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Santissima Trinità. Ciò che è del Padre è anche nostro

La Trinità si delinea in filigrana, nel Vangelo di oggi, non come fos­se un dogma astratto ma come un accadimento di vita, una azione che ci coinvolge

Lo Spirito mi glorificherà: prenderà del mio e ve lo an­nuncerà.

La gloria per Ge­sù, ciò di cui si vanta, la pie­nezza della sua missione consiste in questo: che tut­to ciò che è suo sia anche nostro.

Dio gode nel mettere in co­mune. Ciò per cui Cristo è venuto: trasmettere se stesso e far nascere in noi tutti un Cristo iniziale e in­compiuto, un germe divino incamminato.

Tutto quello che il Padre pos­siede è mio. Il segreto della Trinità è una circolazione di doni dentro cui è preso e compreso anche l'uomo; non un circuito chiuso, ma un flusso aperto che riversa amore, verità, intelligenza fuori di sé, oltre sé. Una ca­sa aperta a tutti gli amici di Gesù.

La gloria di Gesù diventa la nostra: noi siamo glorifica­ti, cioè diamo gioia a Dio e ne ricaviamo per noi godi­mento e pienezza, quando facciamo circolare le cose belle, buone e vere, le idee, le ricchezze, i sorrisi, l'amo­re, la creatività, la pace...

Nel dogma della Trinità c'è un sogno per l'umanità. Se Dio è Dio solo in questa co­munione di doni, allora an­che l'uomo sarà uomo solo nella comunione.

E questo contrasta con i modelli del mondo, dove ci sono tante vene strozzate che ostruiscono la circola­zione della vita, e vene trop­po gonfie dove la vita rista­gna e provoca necrosi ai tes­suti. Ci sono capitali accu­mulati che sottraggono vita ad altre vite; intelligenze cui non è permesso di fiorire e portare il loro contributo al­l'evoluzione dell'umanità; linee tracciate sulle carte geografiche che sono come lacci emostatici, e sia di qua che di là, per motivi diversi, si soffre...

Tutto circola nell'universo: pianeti e astri e sangue e fiu­mi e vento e uccelli migra­tori... È l'economia della vi­ta, che si ammala se si fer­ma, che si spegne se non si dona. Come nel racconto della ospitalità di Abramo, alla querce di Mambre: ar­riva uno sconosciuto all'ac­campamento e Abramo con dolce insistenza lo forza a fermarsi e a mettersi a ta­vola. All'inizio è uno solo, poi senza spiegazione apparente, i personaggi sono tre.

E noi vorremmo capire se è Dio o se sono solo dei vian­danti. Vorremmo distingue­re ciò che non va distinto. Perché quando accogli un viandante, tu accogli un an­gelo, l'ha detto Gesù: ero straniero e mi avete accolto.

L'ospitalità di Abramo al Dio Viandante, Uno e Tre, ha un premio: la fecondità di Sara che sarà madre. For­se qui c'è lo scintillio di un rimedio per la nostra epoca che sta appassendo come il grembo di Sara: riprendia­mo anche noi il senso del­l'accoglienza e ci sarà vita nella tenda, vita nella casa.

Ermes Ronchi

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