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XII Domenica del Tempo Ordinario anno C. A proposito di interviste: un grande più grande

"Ma voi chi dite che io sia"? Cioè: "per voi, Io chi sono"?È la domanda delle domande, di quelle che gli uomini sono soliti rivolgersi prima di, ma soprattutto per, accedere a più profondi livelli di comunione, e non è un caso che, come al momento dell'elezione, anche questa volta Luca tenga a notare che l'evento è preceduto da una notte trascorsa in preghiera.

 

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Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell'uomo deve molto soffrire

È tipico del nostro tempo intervistare i grandi; di loro ci piace conoscere la vita, quello che pensano del mondo, il loro punto di vista sugli avvenimenti, in una parola, le loro opinioni, perché magari conformarci a ciò che essi pensano, dicono e fanno è "trend" ed imitarli ci fa sentire "in", come semplicemente si suol dire. Si può affermare, poi, senza timore di sbagliare, che, generalmente, questo non è un piacere solamente nostro, ma anche il loro, nonostante continuino col linguaggio esplicito a "concedere interviste" o "a concedersi"; infatti ciò li fa sentire al centro, posizione massimamente preferita ed ambita da ogni uomo.

1. Nel caso di Gesù, succede il contrario: non concede interviste, e neppure "si concede", ripetendo l'atteggiamento di Narciso, ma è piuttosto lui che interpella gli uomini, magari rispondendo alle domande con altre domande, secondo il suo stile, come appare dalle prime parole che conosciamo di Lui, quando a Gerusalemme, appena dodicenne, a Maria sua Madre che gli chiedeva il motivo della sua scomparsa, risponde con un'altra domanda.
È manifesto poi che non desideri stare al centro dell'attenzione per compiacersi, Lui che, a detta di Paolo, non cercò di piacere a se stesso (cfr. Rm 15,3) e che una volta, stizzito per l'ennesima discussione dei discepoli su chi fosse il più grande, al centro della loro cerchia pose un bambino come muto maestro di piccolezza impotente (cfr. Lc 9, 46-48). L'avversario gli aveva proposto di attirare l'attenzione dei suoi contemporanei suggerendogli, nella terza tentazione, il gesto prodigioso di gettarsi dal pinnacolo del tempio e scendere a terra, sostenuto dagli angeli, per suscitare la meraviglia dei presenti, così da manifestare teatralmente la sua provenienza celeste. Gli aveva ribattuto di non tentare Dio.
Al Signore insomma non interessa l'"audience" dei nostri tempi, finalizzata a catturare consensi per ottenere potere, piuttosto desidera stare al centro del cuore, perché noi si ritrovi il centro della nostra responsabilità al fine di decidere che sia Lui il punto focale dell'esistenza. È questo il motivo della forma interrogativa! Come fu un'interrogazione quella di Dio quando andò a cercare le sue creature in Eden: Adamo dove sei?, aveva chiesto, mentre l'uomo e la donna tentavano di sottrarsi, vergognosi, al suo sguardo, nascondendosi dietro i cespugli per un senso di colpa, così il Signore Gesù, immagine visibile del Dio invisibile, è venuto sulla terra a cercare l'uomo perduto che, ancora angosciato dalle colpe, cerca di nascondere testardamente il peccato nascondendosi dietro la ragnatela dei suoi pensieri. È per risvegliare l'uomo da quel dormiveglia che rischia di diventare l'esistenza vissuta nell'anonimo "si dice", "si fa", che è lui stesso a porre domande!

2. A Cesarea chiede che prima gli riferiscano quello che si pensa di Lui, quindi, successivamente, ciò che essi pensano: "Chi sono io secondo la gente?" Gesù sente il bisogno che i suoi prendano bene coscienza del comune sentire che pervade la mente degli esseri umani senza, purtroppo, che essi neppure se ne accorgano, tanto avviene spontaneamente. È necessario che lo conoscano perché se ne separino, dal momento che la carne e il sangue sono nell'incapacità di cogliere il suo mistero. Il "mondo non lo conosce", affermerà Giovanni; infatti non può conoscerlo, perché dominato dal peccato e preda dell'Avversario, vive nelle tenebre. Al contrario, per conoscere il Cristo è necessario essergli connaturali, divenendo figli della luce e questo è possibile, come rivela il parallelo di Matteo (16,17), solo nello Spirito dono del Padre; ed ancora Giovanni rivelerà che sarà impossibile entrare nel Regno senza rinascere dall'alto: qui conoscere è "cum-nascere" nascere insieme; e cos'altro è la fede che il Signore chiede agli apostoli di esprimere dopo averla ricevuta in dono, se non un rinascere e non da carne e da sangue, ma dallo Spirito, analogamente alla sua nascita nel grembo di Maria?

3. "Ma voi chi dite che io sia"? Cioè: "per voi, Io chi sono"?
È la domanda delle domande dunque, di quelle che gli uomini sono soliti rivolgersi prima di, ma soprattutto per, accedere a più profondi livelli di comunione, e non è un caso che, come al momento dell'elezione, anche questa volta Luca tenga a notare che l'evento è preceduto da una notte trascorsa in preghiera. Se spesso gli uomini a ridosso di scelte importanti, quando non rimandano indefinitamente, diventano nevroticamente frettolosi, il colloquio col Padre, al contrario, precede tutte le scelte decisive del Figlio dell'uomo.
Certo essi si sono fidati di Lui, ma non basta è necessario che continuamente si affidino a Lui nei differenti contesti vitali, nelle situazioni più avverse, ora soprattutto che sta rivelando il segreto difficile della sua missione di cui non dovranno vergognarsi di fronte a nessuno.
Di continuo la comunità cristiana nella storia sarà chiamata a rendere questo servizio al Signore di fronte al mondo: ridire chi è per lei Gesù, perché sempre il mondo sarà nell'ignoranza riguardo a Lui. Continuamente durante la nostra vita, nelle svolte misteriose ed agli incroci, il Signore, in agguato, come per Paolo sulla via di Damasco, nell'infinita fantasia del suo Spirito, continuerà a chiederci: "Ma tu, tu che cammini a passo svelto immerso nei tuoi pensieri o risucchiato dai tuoi progetti, tu che dichiari a parole d'essere dei miei, mugugnando magari per una messa che sta diventando troppo lunga, tu, ora, chi dici che io sia nella verità profonda del cuore, ora in questa ora del tempo che incrocia misteriosamente la mia eternità? Sì, perché solamente se sarai capace di definire a te stesso la mia identità, sia pure nel paradosso della conoscenza caliginosa della fede, ti sarà possibile definire la tua identità, perché io sono in te, col mio Essere e col mio amore, con radici più profonde di quanto tu riesca di immaginare: dall'eternità il Padre ci ha destinati l'uno all'altro. Son venuto per tutti, ma sarei venuto per te soltanto e quel che ho fatto, l'avrei fatto lo stesso per te solo, perché tu porti la mia immagine e non voglio perderti, pecorella del mio gregge! Misconoscere me perciò, dopo avermi conosciuto, sarà misconoscere te stesso perché solo il Mistero della mia persona, accettato, è in grado di illuminare l'altro mistero, quello che regna nel tuo cuore".


Commento tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi" Anno C - Ave, Roma 2009

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