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L'Eucaristia dà forza alle vite fragili

XXV Congresso Eucaristico Nazionale. La processione eucaristica si snoda lentamente sulla piazza del Santuario. I malati in carrozzina, i barellieri che li accompagnano, i parenti accanto e la gente semplice, i tanti fedeli che su questa piazza, oggi inondata di sole, ripetono l’antico gesto di milioni e milioni di pellegrini lungo i secoli.

corpus-domini-150x150.jpgSono storie che si intrecciano quasi a formare un unicum, vite apparentemente spezzate, «minori» secondo la cultura dominante, eppure così intensamente vitali, perché immerse nel sacrificio di Cristo. Nella giornata della fragilità del Congresso eucaristico, il Santuario mariano diventa la capitale del dolore redento. E alla fine, come sottolinea il cardinale Angelo Comastri, «l’Eucaristia, lampada di speranza di fronte all’indifferenza del mondo, può trasformare qualsiasi vita, anche quelle maggiormente segnate dalla sofferenza».

Non è il solo, l’arciprete della Basilica Vaticana – che qui è di casa, perché in precedenza è stato arcivescovo prelato di Loreto – a esserne convinto. E nel corso della giornata se ne ha chiaramente la percezione. Comastri stesso racconta nell’omelia le toccanti esperienze di ammalati come Nino Baglieri (completamente paralizzato dopo essere caduto da un’impalcatura), di Benedetta Bianchi Porro (una ragazza divenuta cieca, sorda e incapace di muoversi per una malattia degenerativa) e di una donna affetta da osteogenesi imperfetta e costretta a vivere in un corpo di soli 58 centimetri. Tutti e tre avevano trovato nell’Eucaristia il senso della propria sofferenza e amavano la vita. «Baglieri – ricorda il porporato – proprio qui a Loreto, parlando a un gruppo di giovani, ebbe il coraggio di dire: "Se qualcuno di voi è in peccato mortale, sta molto peggio di me"». «Queste storie vere, questi "miracoli" operati dall’Eucaristia – conclude Comastri – ve li racconto sotto lo sguardo della Madonna, la regina dei piccoli, che ci ricorda come esista una storia parallela a quella che appare nei libri o negli schermi televisivi: la storia dei credenti in Dio, che occupano i primi posti nella graduatoria definitiva che Gesù proclamerà alla fine dei tempi».

Di quella graduatoria la giornata lauretana offre una mirabile anticipazione. Preghiera, proclamazione del Vangelo, lectio divina e testimonianze nella mattinata, coordinata da Salvatore Pagliuca, presidente nazionale dell’Unitalsi, e da don Decio Cipolloni, vicario della Prelatura. La Messa a mezzogiorno in punto. La processione eucaristica nel primo pomeriggio. E sempre i protagonisti sono loro, gli ammalati. Non solo perché seduti nelle prime file o assistiti amorevolmente da quelli che Comastri chiama «i buoni samaritani di oggi». Protagonisti, infatti, lo sono soprattutto quando si tratta di offrire la propria testimonianza, come fanno dal sagrato della Basilica prima la cantante non vedente Annalisa Minetti (splendida la sua canzone dedicata a Gesù) e poi la scrittrice paraplegica Rita Coruzzi, in carrozzina dall’età di dieci anni, che ha imparato a fare della propria disabilità «un’autentica maestra di vita».

Anche Paola Bignardi, già presidente nazionale dell’Azione cattolica, afferma di avere appreso molto dalla propria malattia (oggi grazie a Dio superata). «La sofferenza mi ha lasciato una persona diversa perché mi ha dato un altro punto di vista sulla vita. Ho imparato a pensare in termini diversi la fecondità della vita e giorno dopo giorno il Signore mi ha insegnato che il valore della nostra esistenza non sta in quello che facciamo, ma nell’amore di cui i gesti più umili e semplici sono ricchi». Il "segreto" anche in questo caso sta nell’Eucaristia. «Nei giorni della malattia – dice Bignardi – è stata per me quella Parola di vita eterna, racchiusa in un frammento di pane, di cui parla il Vangelo di Giovanni; è stata presenza nel dolore, nell’incertezza, nelle domande, nella paura; è stata la forza che giorno dopo giorno mi ha aiutato a non smettere di credere all’amore e alla bontà della vita». L’Eucaristia, conclude la relatrice, «mi ha permesso di trasformare il dolore in amore». Un «miracolo» che in fondo avviene ogni giorno per quanti intrecciano la loro storia con quella di Gesù.

Mimmo Muolo
© Avvenire, 7 settembre 2011
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