testimoniando la vita nuova che viene dal Crocifisso  Risorto è la "predica" che ogni domenica dovrebbe uscire dalla nostre  chiese per entrare lungo tutta la settimana nelle case, negli uffici, a  scuola, sui campi di calcio, negli ospedali, nelle carceri, nelle  banche, nelle case di risposo per gli anziani, negli appartamenti  affollati degli immigrati, nei campi Rom delle periferia della città. 
 
2. "Sarete rivestiti di potenza dall'alto." 
Il  segreto di questo annuncio-testimonianza è la presenza tra noi del  Signore risorto, che con il dono dello Spirito continua ad aprire la  nostra mente per la comprensione delle Scritture (Lc 24,44) e il nostro  cuore al dono del suo amore nella Pasqua domenicale. In particolare è lo  Spirito il vero artefice di quella multiforme testimonianza di cui ha  parlato Benedetto XVI nel Convegno ecclesiale nazionale di Verona. Oltre  ad essere segno di comunione ecclesiale, la testimonianza cristiana è  annuncio di quel "grande sì che in Gesù Cristo Dio ha detto all'uomo e  alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra  intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la  gioia nel mondo". Nel rientrare a Gerusalemme, nelle nostre città, i  discepoli non possono trascurare il raccoglimento nella preghiera per  lodare Dio e per invocare il dono dello Spirito. Nel cenacolo in questa  settimana siamo invitati tutti, insieme a Maria, per attendere lo  Spirito che il Padre ha promesso di mandare. È lui che renderà viva la  speranza di raggiungere quel posto che il Signore Gesù è andato a  preparaci in cielo. 
 
3. "Fu portato verso il cielo." 
Il  ritorno di Gesù al Padre non contiene l'invito a separasi dal mondo, a  dimenticare la propria storia, ad abbandonare l'impegno per la vita  delle persone. Gesù nella sua risurrezione non ritorna alla vita di  prima, ma entra nella condizione nuova di chi in modo pieno e definitivo  è Signore e Redentore degli uomini e di tutta la storia. Una salvezza  che è già operativa dentro questo mondo e che richiede occhi nuovi per  vedere la sua presenza e la sua azione. Nello sguardo verso il cielo il  discepolo impara a valutare questo mondo e nell'amore del Signore  risorto s'impegna a costruirlo secondo il suo progetto di vita nuova. Si  può dire, con l'espressione usata da don Franco Giulio Brambilla al  Convegno nazionale di Verona per descrivere il cristiano laico, che il  discepolo di Gesù è un "credente che non abbandona la terra per guardare  le cose di lassù, ma vede quelle di lassù abitando la terra". Vedere il  Signore Gesù nella sua gloria, vedere la dignità altissima dell'uomo  chiamato ad essere figlio di Dio, vedere l'umanità chiamata ad essere la  sua unica famiglia, vedere che nel futuro di ogni persona non c'è la  morte ma la vita per sempre... È questo lo sguardo che l'ascensione del  Signore Gesù ci sollecita a coltivare nella nostra vita quotidiana.  Nella luce dello Spirito è possibile ormai aprire i nostri occhi guariti  dall'amore di Cristo, anche se rimangono ancora deboli, fragili e  bisognosi di tempo per abituarsi a questa luce intensissima.
Commento di don Ivano Valagussa 
tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi" Anno C 
Ave, Roma 2009
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