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Dossier. Parocchie vuote, santuari pieni

Lourdes, Fatima, Częstochowa, ma anche Torino e Santa Maria di Leuca: la gente continua ad affollare i santuari dove si invoca la Madonna. Una devozione sempre piu' popolare. Un bilancio alla fine del mese dedicato alla Madre di Gesù

1. Vittorio Messori: «La fede, Maria e il Concilio»

 

Che senso ha discutere di carrozzeria, accessori e colori quando si è appena fuso il motore? Il rapporto sulla fede di Vittorio Messori parte da una metafora automobilistica. «Dentro la Chiesa», spiega, «da decenni si litiga sulla maggiore o minore fedeltà al Concilio, fermandosi al contenitore, cioè a come si struttura l’istituzione ecclesiastica con più o meno collegialità, più o meno latino, più o meno morale tradizionale o impegno politico; peccato che nel frattempo la ricerca d’assoluto e il senso di Dio si siano affievoliti fin quasi a spegnersi».

Lo stile di sempre, quello del rigoroso cronista allergico ai punti esclamativi, Messori ha consegnato alle stampe il suo ventitreesimo libro, Bernadette non ci ha ingannati (Mondadori), nelle librerie da poco più di un mese. «È l’ennesima tappa di un percorso cominciato nel luglio-agosto del 1964, quando mi fu dato di scoprire il Vangelo. Questo, come gli altri volumi, dimostra che essere cristiani non significa essere cretini. Credere, infatti, non esime dal farsi domande. Accetta perfino il dubbio. Il credere autentico offre semmai delle risposte che non negano la ragione. Anzi, per dirla con Blaise Pascal, il grande autore francese del Seicento, correttamente usata, giunta al limite, la ragione ci obbliga a un passo: fare il salto, aprirsi al mistero».

– A dire il vero nel libro si parla di Lourdes, di apparizioni e della Madonna.

«Non è, o non è soltanto, un libro su Maria. È un libro sulla fede nel Vangelo. A Lourdes ci è stato fatto un grande dono: quello dimetterci a disposizione un appiglio provvidenziale, una salda maniglia».

– Una salda maniglia?

«Un appiglio cui attaccarsi quando la fede è in crisi. Maria non è un optional, roba da vecchi devoti. Porta al Figlio. Là dove la Madonna è dimenticata o irrisa, Gesù se ne va».

– Perché indagare i fatti di Lourdes, oggi?


«Perché in questo frangente storico molte nostre chiese sono pressoché deserte, mentre davanti a quella grotta sfilano, pregano, piangono e si convertono 5-6 milioni di pellegrini l’anno. Sono tutti vittima di un terribile imbroglio?».

– Quale risposta si è dato?

«Che ciò che è accaduto a Lourdes è vero. Tra l’11 febbraio e il 16 luglio 1858, per diciotto volte Maria è apparsa a una ragazzina alta un metro e quaranta, asmatica, analfabeta, che non aveva frequentato il catechismo né fatto la prima Comunione, il cui padre era finito in carcere e la cui madre aveva fama di ubriacona. Bernadette Soubirous era figlia del popolo e non dell’orgogliosa borghesia o della nobile aristocrazia francese».

– I cristiani non sono obbligati a credere alle apparizioni mariane...

«Certo. La nostra fede si basa sulle apparizioni del Risorto agli apostoli raccontate da quei bravi cronisti che sono gli evangelisti. Le apparizioni sono un aiuto, un dono gratuito. Liberi noi di accettarlo o meno. Maria fa il suo mestiere di mamma. In croce Gesù fu esplicito: “Figlio ecco tua madre, madre ecco tuo figlio”. Ci ha affidati a lei, e lei non ci abbandona. Non a caso le apparizioni approvate dalla Chiesa avvengono in precisi momenti storici, quelli in cui sono a rischio la fede e la Chiesa. Lourdes, nel 1858, segue il diffondersi delle teorie di Charles Darwin, di Karl Marx, di Renan. Fatima, nel 1917, precede (e annuncia) la Rivoluzione d’ottobre, ovvero l’avvento del comunismo. Banneux, nel 1933, è coeva della salita al potere di Adolf Hitler. Più vicino a noi, a Kibeho, in Rwanda, la Madonna è apparsa tra il 1981 e il 1989, alla vigilia dei massacri del 1994. C’è una sorta di calendario mariano che accompagna la storia. E conduce a Cristo. Siamo daccapo. Al problema dei problemi. Il mondo ha perso la fede o, quando ce l’ha, ce l’ha debole oppure pasticciata».

– Rimedi suggeriti?

«Proporre il Vangelo, con convinzione e al contempo con pacatezza e rigore. Senza scoraggiarsi se il mondo lo rifiuta senza conoscerlo. È tempo di ripresentare le ragioni per credere. Dunque, ritengo che sia tempo di riscoprire l’apologetica».

– L’ateismo è un vestito di moda...

«L’ateismo è, a sua volta, una religione. Nella Torino dei miei maestri universitari, alla facoltà di Scienze politiche, essere atei non era considerato elegante. Meglio essere agnostici. Meglio considerare le domande su Gesù, la risurrezione e la vita eterna come domande puerili, da età dei brufoli. Tanto la filosofia ha assicurato che risposte non ci sono, mi dicevano i guru laicisti, chiusi nel cerchio del loro razionalismo. Ignoramus et ignorabimus; non conosciamo e non conosceremo mai. Io sono entrato nella Chiesa nel momento in cui cominciava la grande fuga. In cinquant’anni se ne sono andati la metà delle suore e un terzo dei preti».

– Colpa del Concilio? Lei passa per tenace conservatore...

«Passo per tante cose che non sono. Dell’epoca che precedette il Vaticano II non ho esperienza: non frequentavo le chiese. So che la Chiesa poteva essere anche soffocante e moralista. Non sono affatto un tradizionalista. Il Concilio è stato un evento provvidenziale, che ha giustamente innovato le forme dell’annuncio, cercando parole nuove per dire verità antiche, in piena continuità con la dottrina precedente. Sull’esempio del Papa, se mi è permesso, difendo il Vaticano II autentico, rifiuto le sue deformazioni».

– C’è chi osserva che s’è perso l’ottimismo che ha caratterizzato la Gaudium et spes, segnando una svolta nei rapporti tra la Chiesa e il mondo, non credenti in primo luogo...

«Delle quattro Costituzioni conciliari la Gaudium et spes è quella che tra teologia e sociologia deve di più alla seconda. E allo spirito degli anni Sessanta, di Kennedy e Krusciov, della decolonizzazione, del boom economico, delle prime missioni spaziali.Andando avanti la storia ha preso un’altra piega. Mentre la Chiesa è e deve rimanere quella di sempre, “madre e maestra”. Attenta a gettare ponti, ma altresì prudente nell’innalzare muri che proteggono il depositum fidei, il cuore della nostra fede. Prendiamo Natale. Celebriamo la nascita del Salvatore, avvenuta in un determinato periodo storico, in un preciso luogo della terra. Non ci fermiamo per una sorta di generico festival della bontà, macinando slogan sulla solidarietà, che spesso suonano vuoti e ipocriti come molti spot pubblicitari. Riusciamo a dire con chiarezza che siamo in festa per la nascita del Figlio stesso di Dio o ci pieghiamo ancora una volta al “politicamente corretto”, timorosi di offendere qualcuno?».

Alberto Chiara e Fulvio Scaglione

 

2. Il rettore di Maria Ausiliatrice a Torino: «Molti vengono per confessarsi»

 

Sarà perché, a differenza di molte parrocchie, sono sempre aperti, anche la sera. E che c’è sempre un prete pronto a confessare e a celebrare la messa. Sta di fatto che mentre molte chiese si svuotano, i santuari sono sempre pieni. Una vitalità che dura da anni.
Chi li frequenta non di rado sfugge alle statistiche e alle iniziative organizzate, come pure ai piani pastorali delle diocesi. Eppure, si tratta di milioni di fedeli che affollano questi luoghi dove arrivano da soli o in gruppo. E non solo in occasioni delle grandi feste. Un popo­lo «insospettabile e non residua­le», l’ha definito il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco.

Fuori dai grandi circuiti di pellegrinaggio come Loreto, San Giovanni Rotondo, Padova e Pompei, i santuari mariani sono sparsi ovunque, da Nord a Sud, e accolgono migliaia di persone. Come la Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, casa madre dei salesiani dove il fondatore san Giovanni Bosco ha iniziato la sua opera per i giovani.

«Qui per fortuna arriva tantissima gente in qualsiasi periodo dell’anno», spiega don Franco Lotto, 70 anni, rettore dal 2008. «Nei giorni festivi vengono celebrate nove messe per un totale di quattromila fedeli. Inoltre abbiamo deciso di non chiudere la chiesa durante la pausa pranzo e lasciarla aperta tutto il giorno, dalle 6 del mattino alle 19. In questo modo molte persone possono venire a pregare».

Una vitalità testimoniata dai numeri che don Franco spiega così: «A differenza delle parrocchie dove ci si conosce di più qui conta molto l’anonimato che infonde anche un senso di maggiore libertà». Un altro aspetto importante sono le confessioni. Nella basilica ci sono venti confessori a turno ogni settimana. E non restano affatto inoperosi.

«Tantissimi fedeli vengono qui per accostarsi al sacramento della Riconciliazione», spiega, «sono aumentati ancora di più dopo le parole di papa Francesco che insiste molto sulla misericordia di Dio che è sempre pronto a perdonare se solo glielo chiediamo con cuore sincero. Qui in basilica sono arrivati alcuni fedeli che non si confessavano più da anni, anche dieci o venti, e mi hanno detto che le parole del Papa li hanno convinti a tornare a confessarsi. Forse è il modo molto tenero e umano del Santo Padre che ha "scongelato" il cuore di queste persone che non avevano il coraggio di avvicinarsi».

Antonio Sanfrancesco

 

3. Il rettore del Santuario di Santa Maria di Leuca: «La Vergine affascina il cuore dell'uomo»

 

Proteso tra due mari e ponte ideale tra Oriente e Occidente, il Santuario di Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce, nel Salento, è meta ogni anno di migliaia di pellegrini che arrivano da ogni parte d’Italia e d’Europa per pregare la Vergine de finibus terrae.

A fondarlo, secondo la tradizione, su un tempio pagano dedicato alla dea Minerva, sarebbe stato addirittura San Pietro nel suo viaggio dalla Terra Santa a Roma. Un nome suggestivo, richiamato anche da papa Francesco la sera dell’elezione quando si presentò al mondo come un vescovo "preso alla fine del mondo".

«"De finibus terrae": il nome di questo luogo santo è molto bello e suggestivo, perché riecheggia una delle ultime parole di Gesù ai suoi discepoli», ha detto Benedetto XVI che lo ha visitato il 15 giugno 2008, «proteso tra l’Europa e il Mediterraneo, tra l'Occidente e l'Oriente, esso ci ricorda che la Chiesa non ha confini, è universale. E i confini geografici, culturali, etnici, addirittura i confini religiosi sono per la Chiesa un invito all’evangelizzazione nella prospettiva della "comunione delle diversità"». Don Gianni Leo è rettore del santuario dal febbraio scorso.

In media quanti fedeli accogliete ogni mese?

«Fare una stima precisa di chi viene qui per devozione o per turismo è un’impresa ardua. Mediamente possiamo parlare di circa diecimila fedeli nel periodo invernale, che diventano anche più di centomila  presenze nei periodi estivi. Naturalmente in questi dati sono considerati non solo i devoti alla Vergine de Finibus Terrae, ma anche le centinaia di persone che scelgono di celebrare il loro matrimonio al Santuario,  e i semplici turisti, in pullman, in auto o in moto, che giungono qui, nell’estremo lembo d'Italia, anche per ammirare questo meraviglioso angolo di Puglia. Da tener conto, inoltre, i tanti pellegrini che giungono a piedi seguendo l’antico percorso della Via Francigena, segno dell’importanza di questo luogo».

C’è una frequenza da parte di adulti e anziani o vengono anche molti giovani?

«La percentuale più alta di presenza è quella di anziani e adulti, ma resto comunque sorpreso dell’alto numero di giovani che passano da questo luogo per pregare in modo personale».

Ha notato un maggiore afflusso di fedeli per confessarsi in questi ultimi mesi dopo le parole di Papa Francesco sulla misericordia e l’insistenza a chiedere perdono a Dio?

«Il mio arrivo qui come rettore è coinciso proprio con l’elezione di Papa Francesco e ci si trovava già in periodo di Quaresima in cui l’affluenza al sacramento della confessione era sostenuta. Come succede in genere nei santuari, questo è da sempre un luogo di accoglienza per la riconciliazione, specialmente per quelle situazioni più particolari. Qui si tocca con mano la fragilità umana come anche l’esigenza di rimarginare le ferite con una parola di ascolto e consolazione. Posso attestare che in tanti, durante la confessione, fanno riferimento alle parole di papa Francesco, trovando in esse, come nella sua persona, un motivo in più per continuare a fidarsi di Dio nella loro vita».

Perché, secondo lei, in un tempo di calo della frequenza religiosa i santuari mariani continuano ad attrarre folle numerose?

«La figura di Maria ha sempre affascinato il cuore degli uomini. L’uomo, il fedele, in Lei ha avuto una creatura che, a differenza di un santo o una santa, ha semplicemente vissuto da donna senza doti eccezionali. Il Vangelo, in fondo, ce la fa conoscere così: con certezze e dubbi, ripensamenti e scelte fatte di fiducia verso Dio, fino a vivere da madre l’esperienza tragica del dolore. Il nostro conterraneo e grande vescovo di Molfetta, don Tonino Bello, proprio per questo l’ha chiamata "donna feriale" ma nello stesso amica tenera e confidente, madre premurosa e universale, mediatrice splendida e straordinaria. E se oggi è così tanto amata e cercata, è proprio perché nel corso dei secoli della Chiesa Lei si è presentata in questo modo».

Antonio Sanfrancesco

 

4. Cristianesimo, Islam, Ebraismo: tutti rispettano la Madre di Gesù

 

Perché non possiamo dirci cristiani senza essere anche mariani? E qual è l’importanza di Maria nelle altre due grandi religioni monoteiste, l’ebraismo e l’Islam. Lo abbiamo chiesto don Andrea Pacini, teologo ed esperto di dialogo interreligioso.

“Maria è una figura fondamentale nel cristianesimo perché quando professiamo la nostra fede in Gesù Cristo incarnazione di Dio non possiamo non far riferimento a colei che ha accolto la proposta di Dio di diventare madre di Suo Figlio”.

-Che  ruolo ha Maria nei confronti dei credenti?

“ In primo luogo è un modello di fede. La sua maternità non si è compiuta con l’Annunciazione, ma con l’aver concretamente esercitato il suo ruolo materno nei confronti di Gesù . E la sua  fede è stata continuamente sollecitata ad aprirsi dalla comprensione dell’identità più profonda di Suo Figlio. Non a caso il teologo von Balthasar dice che il sì dell’Annunciazione trova il suo compimento nel sì che Maria pronuncia sotto la Croce. E’ quindi un esempio  per ogni credente a vivere una fede che sia disposta a crescere e ad accettare anche le novità, a volte anche contraddittorie, dolorose, che il Signore pone alle nostre vite. Bisogna quindi evitare di pensare a Maria come a una donna che aveva già capito tutto fin dall’inizio. Il Vangelo non ci dice questo. Il secondo ruolo di Maria è quello di intercessione fra noi e Dio: essendo madre di Cristo, diventa madre anche di tutti noi  e quindi ci avvicina a Lui attraverso la preghiera”.

- Esistono  anche forme di devozione “distorta” che portano a mettere Maria e Gesù sullo stesso piano se non addirittura su un piano superiore?

«E’ vero che nella devozione e, qualche volta, anche nella teologia cattolica ci sono dei rischi in questo senso.  Ma il Concilio Vaticano II  è chiarissimo: non si può parlare di “corredenzione” da parte di Maria. L’unico mediatore salvifico tra Dio e gli uomini è Gesù Cristo».

 

- Passiamo al rapporto tra Maria e le altre due grandi religioni monoteiste, l’ebraismo e l’Islam.

«Nell’ebraismo assistiamo  a un rinnovato interesse nei confronti di Gesù, considerato ovviamente solo come figura storica, che ha portato di riflesso anche a una maggiore considerazione nei confronti della sua famiglia e quindi di sua madre Maria. Si tratta quindi di un interesse rivolto a un contesto molto limitato. Diverso è il caso dell’Islam, che fatto propri, rielaborandoli, elementi delle altre due religioni che l’hanno preceduto storicamente.  Anche Maria trova posto nel Corano dove si parla della nascita virginale del profeta Gesù.  Detto questo, non si può dire che all’interno dell’Islam “ufficiale” esista una devozione a Maria perché l’unica devozione ammessa è verso Dio. Però esiste anche un Islam più “popolare” , quello più legato alle confraternite, in cui trova spazio anche una venerazione per Maria. Io stesso ho visto delle donne musulmane in pellegrinaggio nel santuario mariano di Saydnaya, in Siria, gestito dalla Chiesa ortodossa, soprattutto per chiedere la grazia di una gravidanza”.


Eugenio Arcidiacono

 

5. Maria, così nella storia del cinema

 

Per trovare la Madre, nel cinema, bisogna cercare il Figlio. Con l’obiettivo di raccontare Gesù molti registi hanno dovuto, infatti, confrontarsi obbligatoriamente anche con la figura di Maria e restituirne una personale prospettiva mariana. Pier Paolo Pasolini scelse la propria madre per ottenere l’aderenza visiva che egli cercava ne Il vangelo secondo Matteo nel 1964. Susanna Colussi interpretò la Maria più anziana che conclude il film si recandosi con altri alla tomba del Figlio e non trovandolo più avvolto nel sudario. E’ una Maria, quella che conobbero i mille cardinali (i padri conciliari) portati con trenta taxi da S. Pietro al cinema Ariston di piazza Cavour, che vive la disperazione della crocifissione del Figlio con tutto il suo corpo, lo stesso che lo aveva accolto.

Un altro film di grande impatto sul pubblico come La Passione di Mel Gibson del 2004 ci propone una madre, Maia Morgenstern, dalle fisionomie più pittoriche ed arginata nell’ora del dolore.

E’ una donna che esprime una sofferenza indicibile ma più composta, quasi trattenuta ed affidata soprattutto al registro espressivo del suo volto. Malgrado la sua conclamata crudezza, nel suo caso Gibson lascia spazio anche ad inserti di tenerezza che mostrano molti anni prima una Maria mamma soccorrere il suo bambino caduto sui gradini che ora lo portano, senza via di scampo, al Calvario. Tutt’altra prospettiva quella offerta da Guido Chiesa che sceglie, invece, come pochi nel mondo del cinema di interrogarsi sul Vangelo proprio a partire da Maria e il suo maternage. Lo fece anche il film francese Marie de Nazareth di Jean Delannoy. Il modo di abitare la maternità diviene nell’opera di Chiesa, Io sono con te, un autorevole introduzione ed accompagnamento alla straordinarietà di Cristo. Le ordinarie premure di una mamma che sa dosare libertà ed accudimento entrano, quindi, a pieno titolo nella Storia che cambiò il mondo. Io sono con te consente ad ogni madre di percepire la sacralità della sua vocazione attraverso la competenza delicata ed ugualmente salda della ragazza di Nazareth che fin dal suo parto, giovanissima, sapeva cosa fare anticipando, dentro alle vicende di una famiglia, quel futuro “Tutto è compiuto”.


Arianna Prevedello

 

6. Internet: notizie, approfodimenti, ma anche la recita del Rosario

 

Myrhiàm, il nome aramaico di Maria, la madre di Gesù trova spazio anche su Wikipedia, la libera enciclopedia della Rete che ormai è diventata punto di riferimento autorevole per quanti eseguono ricerche in Internet e bussola utile a tratteggiare i contorni di questa fisionomia così cara al culto cristiano. La parte del leone la fanno i siti sorti spontaneamente dalla pietà popolare o fanno riferimento a santuari più o meno noti. Siticattolici.it, lista aggiornata delle pagine web generate in ambito cattolico, ha indicizzato 500 siti relativi a santuari, mentre con la chiave di ricerca "Maria" restituisce oltre 1900 risultati e alla voce "Madonna" corrispondono quasi 400 siti. Vi sono poi veri e propri portali dedicati ad elenchi di santuari in Italia e nel mondo, spesso indicati anche negli itinerari turistici come luoghi di riposo e benessere.

Google, alla voce “rosario”, indicizza oltre duecentomila voci che vanno dalla spiegazione più semplice della nota preghiera mariana alla vendita online del “rosario elettronico”, un piccolo apparecchio che recita misteri e preghiere tenendone il conto e alternandosi alla voce della persona che lo utilizza. Vi sono poi riferimenti più istituzionali, come il sito della Pontificia accademia mariana internazionale (pami.info) o la Pontificia accademia dell’Immacolata (accademiaimmacolata.it), un circolo giovanile che fa riferimento alla Santa sede e si occupa anche di pastorale con uno specifico sguardo mariano.  Non si contano i siti che trattano di apparizioni, presunti messaggi, segreti già rivelati o ancora custoditi.

In questi casi il cybernauta è avvisato: è bene usare la massima prudenza. Gran parte di queste pagine web sono scritte esclusivamente a titolo personale e spesso contengono affermazioni distorte e inventate che rischiano di creare  confusione e smarrimento negli utenti. Ai cristiani cattolici viene chiesto di credere a quanto è stato rivelato su Maria dalla Sacra scrittura e a ciò che è stato consegnato dal magistero della Chiesa, tutto il resto fa parte di quelle rivelazioni private verso le quali non c'è nessun obbligo. Da una semplice ricerca sul “ranking” dei siti, una sorta di indice di popolarità, sembra siano molti più gli utenti che si affannano a indagare notizie su segreti non ancora rivelati di quanti cercano brani biblici o documenti ufficiali. L’esortazione apostolica "Marialis cultus", ad esempio, scritta da papa Paolo VI per fornire indicazioni chiare sul culto mariano, non è certo difficile da trovare in Rete ma, probabilmente, ce ne si è dimenticati troppo presto. (clicca qui perleggerlo nella versione integrale). 

Marco Sanavio

Dossier a cura di Alberto Chiara

© Famiglia Cristiana, 30 maggio 2013


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