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Nosiglia: in cammino verso il “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra"

A Torino, stamani, l'arcivescovo Cesare Nosiglia ha tenuto la conferenza stampa di presentazione della 43.ma edizione dell’iniziativa della Comunità ecumenica di Taizè, in programma dal 28 dicembre al primo gennaio 2021. In preparazione l’accoglienza in famiglia di circa 15mila giovani e l’ostensione della Sacra Sindone

Da Breslavia a Torino nel segno dei giovani. E’ il cammino che si sta percorrendo in vista della 43.mo “Pellegrinaggio di Fiducia sulla Terra” della Comunità di Taizè previsto per fine anno. Già è partita la macchina organizzativa dell’evento ecumenico che vede il coinvolgimento del Comune di Torino e della Regione Piemonte. L’arcidiocesi della città sta predisponendo i servizi e l’accoglienza per i circa 15mila ragazzi che animeranno l’incontro, per la settima volta in Italia dopo gli eventi di Roma (1980, 1982, 1987 e 2012) e Milano (1998 e 2005). Prevista anche un’ostensione straordinaria della Sacra Sindone.

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Nosiglia: Torino, città accogliente e pronta ad ospitare i giovani

Per l’arcivescovo, monsignore Cesare Nosiglia, “Taizé-Torino 2020” è un vero e proprio regalo. Il “Capodanno di Taizé” prenderà il via lunedì 28 dicembre 2020 e si concluderà il primo gennaio 2021; con al centro, la notte del 31, la grande veglia di preghiera per la pace nel mondo e la Festa delle Nazioni nelle parrocchie e nelle diverse realtà ospitanti:

Ascolta l'intervista a monsignor Nosiglia

R.- La scelta certamente è stata per noi un grande dono che ci ha riempito di gioia. Anzitutto, noi abbiamo chiesto ai frère di venire a parlare ai sacerdoti dei nostri distretti, quindi ci saranno sei incontri con tutti i giovani della diocesi, da gennaio a giugno. Un punto fondamentale, poi, di questa preparazione per noi – come del resto anche per Taizé – è l’accoglienza nelle famiglie, perché se arriveranno 15-20 mila ragazzi, accoglierli nelle famiglie non sarà del tutto facile e semplice. Però, io sono convinto che Torino, dato che è sempre stata una città molto accogliente anche per gli immigrati, saprà perfettamente farsi avanti e le famiglie si renderanno disponibili a questo segno così bello e importante. Ma soprattutto, un punto fondamentale per noi – come del resto lo è per Taizé – sono le comunità cristiane non cattoliche. Essendo un incontro ecumenico siamo chiamati a dare loro spazio e ad avere la loro collaborazione piena per la buona riuscita dell’evento.

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C’è sempre stato un legame forte tra Torino e la comunità monastica ecumenica di Taizé. I giovani torinesi, come hanno reagito all’annuncio di questo pellegrinaggio?

R. – Con grande gioia, con grandi applausi … quasi sembrava che ci fosse un’attesa, un po’ da parte di tutti, per avere questo appuntamento in Italia e tanto più nella città di Torino che, come sappiamo, per quanto riguarda i giovani è una città mondiale, perché basta citare don Bosco, i salesiani e pensiamo anche al Beato Piergiorgio Frassati … tutto questo ha suscitato entusiasmo. L’evento che stiamo preparando deve sottolineare molto il tema fondamentale di Taizé, poi, che è la spiritualità: la preghiera, i momenti di silenzio, i momenti di incontro, di dialogo fra tutti questi giovani che rappresentano ben 70 Paesi.

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A soli cinque anni dall’ultima ostensione con oltre due milioni di pellegrini, la Sacra Sindone sarà nuovamente esposta, per l’occasione. Cosa significa per un giovane lasciarsi guardare da questo Sacro Lino?

R. – Questo momento sarà un momento certamente molto, molto importante e fondamentale. L’abbiamo già fatto una volta, due anni fa, con i giovani piemontesi in partenza per il Sinodo dei giovani: abbiamo attivato una contemplazione. Mentre l’ostensione veniva posta in alto e quindi si vedeva la Sindone ma in maniera abbastanza distante, adesso invece la lasciamo dov’è e facciamo passare i giovani davanti perché la vedano bene, a distanza di 20 cm. La Sindone è il Vangelo vivente che noi possiamo vedere. Papa Francesco ha detto: “Non è, il volto della Sindone, qualcosa che guardiamo noi; ma è Lui che ci guarda per dirci ‘quale grande amore ho avuto verso di te, verso tutta l’umanità. Ho donato tutta la mia vita e ti chiedo di essere anche tu disposto a donare la tua vita per i tuoi fratelli, soprattutto più poveri e sofferenti’”. Quindi è il messaggio decisivo anche per la nostra società di oggi, dobbiamo chiamare i giovani a raccolta perché attivino un mondo dove ciascuno si senta accolto per quello che è, al di là delle differenze di cui è portatore.

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, venerdì 3 gennaio 2020

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