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No allo straniero, sì al suo lavoro

Mentre la politica riscopre la paura degli immigrati, le aziende li cercano per resistere sul mercato. L'Italia li teme ma ne ha bisogno e non vuole ammetterlo.

immdentro_462479.jpgAl primo odore di elezioni anticipate, i politici italiani hanno ripreso ad agitare lo spauracchio degli immigrati. Prima il ministro La Russa (anche allo scopo di mettere in crisi un Gianfranco Fini di colpo giudicato "buonista"), poi il ministro Maroni, ansioso forse di non farsi sottrarre la palma dell'intransigenza dal presidente francese Nicolas Sarkozy. Maroni si è spinto ad annunciare di voler chiedere all'Unione Europea "la possibilità di espellere anche cittadini comunitari", aggiungendo (con rimpianto, sembrerebbe dal tono dell'intervista al Corriere della Sera) che "da noi molti sinti e rom hanno cittadinanza italiana. Loro hanno diritto a restare, non si può fare niente".

     Bene ha fatto, quindi, monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, a puntualizzare attraverso la Radio Vaticana due concetti fondamentali: il primo è che "il Governo italiano non può autonomamente decidere in riferimento a una politica europea che invece stabilisce sostanzialmente il diritto di insediamento e di movimento"; e il secondo, non meno importante, è che "l'azione che avviene contro i rom oggi, non è un'azione di politica migratoria - non dimentichiamo che anche in Italia, l'80% dei rom è italiano - ma è una politica discriminatoria nei confronti di una popolazione che, sostanzialmente, non si è riusciti a gestire attraverso canali che sono soprattutto di tipo sociale".

     La prontezza della politica nel servirsi della leva anti-straniero e anti-immigrato dice tutto della schizofrenia di questa nostra Italia. Perché i politici parlano in un modo (e magari i cittadini li votano) ma la realtà va esattamente in senso  opposto. Nel 2009, in piena crisi occupazionale (526 mila italiani in più senza lavoro), gli occupati stranieri sono cresciuti di 147 mila unità. Mentre la Fondazione "Leone Moressa", analizzando i dati Excelsior-Unioncamere, già ci dice che la tendenza proseguirà nel 2010: sono 181 mila i nuovi assunti stranieri previsti per l'anno in corso, pari al 22,6% di tutte le assunzioni previste. A far la parte del leone saranno le imprese sopra i 50 dipendenti, che cercano manodopera straniera da impiegare nei servizi alle persone (21,8%), lavoratori con esperienza nel settore (54,6%) e qualificati nel commercio e nei servizi (27%).

    In poche parole: non vogliamo gli stranieri, ma ci piace che il loro lavoro dia un contributo decisivo alla tenuta del nostro sistema produttivo e, di conseguenza, al benessere di tutto il Paese. Quando capiremo che le due cose non stanno insieme sarà sempre troppo tardi.

Fulvio Scaglione

© Famiglia Cristiana, 21 agosto 2010

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