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Messaggio dell'Arcivescovo alla notizia delle dimissioni del Sommo Pontefice Benedetto XVI

Stupore e ammirazione. Sono questi i sentimenti che mi accompagnano in questo momento, appresa la notizia della rinuncia del Santo Padre, Benedetto XVI al Suo supremo Ministero di Pontefice.

2002c256fe3a683801f58462d316f8f0.jpgLo stupore deriva da un evento quasi unico nella bimillenaria storia della Chiesa: eccetto il Papa Celestino V, mai un Papa ha assunto una decisione simile. Pur consapevoli dell’età avanzata e delle Sue delicate condizioni di salute, nessuno immaginava che Benedetto XVI giungesse ad una simile grave decisione. È pur vero che, in passato, durante la malattia del predecessore, Giovanni Paolo II, fu proprio il Card. Ratzinger ad avanzare l’ipotesi di una eventuale rinuncia al Pontificato da parte del Papa regnante. È vero altresì che nei suoi scritti, anche recenti, ha previsto questa possibilità per la Sua persona, nel caso in cui non fosse stato in grado di assolvere opportunamente al Suo Alto Ufficio. Ma, nonostante tutto, lo stupore rimane.

A ciò, comunque, si associa un sentimento di profonda ammirazione per un gesto che dimostra una superiore visione del Servizio. Si può servire realmente la Chiesa in tanti modi. E il papa ce lo ha ricordato esplicitamente: “per quanto mi riguarda – ha detto questa mattina -, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio”. Il Suo servizio ha già lasciato alla Chiesa universale un solido patrimonio di riflessione e di azione, profondamente radicati nel Vangelo. E questo, nel corso degli anni del Suo ministero episcopale e, poi, di quelli dedicati direttamente alla Sede apostolica, in veste di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; da ultimo, in questi otto anni di Pontificato. La Sua rinuncia è di esempio a quanti, nella Chiesa, così come nelle Istituzioni civili, ricoprono ruoli di responsabilità. Ciò che conta è il bene superiore delle persone affidate alla proprie cure!

La Chiesa di Bari ricorderà in modo imperituro il primo viaggio del Suo pontificato, a Bari, il 29 maggio 2005, a conclusione del Congresso Eucaristico Nazionale. Già in quella felice circostanza, Benedetto XVI riproponeva alla Chiesa e al mondo, il valore della Domenica, come giorno del Signore, così caro alla coscienza dei fedeli, che, attraverso il grido unanime dei Martiri di Abitene, continua a ripetere: “senza la domenica non possiamo vivere”. Il Papa ha voluto raccogliere quella splendida eredità che è patrimonio secolare dei credenti e l’ha rilanciata come una sfida sempre attuale non solo per le persone di fede, ma per tutti gli uomini di buona volontà che hanno a cuore il benessere dell’umanità. I valori dello spirito vengono prima di tutti gli altri valori. Questa sfida, soprattutto la nostra Chiesa di Bari-Bitonto intende accogliere e rilanciare a tutti.

Le parole del Santo Padre, pronunciate durante la Solenne Concelebrazione eucaristica, presso la Colmata di Marisabella, a Bari, rappresentano il messaggio più intenso che intendo riproporre a tutti: “Abbiamo bisogno di questo Pane per affrontare le fatiche e le stanchezze del viaggio. La Domenica, Giorno del Signore, è l’occasione propizia per attingere forza da Lui, che è il Signore della vita. Il precetto festivo non è quindi un dovere imposto dall’esterno, un peso sulle nostre spalle. Al contrario, partecipare alla Celebrazione domenicale, cibarsi del Pane eucaristico e sperimentare la comunione dei fratelli e delle sorelle in Cristo è un bisogno per il cristiano, è una gioia; così il cristiano può trovare l’energia necessaria per il cammino che dobbiamo percorrere ogni settimana”.

Grazie di cuore, Santità!

 

Bari, 11 febbraio 2013

Francesco Cacucci
Arcivescovo di Bari-Bitonto