Giovanni Paolo II mistico e politico
  
La Chiesa – nota – «ha solo la parola e il sangue». Dall’altra parte  c’è la spada del re. Chi fa veramente la storia? La risposta ce l’ha  data il suo pontificato, la cui straordinaria vicenda si è realizzata  nell’arco di quel dilemma formulato con lirismo profetico alla vigilia  del conclave dell’ottobre 1978. È il criterio interpretativo della  figura e dell’opera di Giovanni Paolo II che sta alla base della  monumentale ricostruzione storiografica compiuta da Andrea Riccardi,  studioso dagli orizzonti vastissimi come quelli che ha saputo spalancare  all’impegno umanitario ed ecclesiale della Comunità di Sant’Egidio, di  cui è fondatore. «La parola contro la spada» poteva essere un bel  titolo, ma gli è stato preferito uno più distaccato e scientifico: Giovanni Paolo II. La biografia  (San Paolo, pp. 562, euro 24). A dire il vero il libro – in vendita da  oggi – è molto più di una biografia, è l’affresco di un’epoca piena di  colpi di scena. Nel descrivere la personalità di Karol Wojtyla, grande  figura del Novecento e personaggio decisivo agli albori del Duemila,  l’autore ci porta nel cuore delle vicende che hanno cambiato la storia.
Andrea  Riccardi, che ha conosciuto da vicino Giovanni Paolo II, ci ripropone  l’immensa energia spirituale della sua figura e del suo ministero,  insieme con gli effetti dirompenti che ne scaturirono per la Chiesa e  per il mondo. Lo fa con l’accuratezza e la puntigliosità dello storico  di solido mestiere, sulla base di una mole impressionante di documenti  ma anche di testimonianze raccolte dalla viva voce di chi ha avuto a che  fare quotidianamente con Giovanni Paolo II. Fra tutti spiccano i  colloqui, commoventi e significativi, che l’autore ha avuto con  Benedetto XVI sulla figura del suo predecessore. In questo modo Riccardi  getta una nuova luce su un personaggio di cui ci sembra di sapere ormai  tutto, in realtà un tesoro inesauribile che ci è stato donato e che  riscopriamo giorno dopo giorno nell’imminenza della sua beatificazione.
Siamo  così riportati al mistero di Dio che agisce nella storia degli uomini.  Quando Wojtyla viene eletto al soglio di Pietro la Chiesa appariva come  una nave in tempesta, c’era la sensazione diffusa di uno stato di crisi.  Andrea Riccardi ricostruisce quel clima che la rivista Time definì The Church in shock.  Ma vi aggiunge un dettaglio illuminante e finora poco conosciuto:  «Durante le congregazioni generali dei cardinali che precedono il  conclave, il primate di Polonia, cardinale Wyszynski, interviene notando  le tante difficoltà del cattolicesimo e additando il segno di speranza  rappresentato dalla crescita delle vocazioni nell’Est europeo. Per lui  c’è un’attesa dei giovani verso il Vangelo. D’altra parte il comunismo –  così dice – è in crisi: le previsioni sulla sua irreversibilità nel  mondo non debbono per forza verificarsi. Tanto più che il comunismo è in  ritirata, osservando il suo deperimento a ogni livello: ideologico,  sociale, economico». Sembrava l’auspicio di un vecchio visionario.  Sarebbe divenuto realtà con Giovanni Paolo II.
Il libro ci  conduce alla sua conoscenza scavando dentro i legami profondi d’amicizia  e di collaborazione che Wojtyla intratteneva con molte persone.  Rapporti di devozione filiale, come quelli che lo legavano al «Primate  del Millennio», l’austero cardinale Wyszynski. Ma anche rapporti spesso  descritti come conflittuali. È il caso del segretario di Stato cardinale  Casaroli, l’artefice dell’ Ostpolitik così invisa alle Chiese  perseguitate dai regimi comunisti. Se Giovanni Paolo II lo volle come  suo stretto collaboratore fu perché, pur mantenendo un giudizio molto  negativo sull’ Ostpolitik , condivideva con il cardinale Wyszynski una  grande stima nei confronti di Casaroli, «un uomo di preghiera e di fede  viva, sinceramente dedito alla Chiesa».
Il punto di forza che  sorregge la visione wojtyliana della storia è una sorta di «teologia  delle nazioni», come la definisce suggestivamente Riccardi alludendo al  patrimonio di cultura e di religiosità che costituisce l’identità di un  popolo. Non è solo un grimaldello per scardinare il comunismo in Polonia  e nell’Est Europa. È un concetto che Papa Wojtyla ha fatto valere anche  nei confronti dell’Occidente, a cominciare dall’Italia cui il libro  dedica un’analisi molto interessante. «Giovanni Paolo insiste sulla  nuova evangelizzazione, ma al tempo stesso è convinto che il  cattolicesimo non debba smettere di essere una religione di popolo», il  che sconcerta buona parte del mondo ecclesiale degli anni Ottanta. Papa  Wojtyla è stato «un leader globale che ha toccato le fibre di tanti  mondi». Ma questo non significa che il suo sia stato un pontificato  politico. Al contrario. «Chi ha presente l’aspetto mistico e la  preghiera di Papa Wojtyla non può che affermare il contrario. Giovanni  Paolo II era convinto che il cristianesimo rappresentasse una forza di  liberazione dell’uomo e dei popoli», sottolinea Riccardi. È lungo questa  traiettoria che si può giungere a modificare il corso della storia.  «Tutto può cambiare, dipende da ciascuno di noi, dal nostro potenziale  di fede... Sì, noi possiamo cambiare il corso degli eventi», sono le  parole che Giovanni Paolo II, ormai anziano e malato, rivolge al corpo  diplomatico in Vaticano nel gennaio 2003. Un messaggio di grande fiducia  nell’uomo che è al tempo stesso un inno alla potenza misteriosa di Dio.  
            