Pasqua: liberazione dell’uomo ed alleanza con Dio
Di liberazione e di alleanza la Bibbia parla a più riprese, in molte pagine. Percorrerle tutte non è possibile in questa nostra riflessione; ciascuno però può fare “memoria” di alcune di esse, certamente presenti alla propria mente e al proprio spirito. Ricorderà a se stesso la Pasqua come evento centrale della fede e della vita di ogni cristiano, come vertice della redenzione operata da Cristo per essere il Vivente accanto a noi viventi: Gesù risorto ritorna al Padre, recando con sé tutti noi.
E’ pur vero che fuori delle chiese tutto resta invariato, al di là di un augurio di “Buona Pasqua” scambiato più come atto di buona educazione che come momento di riflessione sincera sul mistero più inaudito della nostra Storia.
Il Natale, con tutte le sue armi di persuasione e di massa – poco importa se, accanto ad un presepio e ad un Bambino che porta a noi i doni messianici, pone un abete pieno di luci e sovrappone un rubicondo Babbo Natale carico di regali – è più celebrato della Pasqua.
Certo, con i segni della Pasqua – croce, spine, chiodi, morte, risurrezione – il consumismo non trova molti spazi, anche se tenta di renderci familiari i simboli dell’horror e festeggia l’Agnello che ha vinto la morte deliziandoci con l’abbacchio al forno o con uova, simbolo della vita che rinasce, confezionate in forme e contenuti diversi per ragioni commerciali.
E allora? E le lunghe liturgie, un po’ estrose ma fascinose, in cui Cristo entra nella morte per essere con noi e come noi, perché noi diventassimo come Lui?
Cristo è veramente risorto, suggerendoci “passaggi” dal male al bene?
Non dobbiamo trattare la realtà salvifica della morte e risurrezione di Gesù come storia passata, né come un tipo di presentazione drammatica che possiamo guardare “dal di fuori”, nè come una realtà sacra senza rapporto con la nostra vita quotidiana: commemorare non è ricordare il passato, ma abolire il distacco tra gli avvenimenti del passato e le celebrazioni di oggi, è rendere contemporaneo il mistero che si celebra, è vivere un presente.
Nelle celebrazioni liturgiche dei misteri di Cristo noi siamo con Lui, primo celebrante, costruttori di un avvenire iniziato da Lui: siamo sotto l’effetto del dinamismo di quello che il Figlio di Dio fece ed insegnò per riconciliarci con Dio e fra noi.
Celebrando la Pasqua, sacrificio di Cristo, noi facciamo quanto Egli ha fatto nell’Ultima Cena: ha offerto il pane come suo corpo sacrificato ed il vino come suo sangue versato per l’alleanza.
Quel pane e quel vino avevano anche un significato simbolico.
Il pane azzimo, ossia non fermentato perché l’urgenza di fuggire dall’Egitto nella notte di Pasqua aveva impedito alla pasta di fermentare, richiama il primo momento della Pasqua: la liberazione.
Il vino, che ora si beve, era in uso alla fine della Cena per ricordare l’alleanza di Dio con il popolo alle falde del monte Sinai; un’alleanza sancita con il sangue di un sacrificio.
Liberazione ed alleanza, nel linguaggio biblico, significano due distinti momenti della rivelazione dell’amore di Dio per il suo popolo, che trovano compimento nella Pasqua, dopo il continuo richiamo lungo i secoli: Gesù libera gli uomini dal peccato e dalla morte “passando” da questo mondo al Padre e li unisce al Padre e fra di loro “passando” da altre all’alleanza eterna sancita con il suo sangue (non dimentichiamo che i due alleati intrecciavano le loro vite mescolando poche gocce di sangue).
Che l’augurio di “Buona Pasqua” che ci scambiamo significhi ancòra l’espressione più alta dell’amore di Dio per noi ed il paradigma di ogni nostro rapporto umano.
sac. Giacinto Ardito
Direttore Ufficio Chiesa e Mondo della Cultura