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Giovanni XXIII. Via Crucis della tratta. Il Papa: «Partecipate»

Francesco spinge la Papa Giovanni XXIII: «Continuate l'opera in favore delle donne»

Sono più di 100mila. Costrette, ogni giorno, a prostituirsi sulle strade del nostro Paese. E sfruttate, picchiate, torturate. «Non chiamatele prostitute, ma schiave della prostituzione» ha chiesto più volte Papa Francesco, che ieri alla loro terribile condizione è tornato a guardare incoraggiando la Comunità Papa Giovanni XXIII, in piazza San Pietro per l’udienza generale. «Mentre esorto a continuare l’opera in favore di ragazze sottratte alla prostituzione, invito i romani a partecipare alla Via Crucis per le donne crocifisse », ha detto il Pontefice salutando il gruppo accompagnato da don Aldo Bonaiuto. È il discepolo di don Benzi a organizzare, per il terzo anno consecutivo, l’evento, che si terrà domani dalle 19.30 a Roma in solidarietà e preghiera per le giovani donne vittime di tratta, prostituzione coatta e violenze.

La partenza è fissata da Ponte Settimia Spizzichino, alla Garbatella, la meta finale è la chiesa di Santa Francesca Romana. Come ogni anno saranno personalità rappresentative a portare sulle spalle la grande croce – dalle forze di polizia ai magistrati fino ai politici e ad alcuni rappresentanti del governo, come il ministro degli Esteri Angelino Alfano – e si ascolterà la testimonianza diretta di ragazze che hanno vissuto sulla propria pelle la condizione di schiavitù, così drammaticamente presente e invisibile nelle nostre città. Secondo i dati forniti dalla Papa Giovanni le donne straniere costrette a prostituirsi – 100mila appunto – hanno tra i 15 e i 25 anni e sono soprattutto nigeriane e slave. Attratte dalla speranza di una vita migliore, appena arrivano nel nostro Paese cadono nella rete della tratta sessuale e con la violenza sono costrette alla prostituzione su tante strade delle nostre periferie e in qualche nightclub. «Se vuoi ti porto in Italia, lì c’è lavoro, e con i soldi che guadagni potrai aiutare anche la tua famiglia» è la promessa fac-simile, lo slogan che dipinge nei loro sogni la possibilità di una vita migliore e di sfuggire alle condizioni di miseria o indigenza in cui spesso vivono. «A proporglielo – spiega proprio don Aldo Bonaiuto – può essere un cugino, un amico, a volte anche un fidanzato o una persona di fiducia che promette qualcosa di sicuro. Un sogno che si infrange presto, spesso proprio durante il viaggio o al più tardi, quando arrivano a destinazione e qui, anche se lottano e urlano sono già in trappola». Lontane da casa nessuno le difende e sono picchiate e vendute: «Non scappano perché spesso non conoscono la nostra lingua e se provano ad allontanarsi rischiano pesanti ritorsioni sulla loro famiglia».

«Siamo grati al Santo Padre per le sue parole di incoraggiamento e per l’invito a partecipare alla Via Crucis per Un momento della Via Crucis per le donne crocifisse dell’anno scorso. L’evento, organizzato dalla Papa Giovanni XXIII, si snoderà lungo le vie di Roma a partire dalla Garbatella le donne crocifisse – ha commentato Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII –. La sua attenzione per questa piaga sociale ci incoraggia a proseguire con maggiore impegno la liberazione delle ragazze». Di prostituzione, d’altronde, Bergoglio ha parlato spesso negli ultimi mesi, a partire dall’incontro dell’estate scorsa proprio con alcune delle giovani liberate in una delle case della Papa Giovanni. «Ho visitato – ha raccontato nella sua intervista a Tv2000 – le ragazze che sono state tolte dallo sfruttamento della prostituzione. E ho pensato non solo agli sfruttatori, anche a quelli che pagavano le ragazze: ma non sanno loro che con quei soldi, per togliersi una soddisfazione sessuale, aiutavano gli sfruttatori? ». «Ricordo – ha confidato ancora il Papa nel corso di quel colloquio – una, dall’Africa: bellissima, giovanissima, sfruttata, era incinta, sfruttata ma anche con bastonate dure e torture: 'Tu devi andare a lavorare'... E lei, quando raccontava la sua storia – c’erano 15 ragazze, lì, che mi raccontavano le storie, ognuna – mi diceva: 'Padre, io ho partorito d’inverno sulla strada. Sola. Da sola. La mia bambina è morta'. La facevano lavorare fino a quel giorno, perché se non portava agli sfruttatori tanto, era bastonata, anche torturata. A un’altra avevano tagliato l’orecchio perché non aveva portato... Questo è...».

Viviana Daloiso

© Avvenire, giovedì 6 aprile 2017

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