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Solennità di Tutti i Santi. Il Discorso della Montagna

Oggi facciamo memoria della comunione dei santi, contempliamo la mietitura di tutti i sacrifici viventi offerti a Dio, celebriamo la festa in cui risplende più che mai il corpo di Cristo nella storia.

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Nella fede viviamo un grande mistero: i morti per Cristo, con Cristo e in Cristo sono con lui viventi e, poiché noi siamo membra del corpo di Cristo ed essi membra gloriose del corpo glorioso del Signore, siamo in comunione gli uni con gli altri, chiesa pellegrinante con chiesa celeste, insieme formanti l’unico e totale corpo del Signore.

Ma cos’è la santità, che oggi noi meditiamo e cantiamo quale vocazione di ogni uomo e di ogni donna? La risposta a questa domanda ci viene dal brano evangelico delle beatitudini, le acclamazioni di Gesù con cui si apre il «discorso della montagna» (cf. Mt 5,1-7,27). Le beatitudini non possono essere lette solo come un testo poetico o dai forti contenuti morali, o ancora come un brano sapienziale: in verità esse sono buona notizia, Vangelo, in quanto atteggiamenti vissuti radicalmente da Gesù e, come tali, devono diventare lo stile di vita del cristiano. Siamo dunque chiamati ad accoglierle quale interrogativo e pungolo che mette in questione la nostra fede, la nostra sequela del Signore Gesù e, più precisamente, la nostra gioia e felicità nel vivere il Vangelo. Sì, perché le beatitudini riguardano il rapporto tra fede e felicità!

Ora, sappiamo bene che la beatitudine, la felicità deriva innanzitutto dall’avere un senso nella propria vita, dal possedere una direzione, una ragione per cui vivere: e solo quando gli uomini conoscono una ragione per cui vale la pena perdere la vita, cioè morire, essi trovano anche una ragione per vivere. Ebbene, le beatitudini aiutano a scoprire questa ragione e così consentono di dare un «senso» alla vita, all’operare dell’uomo: per nove volte Gesù proclama beati quanti vivono alcune precise situazioni, in grado di facilitare il loro cammino verso la piena comunione con Dio. Egli ci rivela che la beatitudine non viene da condizioni esterne, non viene dal benessere, dal piacere, dal successo, dalla ricchezza; essa nasce invece da precisi comportamenti destinatari di una promessa di felicità da parte di Dio, comportamenti che vanno assunti nel cuore e manifestati nella vita quotidiana.

Essere poveri nello spirito, nel cuore, cioè aderire alla realtà ed essere liberi al punto da accogliere le umiliazioni e accettare di sottomettersi ogni giorno ai fratelli; essere capaci di piangere, grazie a un cuore toccato dalla propria e altrui miseria; assumere in profondità la mitezza, lottare per rinunciare alla violenza in ogni sua forma; avere fame e sete che regnino la giustizia e la verità; essere puri di cuore, cioè avere su tutto e su tutti lo sguardo di Dio; praticare la misericordia e fare azione di pace; essere perseguitati e calunniati per amore di Gesù: tutto questo significa conoscere la beatitudine già qui, in questa vita, e poi nel «mondo che verrà», quello in cui Dio regna definitivamente. Chi si trova in queste situazioni, chi a fatica cerca di assumere questi atteggiamenti, ascoltando le parole di Gesù può conoscere che l’azione di Dio è a suo favore: e così sperimenta la beatitudine, giunge alla consapevolezza che il giudizio di Dio è un giudizio beato, che sarà per lui gioia e buona notizia. Nulla da temere dunque nel giorno del giudizio (cf. 1Gv 4,17-18), nel tempo della mietitura, ma anzi l’attesa che il giudizio si compia e siano finalmente stabilite la giustizia e la verità negate sulla terra.

Ecco la domanda decisiva: è possibile al cristiano trovare gioia nel vivere le beatitudini qui e ora? Essa ha ricevuto e riceve una risposta positiva, non però in modo trionfale, non attraverso forme eclatanti agli occhi del mondo, bensì nelle vite quotidiane, sovente nascoste, di uomini e donne: i santi, persone che, nonostante le loro contraddizioni e il loro peccato, cercano di seguire Gesù vivendo il suo stesso stile di vita, lo stile delle beatitudini. Davvero «noi non siamo soli, ma siamo avvolti da una grande nuvola di testimoni» (Eb 12,1), i santi: con loro formiamo il corpo di Cristo, con loro siamo i figli di Dio, con loro saremo una cosa sola con il Figlio nel Regno.

Enzo Bianchi

© www.monasterodibose.it

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