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Il Papa: «La Parola di Dio ben letta e ben spiegata è un diritto dei fedeli»

Papa Francesco continua la catechesi sulla messa e sottolinea l'importanza di buone omelie. E poi, sulla preghiera dei fedeli dice: "Abbiamo poca fede, per questo non otteniamo"

È un diritto che la Parola di Dio sia ben letta e ben spiegata. Lo dice chiaramente papa Francesco continuando la catechesi sulla messa nel corso dell’udienza del mercoledì. «Una udienza fatta in due parti perché i malati, per il tempo, seguono dall’interno dell’aula Paolo VI. La giornata è bruttina, ma quando si ha il cuore pieno di gioia è sempre una buona giornata», dice Francesco.

E, dopo l’omelia c’è bisogno di un «tempo di silenzio» che «permette di sedimentare nell’animo il seme ricevuto, affinché nascano propositi di adesione a ciò che lo Spirito ha suggerito a ciascuno.  Dopo questo silenzio, la personale risposta di fede si inserisce nella professione di fede della Chiesa, espressa nel “Credo”», sottolinea papa Francesco.

Il Credo, «il Simbolo manifesta la comune risposta a quanto insieme si è ascoltato dalla Parola di Dio. C’è un nesso vitale tra ascolto e fede. Questa, infatti, non nasce da fantasia di menti umane ma, come ricorda san Paolo, “viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo”».

Bergoglio continua nella spiegazione: «Il “Credo” fa sì che l’assemblea liturgica “torni a meditare e professi i grandi misteri della fede, prima della loro celebrazione nell’Eucaristia”.  Il Simbolo vincola l’Eucaristia al Battesimo, e ci ricorda che i Sacramenti sono comprensibili alla luce della fede della Chiesa: sono “segni” della fede, la suppongono e la suscitano».

E ancora, il Papa si sofferma sulla preghiera universale, «la supplica comune che abbraccia le necessità della Chiesa e del mondo. Viene anche detta Preghiera dei fedeli. Infatti, nei primi secoli, dopo l’omelia i catecumeni venivano congedati e uscivano di chiesa, mentre i fedeli – cioè i battezzati – univano le loro voci per supplicare insieme il Signore. I Padri del Vaticano II hanno voluto ripristinare questa preghiera dopo il Vangelo e l’omelia, specialmente nella domenica e nelle feste, affinché “con la partecipazione del popolo, si facciano preghiere per la santa Chiesa, per coloro che ci governano, per coloro che si trovano in varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo”».

«Dopo le singole intenzioni, proposte dal diacono o da un lettore», ricorda il Papa, «l’assemblea unisce la sua voce invocando: «Ascoltaci, o Signore», o una supplica simile. Questa è la preghiera che i fedeli innalzano a Dio, fiduciosi di essere esauditi nelle domande che gli presentano, per il bene di tutti, secondo la sua volontà.  Ricordiamo, infatti, quanto ci ha detto il Signore Gesù: “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto”». «Ma noi non crediamo in questo perché abbiamo poca fede, ma se noi avessimo questa fede avremmo ricevuto», aggiunge a braccio Francesco, «è questo, invece, proprio il momento della messa nel quale «chiedere a Gesù le cose più importanti. Chiedete e sarà fatto. Tutto è possibile a chi crede. Anche noi possiamo dire: "Io credo, ma aiuta la mia poca fede"». Questo non significa però che saranno esaudite tutte le richieste, «le pretese di logiche mondane», infatti, «non decollano verso il Cielo, così come restano inascoltate le richieste autoreferenziali. Le intenzioni per cui si invita il popolo fedele a pregare devono dar voce a bisogni concreti della comunità ecclesiale e del mondo, evitando di ricorrere a formule convenzionali e miopi».

Annachiara Valle

© www.famigliacristiana.it, mercoledì 14 febbraio 2018

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