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V Domenica di Pasqua anno A. «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me»

Nelle ultime domeniche del tempo pasquale ascoltiamo alcune parole tratte dai «discorsi di addio» del quarto vangelo, quelli pronunciati da Gesù al termine della sua ultima cena con i discepoli.

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Attraverso questi discorsi ci parla il Signore glorioso risorto e vivente, con parole che condensano tutto il messaggio del vangelo e gettano un ponte tra la vita terrena di Gesù e la sua venuta nella gloria.

La separazione tra Gesù e i suoi «amici» (cf. Gv 15,13-15) è vicina, ed egli ha appena preannunciato il tradimento di Giuda (cf. Gv 13,21) e il rinnegamento di Pietro (cf. Gv 13,38). Affinché i discepoli non si rattristino di fronte alla separazione, Gesù si rivolge loro con grande tenerezza – «Non sia turbato il vostro cuore» – e li invita alla fede: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me». Gesù aveva già detto che la vera opera gradita a Dio è la fede (cf. Gv 6,29); qui, in un contesto di crisi per la sua comunità, smarrita per il futuro che l’attende, rinsalda la sua fiducia con una promessa: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore, io vado a prepararvi un posto». Gesù sta per entrare nella casa del Padre, il Regno, ma prima promette ai suoi discepoli che la separazione da loro sarà solo temporanea: «quando vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io». Ecco la grande consolazione riservata a quanti aderiscono a Gesù e vivono con lui un rapporto di intimità: niente e nessuno può rapirli dalla sua mano (cf. Gv 10,28-29), già ora e poi alla fine del tempo, quando egli verrà nella gloria e li prenderà con sé.

Gesù però sa bene che non basta indicare la meta, occorre mostrare anche la strada per raggiungerla. Per questo aggiunge: «Del luogo dove io vado, voi conoscete la via». Ma Tommaso non comprende e gli chiede: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Eppure proprio lui poco prima aveva esortato gli altri discepoli a fare strada con Gesù, ad andare a morire con lui (cf. Gv 11,16)… Gesù allora gli risponde: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Queste parole così solenni esprimono la singolarità del cristianesimo: da quando Dio si è fatto uomo in Gesù, quest’uomo ha aperto un sentiero unico per andare a Dio; ormai per conoscere Dio si deve conoscere Gesù, per credere in Dio si deve credere in Gesù. La verità è una persona, Gesù Cristo: è lui che con la sua vita ci ha mostrato la via per andare al Padre, dunque la via è il modo di vivere di Gesù, e vivendo come lui noi possiamo partecipare alla sua vita, che è vita vera in pienezza, “vita eterna”!.

Ecco perché subito dopo, a Filippo che gli chiede: «Mostraci il Padre e ci basta», Gesù replica: «Chi ha visto me ha visto il Padre … Io sono nel Padre e il Padre è in me». «Chi vede Dio muore» (cf. Es 33,20), recita l’adagio biblico: è questo il modo per esprimere la santità di Dio, la verità del Dio che non può ricevere un volto dall’uomo, ma che alza lui stesso il velo su di sé. Il credente dell’Antico Testamento chiede ripetutamente a Dio di mostrargli il suo volto, è questo il desiderio più profondo che lo abita: è la domanda di Mosè (cf. Es 33,18), è l’invocazione del salmista (cf. Sal 43,3); eppure il volto di Dio appare al di là della morte… Ma l’umanizzazione di Dio in Gesù ha reso possibile questa visione, sicché il prologo del quarto vangelo ha potuto affermare: «Dio nessuno l’ha mai visto ma il Figlio unigenito ce lo ha raccontato» (cf. Gv 1,18). Sì, Gesù è l’ultimo e definitivo racconto di Dio, e chi vede il volto di Gesù vede il Padre.

Ma cosa vedevano i discepoli se non un uomo, nient’altro che un uomo, che con la sua vita raccontava Dio? Quanti hanno visto Gesù vivere e morire in quel modo hanno dovuto credere che quell’uomo aveva davvero narrato Dio: e Dio, resuscitandolo dai morti, ha dichiarato che nell’esistenza vissuta da Gesù era stato detto tutto ciò che è essenziale per conoscere lui. Quando il nostro Dio ha voluto rivelarsi compiutamente, senza opacità, lo ha fatto in un uomo, Gesù, «l’immagine del Dio invisibile» (Col 1,15): questa è la nostra fede salda e il cammino sul quale andiamo incontro al Signore Gesù, nell’attesa della sua venuta nella gloria, quando egli ci prenderà con sé.

Enzo Bianchi

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