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XVII Domenica del Tempo Ordinario anno A. Il Regno di Dio: che tesoro!

Il Regno di Dio è il bene più grande che ci sia dato di trovare nella vita. Perché il Regno di Dio è la vita nuova che Gesù ci offre in dono: provoca la nostra conversione; ci libera da avidità, ambizioni sfrenate, affetti disordinati, paure e pregiudizi.

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo

Milano, notte del 24 aprile del 387 d.C.: durante la veglia pasquale, Agostino di Ippona, a 33 anni, viene battezzato dal vescovo Ambrogio. Il cammino della conversione era stato lento e doloroso, ma ecco la sua 'confessione': "E fui battezzato e si dileguò dal mio cuore tutta l'inquietudine della vita passata". Il cuore inquieto di Agostino ha trovato finalmente la pace.

È solo una delle pagine più celebri di quel libro sterminato di storie di conversioni che ancora continua...

1. Ma è possibile ricostruire un cammino di conversione? Il vangelo di oggi ci aiuta nella risposta. Le due brevi parabole del tesoro e della perla ci permettono di individuare le costanti di una vera conversione in questi tre passaggi: trovare il Regno di Dio; gioire per la scoperta; vendere tutto per poter comprare il tesoro.

In primo luogo la scoperta del Regno di Dio: la cosa può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato. Oppure dopo lunga, assidua ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosa a lungo e tanto appassionatamente sognata. Ma in un caso e nell'altro resta il dato primario dell'enorme valore del Regno di Dio: è il bene più grande che ci sia dato di trovare nella vita. Perché il Regno di Dio è la vita nuova che Gesù ci offre in dono: provoca la nostra conversione; ci libera da avidità, ambizioni sfrenate, affetti disordinati, paure e pregiudizi.

In un caso e nell'altro - ci ricordano le due parabole - la scoperta avviene di schianto, con una sfumatura nella seconda parabola: che se ci mettiamo in ricerca, essa avrà un esito felice, molto di più di quanto si poteva sperare o pensare. La gioia per aver trovato il Regno di Dio - è appunto il secondo elemento - consente di compiere generosamente e senza rimpianti le rinunce e i sacrifici per entrare in una vita nuova, più piena e più bella. Ce lo dice il particolare che si trova nella prima parabola: il contadino, dopo aver scoperto il tesoro, lo nasconde e "spinto dalla gioia va e vende tutto...". Al contrario del giovane ricco che all'udire le parole di Gesù ("vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi"), se ne andò via triste, "perché aveva molti beni" (Mt 19,16-22). La conversione nasce dall'aver trovato: non ci si converte per trovare, ma perché si è trovato. L'evento della scoperta del Regno di Dio non è una sciagura, è una enorme fortuna: è l'esperienza di un dono immeritato e sorprendente, un incontro che appaga la sete bruciante che ci arde in cuore.

In terzo luogo, la rinuncia ai propri beni per poter "comprare" il Regno. Il distacco del discepolo dev'essere radicale: a tutto. Tutto impallidisce rispetto alla scoperta. Il distacco nasce dall'aver trovato: il vero discepolo non dice: "Ho lasciato", ma: "Ho trovato". Non rimpiange nulla, non invidia nessuno, e si ritiene fortunato. Il distacco non è la meta, ma la conseguenza. Si lascia tutto per il Tutto. Se è vero che dov'è il tuo tesoro, là sarà il tuo cuore, allora il cuore lo si è già gettato lì per attrazione fatale.

Il Regno di Dio non è una pena, ma un regalo; non è un peso, è un dono.

2. Ritorniamo a sfogliare il nostro grande album "di famiglia", rileggendo alcune pagine esemplari di conversione.

Assisi, seconda metà del 1205, Giovanni chiamato Francesco ha 23 anni circa: è malato, deluso, smarrito. Incontra un lebbroso e riesce a vincere la sua ripugnanza: è l'inizio della conversione. Più tardi, nel suo Testamento scriverà: "Essendo io nel peccato, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra di loro e io usai con essi misericordia e ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza". Abbracciando Cristo nel lebbroso, Francesco si è incamminato per la via della "perfetta letizia".

Fino a trent'anni Ignazio di Loyola era stato un tipico gentiluomo spagnolo, "dedito alle vanità del mondo". A seguito di una ferita riportata in battaglia, durante la convalescienza si mette a leggere una Vita di Cristo e un florilegio di santi e comincia martellargli dentro una domanda: "E se anche io facessi ciò che ha fatto s. Francesco?". Decide di cambiare vita e di dedicarsi alla gloria di Dio e di combattere per la causa del vangelo.

In una notte dell'estate del 1921, l'ebrea Edit Stein legge l'Autobiografia di s. Teresa d'Avila. "Quando lo chiusi - confiderà più tardi - dovetti confessare a me stessa: Questa è la verità". All'indomani andò a chiedere il battesimo; poi si fece carmelitana e tra l'8 e l'11 agosto del 1942 unì il suo sacrificio a quello di Cristo, in una camera a gas di Auschwitz. Nell'ultimo biglietto scritto dal lager alle consorelle del carmelo, confidava: "Sono contenta di tutto".

3. Di nuovo ci poniamo la domanda iniziale: come avviene una conversione: per miracolo? Sì, parola di un altro convertito, Israele Zolli, gran rabbino della sinagoga di Roma. Alla fine della Seconda guerra mondiale approdò alla fede cristiana e si fece battezzare con il nome di Eugenio, per riconoscenza nei confronti di Eugenio Pacelli, papa Pio XII, che tanto si era adoperato a favore degli ebrei, durante la shoah. Confessava: "È sbagliato dire che uno si è convertito, come se si trattasse di una iniziativa personale. Del miracolato non si dice che si è guarito, ma che è stato guarito. Del convertito bisogna dire la stessa cosa".

Allora, una folgorazione irresistibile? Forse, ma non nel senso che la tua libertà ne venga incatenata; semmai ne risulta liberata. Perché l'amore libera, specialmente quando è con la A maiuscola. Quando si fa l'indicibile esperienza di sentirsi amati da Dio, si sperimenta che quell'amore non ti viene imposto, ma non è neanche una tua conquista. Non è un merito: è un dono che sei libero di accogliere o meno, ma se lo accogli liberamente, sei veramente... libero!

Ma ancora non abbiamo detto chiaramente in che senso una conversione è "cristiana". Ovviamente è una conversione al cristianesimo. Ma se il cristianesimo non è una teoria né una formula, ma una storia, anzi una persona - Gesù Cristo - allora la conversione per un cristiano significa credere di essere amato da Lui fino all'estremo: vedi la croce, e credere che Lui è vivo: vedi la risurrezione. Scoprirsi e sentirsi amati con un amore totale, gratuito, irreversibile: questa è la conversione. Magari si sarà stati fino a quel giorno delle persone oneste, degli assidui praticanti, ma ci si converte (o meglio si viene convertiti, come diceva Zolli), quando si arriva a riconoscere: "Mi ha amato e ha dato se stesso per me". Allora la vita cambia: si fa una vera e propria inversione ad u. Ti decentri da te e ricentri il tuo cuore su Cristo come unico Signore. E riesci - per suo dono - a vedere la storia come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, in una parola: a vivere in Lui.

Commento di mons. Francesco Lambiasi

tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"
Ave, Roma 2007

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Per approfondimenti: www.musicasacra-bari.it


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