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XIV Domenica del Tempo Ordinario anno C. Una parola che va di fretta

La predicazione certamente sarà compito di uomini misteriosamente scelti da Gesù e che, inviati direttamente da Lui prima e poi per il tramite della Chiesa, continueranno la sua opera spinti dal suo Spirito, ma portare il vangelo resta l'opera di ogni cristiano degno di questo nome.

La vostra pace scenderà su di lui

Dopo le istruzioni ai discepoli per la missione temporanea (vv. 1-12), il testo liturgico, omettendo i 5 versetti intermedi contenenti le minacce nei confronti di quelli che resistono alla parola, si compiace, nei vv. 17-20, di evidenziare, nei discepoli che ritornano dalla missione, la gioia, una gioia appena temperata dall'osservazione di Gesù a proposito di quella più vera, perché eterna, loro riservata in Cielo per essere stati scelti, prima di tutto, e quindi per aver corrisposto.

1. Oggi è tornato di moda il tema della ricerca della verità, denotante mentalità postmoderne disincantate per un verso delle grandi costruzioni ideologiche dell'Ottocento, ma pur sempre immerse nel fiume ampio della cultura occidentale, caratterizzata dalla meraviglia curiosa, direi stupendamente infantile, per l'essere attorno a noi che nel suo vasto mistero ci è dato, solo passo passo, di scoprire. A costo però di infastidire qualcuno dei lettori, è necessario anche dire che l'atteggiamento di ricerca della verità sembra essere diventato, paradossalmente, più importante che il trovarla; così s'insinua nella mente il sospetto, tutt'altro che infondato, che all'uomo, in realtà, poco importi di essa, quando travalica le problematiche spicciole dei giorni e pretende nel suo sguardo, di spaziare in lungo ed in largo fino alle domande cosiddette ultime, quelle, per capirci, che riguardano il perché del nascere e del morire, del mondo e della vita nel suo complesso, fino a quella suprema se non ci sia nessuno all'inizio e al termine della storia, che esista Dio insomma come principio e come fine. Una volta trovata la Verità infatti con la maiuscola, il ricercatore ne sarebbe egli stesso misurato e perciò sbalzato dal suo piedistallo d'impero su sé e sul mondo.

2. Strana condizione quella dell'uomo, per un verso a tal punto bramoso dell'infinito da non accettare altri limiti che quelli del suo arbitrio e, per altro verso, continuamente e inevitabilmente, alle prese con quella fame indomabile che si porta dentro e che nessuna creatura è in grado di saziare.
Chi mai ci salverà? Chi sarà in grado di convincere l'uomo che il proprio arbitrio lo rinchiude in se stesso e quella che gli appare come un'ebbrezza vitale è soltanto vertigine di morte?
Tornano alla mente le parole tremende del profeta Amos al cap. 8 riecheggiate nel lamento di Giovanni Paolo II, l'11 dicembre del 2002, quasi un avvertimento, sul silenzio di Dio, quando l'uomo si ostina nei propri progetti cattivi: "Dio che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dall'agire dell'umanità". Riascoltiamole: "Ecco, verranno giorni - dice il Signore Dio - in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma d'ascoltare la parola del Signore. Allora andranno errando da un mare all'altro e vagheranno da settentrione a oriente, per cercare la parola del Signore, ma non la troveranno. In quel giorno appassiranno le belle fanciulle e i giovani per la sete".

3. Il Dio della Bibbia, il nostro Dio ama la sua creatura prediletta ed è Lui ricercarla fin dall'inizio, chiamandola alla sua luce con la stessa parola con cui l'aveva tratta dalle tenebre del nulla: Adamo dove sei? E Dio nei tempi ultimi è venuto in Cristo, Parola incarnata, a cercare l'uomo, che continua a perdersi nonostante i tentativi per trovare la verità. Lui il Signore onnipotente e infinito, s'è come raccorciato, secondo s. Bernardo, in Gesù, facendo suoi quei limiti che s'erano rivelati così tragicamente rovinosi per l'uomo, affinché questi non se ne dolesse più scandalizzandosene, ma piuttosto sorretto da un Dio compagno di strada percorresse le vie del tempo fino ad entrare con la morte nell'infinità di Dio.
La Parola dunque, la Parola unica, eterna e creatrice di Dio ha deciso di salvare il mondo col mezzo povero e rispettoso delle parole; quella comunicazione verbale che è il mezzo principe per la comunione tra gli uomini sarà, se accolta, il mezzo in grado di aprire il cuore dell'uomo alla fede. La parola che all'inizio ha portato la rovina nell'umanità: quella del serpente prima e quella di Eva poi, la stessa parola sarà all'origine della salvezza in Maria nuova Eva e in Cristo nuovo Adamo. Se è portatrice di salvezza questa parola, allora è necessario annunciarla, è necessario moltiplicare gli annunciatori, ed è necessario affrettarsi.
Il vangelo di Luca inizia con un vero "epos" della parola: alcuni ne sono divenuti addirittura i "rematori" (1,2); Zaccaria ammutolisce perché pretende di giudicarla; Elisabetta, la moglie, esulta in una benedizione al sussulto, nel suo grembo, del figlio che sente la presenza misteriosa e silenziosa della Parola fatta carne nel grembo di Maria; Costei non può trattenersi dal prorompere in un canto di parole nuove mai ascoltate. Qui e negli Atti degli apostoli, la buona notizia del vangelo è una corsa esaltante e, più che portata dagli evangelizzatori, è piuttosto essa che li mobilita verso ogni uomo e fino ai confini della terra. Essi andranno con la consapevolezza che lo Spirito del Signore, Anima di questa parola, sia già all'opera nel cuore di coloro ai quali è destinata, creando misteriose sintonie. È l'esperienza straordinaria che Pietro fa nell'annuncio del vangelo alla famiglia del centurione Cornelio (cfr. At 10). Gli apostoli parlano, ma è lo Spirito che apre il cuore.

4. La predicazione certamente sarà compito di uomini misteriosamente scelti da Gesù e che, inviati direttamente da Lui prima e poi per il tramite della Chiesa, continueranno la sua opera spinti dal suo Spirito, ma portare il vangelo resta l'opera di ogni cristiano degno di questo nome, il quale incontrato dal Maestro e da Lui guarito, dopo aver riacquistato il gusto di tutti i sapori della vita, ha scoperto che nella parola accolta nella fede, si nasconde la musica nuova del mondo nuovo: "l'immensa ottava della Creazione". Chi l'ha ascoltata non può fare a meno di raccontarla, anzi di cantarla nel giubilo, direbbe s. Agostino, a sua volta manifestandone le meraviglie che ha operato in lui. La salvezza passerà allora nel mondo con questo mezzo tipico della comunicazione umana più convincente e persuasivo: un passaparola, un santo chiacchiericcio a proposito della vita dei cristiani, "un vieni e vedrai", cui non si potrà resistere, e quando avverrà la scoperta che il Cristo dei cristiani non è solo un personaggio del passato, sebbene di straordinaria grandezza, ma Dio che nella sua Verità e nel suo Amore compie tutti i sogni di cui l'uomo è capace, e di questo farà il proprio servizio eterno, quando "l'intero creato sarà un «cantico», un gesto con cui l'essere si libera nel tutto ed insieme un entrare del tutto nel proprio, un gaudio in cui tutte le domande avranno risposta ed esaurimento" (Card. J. Ratzinger), allora in ogni ora del tempo, si vivrà il fine della fine.


Commento tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi" Anno C - Ave, Roma 2009

 

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