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Fecondazione selvaggia per tutti

La Corte Costituzionale smantella la legge 40 sulla fecondazione assistita approvata nel 2004. Ora si rischia il vuoto normativo e il Far west su una materia delicatissima. Ignorato il diritto del bambino ad avere un madre e una padre riconosciuti

La Consulta boccia il divieto alla fecondazione eterologa

 

Il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità della norma della legge 40 che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità

 

È una sentenza choc ma non giunge inaspettata. Per volere della Corte Costituzionale, che l’ha dichiarato illegittimo, cade il divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge 40 sulla fecondazione assistita. Per le motivazioni (relatore il giudice Giuseppe Tesauro) bisognerà attendere alcune settimane.
Questa sentenza, in particolare, ignora il diritto del neonato, che è il soggetto più debole e indifeso, ad avere un padre e una madre riconoscibili e riconosciuti e assolutizza in maniera pericolosa il presunto diritto, da far valere a tutti i costi, a diventare genitori. In che modo, non importa. Anche a costo di ricorrere a donatori esterni di gameti o stipulare contratti di maternità surrogata dietro compenso economico. Si aprono scenari inquietanti e difficili da gestire. A questo punto occorre tornare in Parlamento per una battaglia chiara e trasparente.
In questi dieci anni di vita, nonostante le picconate sistematiche arrivate dai tribunali italiani, la legge 40 ha avuto il grande merito di porre un limite etico sul tema della procreazione assistita fissando dei paletti precisi, arginando lo strapotere della tecnica e privilegiando, nei casi di coppie assolutamente infertili, il ricorso all’adozione. Ora si apre un Far west che rischia di travolgere tutto.
I giudici della Consulta erano chiamati a esprimersi sui ricorsi dei tribunali di Catania, Milano e Firenze i quali sostenevano che il divieto di ricorso all’eterologa, ossia praticata con gameti di un donatore esterno alla coppia, violava gli articoli 2, 3, 29, 31, 32, e 117 della Costituzione. Inoltre, nel ricorso alla Consulta i tribunali ricordavano i principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e sottolineavano che la sentenza emessa nel 2011 dalla Grande Chambre, riguardante il caso di una coppia austriaca, non ha inficiato i dubbi di costituzionalità sollevati. Già nel 2012 i ricorsi furono illustrati in udienza alla Consulta, che decise però il rinvio degli atti ai tribunali, data la sopravvenuta decisione della Grande Chambre. L'illegittimità costituzionale, in particolare, riguarda gli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1, della Legge 40 approvata nel 2004, governo Berlusconi, ministro della Salute Gerolamo Sirchia, e uscita indenne dal referendum del 2005.Ora si rischia il vuoto normativo su una materia delicatissima.

Con la decisione della Consulta, quindi, cade innanzitutto il divieto di fecondazione assistita eterologa, previsto dall'art. 4 comma 3 della legge, che riportava: «È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo». Cadono anche, di conseguenza, i due incisi che recitano entrambi «in violazione del divieto di cui all'art. 4, comma 3», cioè del divieto di eterologa, previsti nei commi 1 e 9 dell'art. 9, che resta ovviamente immutato per le altre parti e per i suoi contenuti, compreso il divieto di disconoscimento di paternità in caso di eterologa. Incostituzionale, infine, anche l'art. 12 comma 1 sulle sanzioni: «Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 mila a 600 mila euro».

© Famiglia Cristiana, 9 aprile 2014

 

«Così padre e madre sono chi lo desidera, non chi genera»

«La Corte costituzionale con questa sentenza ha dato un giudizio molto netto: il padre e la madre non sono le persone che generano il figlio ma le persone che lo desiderano», afferma Assuntina Morresi della Consulta nazionale di bioetica

«Andiamo incontro a una grande battaglia parlamentare nella quale si vedrà che cosa intende ognuno per madre e padre. La Corte costituzionale  con questa sentenza ha dato un giudizio molto netto: il padre e la madre non sono le persone che generano il figlio ma le persone che lo desiderano».
Così Assuntina Morresi, membro del Comitato Nazionale di Bioetica, commenta la decisione della Consulta di far cadere il divieto all’eterologa dichiarandolo incostituzionale.

Ora che succede? Si rischia il vuoto normativo?
«È necessaria una norma di rango primario, una legge di tipo parlamentare che regoli questa nuova situazione  abbastanza inedita. Il governo Renzi inevitabilmente dovrà prendere posizione».

Qual è il tratto più preoccupante?
«Se il coniuge della donna che ha fatto ricorso all’eterologa non poteva disconoscere il figlio, una volta che tu ha acconsentito all’aterologa ti fai carico del figlio. Questo divieto ti disconoscimento è stato eliminato. Ed è stato eliminato anche il fatto che il donatore di gameti non ha alcuna relazione giuridica-pranetale con il nato e non può far valere nei suoi confronti nessun diritto. Si tolgono tutte le tutele che erano state messe per chi andava a fare la fecondazione all’estero. C’erano forme di tutela previste per i nati da eterologa all’estero e per chi l’avesse fatta prima dell’entrata in vigore della legge 40. Queste tutele sono state rimosse assieme al divieto di ricorrere all’eterologa».

Dal punto di vista etico quali sono le conseguenze?

«Secondo la Consulta il modo di avere figli è del tutto secondario. Il fatto che fisicamente un figlio nasca da un contributo maschile o femminile è irrilevante perché considera giusto e normale che la coppia si avvlalga di gameti di persone sconosciute. Qui non era in ballo il giudizio su una tecnica sanitaria ma su un’idea di famiglia. Adesso sarà interessante capire come la Corte possa ritenere coerente quest'impostazione con il dettato costituzionale. I figli non sono di chi li partorisce ma di chi li desidera. Nell’adozione , ad esempio,abbiamo dei genitori perduti e si cerca di riparare un danno dando una famiglia ai bambini che si trovano in questa situazione. In questo modo si sancisce un diritto dei genitori ad avere un figlio, il come non importa, l’importante è desiderarli. Le conseguenze sono importanti: se il figlio è di chi lo desidera allora l’utero in affitto va bene. Basta pagare una somma per avere un figlio.  Se c’è un grande desiderio di due uomini o di due donne o di un uomo o una donna single che si fa? Se il desiderio di essere genitori è costituzionalmente rilevante e da tutelare allora cambia tutto».

Nel 2004 il mondo cattolico raggiunse una posizione unitaria sulla Legge 40. Stavolta sarà lo stesso?
«Se non fosse lo stesso significherebbe che alcuni cattolici non riconoscono la legge naturale e questo sarebbe molto strano. Il fatto che un bambino abbia diritto ad un padre e una madre senza aggettivi (genetico, legale, sociale, tecnologico) è patrimonio comune dell’umanità. Non dovremmo parlare neanche di cattolici ma di un patrimonio condiviso da tutti. A maggior ragione dei cattolici»

Antonio Sanfrancesco

© Famiglia Cristiana, 9 aprile 2014

 

Utero in affitto: «Diritto con le spalle al muro»

A scriverlo, in una sentenza molto interessante che ha assolto a metà una coppia milanese che ha fatto ricorso alla maternità surrogata in India, è il gup di Milano Gennaro Mastrangelo il quale afferma che la possibilità offerta della tecnica «potrebbe divenire strumento per la soddisfazione del desiderio di genitorialità della madre malata terminale, del padre psicotico» e via dicendo

Avere un figlio ad ogni costo è considerato ormai un diritto inviolabile da ricercare con ogni mezzo messo a disposizione dalla tecnica. Spesso, anche nelle aule dei tribunali italiani ci si adegua a questo principio in nome, appunto, di un presunto “diritto alla genitorialità” da far valere sempre e comunque. Anche in barba alla legge che in Italia vieta il ricorso alla fecondazione eterologa.
«A prescindere da ogni valutazione etica, (…) le possibilità offerte dalla scienza sono talmente vaste da potersi immaginare esiti tali da far obliterare qualunque considerazione per i diritti del nascituro, il quale potrebbe divenire strumento per la soddisfazione del desiderio di genitorialità della madre malata terminale, del padre psicotico, della coppia i cui figli sono stati dichiarati in stato di adottabilità e che intendano procrearne altri eludendo il controllo del tribunale dei minori, di genitori assai in là negli anni, dei cugini primi». A scriverlo, in una sentenza piena di dubbi, è il giudice per l’udienza preliminare di Milano Gennaro Mastrangelo che ha assolto una coppia milanese dall’accusa di alterazione di stato civile per avere fatto ricorso in India alla maternità surrogata totale ed essersi dichiarati all’anagrafe di Milano papà e mamma del piccolo, che in realtà è stato concepito col seme dell’uomo, l’ovulo di una donatrice esterna alla coppia e, infine, messo al mondo da una terza donna.

I due coniugi sono stati condannati a un anno e 4 mesi di carcere “solo” per falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità. Hanno spiegato di aver fatto ricorso alla fecondazione eterologa all’estero – precisamente all’Hospital Hill di Mumbai con il quale hanno stipulato un contratto – visto che la donna aveva perso la capacità riproduttiva in seguito alle cure per un tumore. Entrambi si sono detti consapevoli che la pratica è vietata dalla legge italiana, la legge 40 sulla procreazione assistita attesa oggi al verdetto della Corte Costituzionale, che vieta la «surrogazione di maternità» prevedendo all’articolo 12, comma 6, la pena da tre mesi a due anni e una multa da 600 mila a un milione di euro.

Nelle motivazioni, il gup Mastrangelo scrive che «il progetto genitoriale in questo caso non appare giustificato» e che le molte possibilità offerte dalla tecnica potrebbero «divenire strumento per la soddisfazione del desiderio di genitorialità della madre malata terminale, del padre psicotico…» e via dicendo. Condotte che mettono il diritto «con le spalle al muro» e in qualche modo costringono i giudici a valorizzare il «benessere» del minore «terzo inconsapevole di un contratto a cui è rimasto estraneo« al fine di non privarlo dei suoi genitori «tecnologici».
Il bimbo, adesso, è ora figlio riconosciuto della coppia. Il Tribunale per i minori ha, infatti, «bloccato» la procedura di adottabilità che era stata aperta nel caso in questione. Mastrangelo inoltre ha respinto la richiesta del difensore di concedere agli imputati il riconoscimento delle attenuanti dell'aver agito per motivi di particolare valore morale e sociale, affermando che «la condotta tenuta» è stata «finalizzata a realizzare un proprio desiderio, senza considerazione alcuna della socialità dell'azione intrapresa» pur «a prescindere da ogni valutazione etica, ovviamente preclusa in questa sede».

Antonio Sanfrancesco

© Famiglia Cristiana, 9 aprile 2014

 

L'Accademia per la Vita: «Sconcerto e dispiacere»

«Ora quale tutela sarà assicurata al nascituro? Avrà due padri, uno biologico e uno giuridico?, si chiede mons. Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita, il quale prevede «conseguenze difficili da gestire sia per il nascituro che all'interno della coppia»

Sul via libera all’eterologa deciso dalla Corte Costituzionale arriva il commento della Pontificia Accademia per la Vita che esprime «sconcerto e dispiacere» sulla sentenza che «crea ora delle conseguenze difficili da gestire sia per il nascituro che all'interno della coppia». A spiegarlo è mons. Renzo Pegoraro, Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita.

«Ora occorrerà vedere attentamente le motivazioni», dice all’Ansa, «anche se il fatto di porre dei limiti alla “tecnica” era una posizione sostenuta anche dai laici». La norma così com'era, dice l'esponente del Vaticano, dava delle «garanzie. Ora quale tutela sarà assicurata al nascituro? Avrà due padri, uno biologico e uno giuridico?».

C'è anche il problema delle «nuove dinamiche all'interno della coppia». Alla domanda se con questa apertura si apra la strada a due genitori dello stesso sesso, Pegoraro dice che «non è conseguenza immediata» della sentenza. Ma «tutta la materia viene riaperta» con problemi che debbono essere risolti. «Prima c'erano dei valori, dei principi che erano tutelati. Per esempio si era stabilito che di fronte a particolari difficoltà comunque si doveva limitare la tecnica e privilegiare altre vie, come il ricorso all'adozione. Il legislatore dovrà interrogarsi su come affrontare tutto questo» con le «conseguenze difficili» che la pronuncia della Corte Costituzionale pone.

Duro anche il commento dell’Associazione Scienza & Vita: «Con la sentenza della Corte costituzionale, che travalica la funzione politica del Parlamento su temi complessi che riguardano la società civile e i propri modelli di riferimento culturali, prosegue lo smantellamento progressivo a mezzo giudiziario della legge 40», commentano in una nota Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, Presidente e copresidente nazionali. «Una normativa forse da rivedere dopo dieci anni, ma che ha avuto il merito di porre un quadro di riferimento scientifico ed etico in tema di procreazione assistita».

«In tal modo si apre un inesorabile vuoto normativo che prelude al ritorno a quel far west procreatico che in questi ultimi dieci anni era stato possibile contenere. Con la cancellazione del divieto di fecondazione eterologa viene legittimata ogni pratica di riproduzione umana, con il solo pretesto che tutti, comunque, hanno diritto a veder garantiti i propri desideri. La cultura giuridica si rimette in tal senso al dominio della tecnoscienza, legittimandone lo strapotere. Questa sentenza apre inoltre lo scandalo del mercato dei gameti: nessuno garantisce che non avverrà - come già ora all’estero - con lo sfruttamento di chi si trova in difficoltà economiche».

«Una sentenza nel solco di quella pronunciata ieri in materia di utero in affitto e che, anche in questo caso, rimette in questione i capisaldi della civiltà occidentale al cui interno l’esperienza della trasmissione della vita viene segnata dall’accoglimento del dono senza la pretesa di determinarlo in modo spersonalizzante. In questo modo invece non vi è riguardo per i diritti dei bambini, chiamati al mondo a tutti i costi in virtù di un non identificato “diritto alla genitorialità”»

© Famiglia Cristiana, 9 aprile 2014

 

Movimento per la Vita: si discuta in Parlamento

«La sentenza della Corte Costituzionale sull'eterologa conferma che la cultura dominante ha deciso di ignorare l'interesse del più piccolo e del più debole» commenta Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita. «Una cultura che non ha la maggioranza e che ha un'ancor meno sensibilità democratica, visto che continua a farsi beffe della volontà popolare espressa in un referendum concluso con una maggioranza vicina all'85%.

«Una cultura che è più forte e più velleitaria anche della politica, ed infatti preferisce dare picconate alla legge 40 per interposta persona dei giudici, invece di ingaggiare un dibattito parlamentare aperto e trasparente.

«Del resto che la volontà popolare, ed in particolare quella delle donne, sia più vicina ad una scelta di rispetto del bambino concepito (nel corpo della mamma o in una provetta), è dimostrato anche dal risultato eccezionale dell'iniziativa europea UnoDiNoi che con i circa due milioni di firme raccolte, rappresenta la più popolare e la più sostenuta dai popoli dell'Europa campagna d'opinione finora avviata nella Ue.

«Ed è singolare che proprio alla vigilia dell'avvio della fase politica ed istituzionale di UnoDiNoi (domani il comitato promotore incontrerà le Istituzioni europee per valutare insieme il futuro delle popolari) sia arrivato dall'Italia un segnale, un “pizzino”, alle Istituzioni europee.

«Non è così che si può rifondare il nostro Paese e far ripartire il sogno europeo, costruito intorno ad un umanesimo integrale e ai diritti di ogni uomo, quale che sia il suo sesso, il suo colore o la sua età» conclude Casini. «È necessario un cambio di prospettiva. È necessario che i giudici rinuncino a vestire i panni del legislatore. È necessario che le lobby smettano di lucrare sulla pelle del più povero tra i poveri, come Madre Teresa definiva il non nato»

© Famiglia Cristiana, 9 aprile 2014

 

 

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