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Fede e società. Sorokin, se la sociologia scopre l'amore cristiano

Negli anni Quaranta lo studioso russo avviò in controtendenza un’indagine statistica sulla santità attestando che senza di essa «la società è costretta a soffrire una drammatica scarsità di amicizia»

«Nessuna società può vivere a lungo, essere felice e creativa, senza gli eroi dell’amore e della spiritualità». E ancora, «i santi sono esperti produttori di 'energia-amore', che da essi viene generata in grande quantità e della più pura qualità. Senza questi esperti nella produzione d’amore, la società è costretta a soffrire di una drammatica scarsità di amicizia e armonia dei suoi membri, nonché di un eccesso di odio mortale e contrapposizione». Sono parole di uno dei padri fondatori della sociologia, Pitirim Sorokin, che non esita a esprimerle in maniera esplicita in I santi cristiani. Un’indagine sociologica (Castelvecchi, pagine 142, euro 17,50). Scritto al declinare degli anni Quaranta, il testo costituisce la seconda parte di un’opera più ampia, Altruistic Love. Essa rappresenta una tappa del cammino di ricerca intrapreso dal sociologo nella seconda parte della sua vita in cui indaga il ruolo che l’amore gioca nelle società. Da buon russo, erede della tradizione che fa capo a Fëdor Dostoevskij, Vladimir Solov’ev, Sergej Bulgakov, pensa non solo che l’amore svolga una funzione importante. Ma anche ne individua l’origine in un’inesauribile fonte sovrasensibile.

Una presa di posizione non certo gradita alla sociologia mainstream che nella misurazione, nel quantitativo e nell’empirico trova la sua ragione d’essere. Allora come oggi. E poco importa se, per difendere il proprio statuto di scienza positiva, sceglie di tenere ai margini chi ha concorso a fondarla. Accadde quando, nel 1946, Talcott Parsons assorbì nel suo dipartimento di relazioni sociali di Harvard, quello di sociologia fondato, da molto più tempo, dallo studioso di origini russe perché ritenuto ormai più incline alla profezia che alla ricerca scientifica. Ma chi era Pitirim Sorokin (18891968)? Nato nella Russia settentrionale tra i Komi, popolazione di origine ugro-finnica, Sorokin, come testimonia lui stesso, conduce una vita avventurosa. Bracciante agricolo, artigiano, operaio, impiegato, insegnante, giornalista, prigioniero politico, tre volte sotto lo zar e altrettante con i comunisti, membro del gabinetto Kerenskj e dell’Assemblea costituente russa, condannato a morte e graziato dallo stesso Lenin, fondatore del dipartimento di sociologia di San Pietroburgo e, dopo un soggiorno a Praga su invito del presidente Masaryk, nel 1923, esule negli Stati Uniti. Nel 1930 prende la cittadinanza americana, l’anno successivo fonda, a Harvard, il primo dipartimento di sociologia d’Oltreoceano e poi, alla fine degli anni Quaranta, l’Harvard Research Center for Creative Altruism.

Come confermano i titoli di due suoi testi diventati classici della sociologia, La mobilità sociale e La dinamica sociale e culturale, l’interesse di Sorokin si concentra su un’idea dinamica della società. Essa non viene vista però né come un’essenza fissa e inamovibile né in movimento verso un progresso indefinito e roseo. È invece caratterizzata da fluttuazioni socioculturali cicliche condizionate da specifiche mentalità culturali. Queste agiscono come fattore di integrazione tra i diversi ambiti della società, il religioso, l’economico, lo scientifico, l’artistico e gli altri. Per quanto diversi tra loro, in una determinata epoca, questi aspetti presentano dei tratti comuni dovuti alla mentalità culturale dominante e ispirata da una particolare intuizione della natura della realtà e della gerarchia dei valori. Nel corso del divenire dei sistemi socioculturali all’alternarsi delle mentalità segue l’alternarsi di fasi ideazionali dei sistemi socioculturali, aperte al sovrasensibile e alla trascendenza, a fasi sensiste intrise di materialismo e immanenza. Fanno capolino, talvolta, delle fasi intermedie definite idealiste. A partire dagli anni Trenta del Novecento Europa e America attraversano una fase tardosensista. Il loro sistema socioculturale si disintegra dopo la grande creatività economica, scientifica, tecnica dell’Ottocento.

A questo momento creativo iniziale ne subentra uno edonistico, che annuncia il declino del tardosensismo. Ad alimentare la rivolta antisensista interviene l’amore di cui i santi sono stati, in passato, gli autentici dispensatori. Per questo Sorokin intraprende una ricerca sociologica su un campione di oltre tremila santi cattolici di tutti i tempi (con un’appendice sugli ortodossi), ritenuti eroi dell’altruismo. Dopo aver studiato la loro distribuzione per sesso, età, classe sociale, modalità di iniziazione alla santità, ne soppesa la presenza nei secoli. Lo scopo della ricerca è illustrare le caratteristiche della personalità altruista perché «l’amore non è solo una forza vivificante, ma anche il miglior modo terapeutico per assicurarsi una vera pace della mente, una significativa felicità, effettiva libertà, forza creativa». Dai santi occorre muovere per «migliorare il genere umano. In caso contrario, dice Sorokin, l’odio con tutti i suoi corollari, morte, distruzione, miseria, anarchia, continuerà a macchiare la storia e a spingere nel baratro».

Simone Paliaga

© Avvenire, martedì 17 dicembre 2019

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