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Preti di strada, vicini alla gente per far sentire Gesù all'umanità

«Preti vicini, che ci sono, che parlano con tutti… Preti di strada. La vicinanza è la chiave dell’evangelizzazione, un atteggiamento-chiave nel Vangelo. Non solo la chiave della misericordia», dice papa Francesco, «ma è anche la chiave della verità»

famcristionline_20180329112030425_2382476.jpgPreti di strada, capaci di stare vicino alla gente, di rendere presente Gesù all’umanità. Papa Francesco, nella messa crismale consacra l’olio degli infermi, l’olio dei catecumeni e quello del crisma. E, nella omelia, si rivolge, come di consueto, al clero presente per tracciare l’identikit del sacerdote. «Un predicatore di strada», spiega Francesco. «Gesù trova il passo e legge con la competenza degli scribi», spiega Bergoglio riassumendo il passo in cui Gesù legge nella sinagoga di Nazareth. «Egli avrebbe potuto perfettamente essere uno scriba o un dottore della legge, ma ha voluto essere un “evangelizzatore”, un predicatore di strada, il “Messaggero di buone notizie” per il suo popolo, il predicatore i cui piedi sono belli, come dice Isaia. Il predicatore vicino».

Ed è nella vicinanza che si riconosce la fedeltà. Una vicinanza che ci fa prossimi. «Questa è la grande scelta di Dio: il Signore ha scelto di essere uno che sta vicino al suo popolo. Trent’anni di vita nascosta! Solo dopo comincerà a predicare. È la pedagogia dell’incarnazione, dell’inculturazione; non solo nelle culture lontane, anche nella propria parrocchia, nella nuova cultura dei giovani…».

Il sacerdote deve essere vicino alla gente, non uno che «non c’è mai». Deve parlare con tutti «coi grandi, coi piccoli, coi poveri, con quelli che non credono… Preti vicini, che ci sono, che parlano con tutti… Preti di strada».  La vicinanza è la chiave dell’evangelizzazione, un atteggiamento-chiave nel Vangelo. «Non solo la chiave della misericordia», dice ancora papa Francesco, «ma anche la chiave della verità».

E la verità, spiega il Papa, «non è solo la definizione che permette di nominare le situazioni e le cose tenendole a distanza con concetti e ragionamenti logici. Non è solo questo. La verità è anche fedeltà (emeth), quella che ti permette di nominare le persone col loro nome proprio, come le nomina il Signore, prima di classificarle o di definire “la loro situazione”. Qui c’è questa abitudine brutta della cultura dell’aggettivo questo è così, questo è colà, no questo è figlio di Dio».

Una vicinanza che ci libera dalla «tentazione di farsi idoli di alcune verità astratte. Sono idoli comodi, a portata di mano, che danno un certo prestigio e potere e sono difficili da riconoscere. Perché la “verità-idolo” si mimetizza, usa le parole evangeliche come un vestito, ma non permette che le si tocchi il cuore. E, ciò che è molto peggio, allontana la gente semplice dalla vicinanza risanatrice della Parola e dei Sacramenti di Gesù».

Il Papa indica Maria come modello di vicinanza, che usa il linguaggio della «cucina» per capire qual è il vino che manca e poter dire, con tempestività, come fece a Cana, «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

«Fate tutto quello che Gesù vi dirà» sono parole, dice Bergoglio ai sacerdoti, che «devono risuonare – in mille modi diversi ma con un medesimo tono materno – nel cuore delle persone con cui parliamo». Parole da tenere a mente in tre ambiti particolari, quello dell’accompagnamento spirituale, della Confessione e quello della predicazione.

«La vicinanza nel dialogo spirituale», spiega Bergoglio, «la possiamo meditare contemplando l’incontro del Signore con la Samaritana. Il Signore le insegna a riconoscere prima di tutto come adorare, in Spirito e verità; poi, con delicatezza, la aiuta a dare un nome al suo peccato senza offenderla; e infine si lascia contagiare dal suo spirito missionario e va con lei a evangelizzare nel suo villaggio. Modello di dialogo spirituale, questo del Signore, che sa far venire alla luce il peccato della Samaritana senza che getti ombra sulla sua preghiera di adoratrice né che ponga ostacoli alla sua vocazione missionaria».

«La vicinanza nella Confessione la possiamo meditare contemplando il passo della donna adultera. Lì si vede chiaramente come la vicinanza è decisiva perché le verità di Gesù sempre avvicinano e si dicono (si possono dire sempre) a tu per tu. Guardare l’altro negli occhi – come il Signore quando si alza in piedi dopo essere stato in ginocchio vicino all’adultera che volevano lapidare e le dice: “Neanch’io ti condanno” – non è andare contro la legge. E si può aggiungere: “D’ora in poi non peccare più”, non con un tono che appartiene all’ambito giuridico della verità-definizione – il tono di chi deve determinare quali sono i condizionamenti della Misericordia divina – ma con un’espressione che si dice nell’ambito della verità-fedele, che permette al peccatore di guardare avanti e non indietro. Il tono giusto di questo “non peccare più” è quello del confessore che lo dice disposto a ripeterlo settanta volte sette».

 Infine «l’ambito della predicazione» ascoltando la prima predica di Pietro rivolta ai lontani. Pietro predica in modo che «il kerygma “trafigge il loro cuore” e li porta a domandare: “Che cosa dobbiamo fare?”. Domanda che, come dicevamo, dobbiamo fare e alla quale dobbiamo rispondere sempre in tono mariano, cioè ecclesiale. L’omelia è la pietra di paragone “per valutare la vicinanza e la capacità di incontro di un Pastore con il suo popolo”. Nell’omelia si vede quanto vicini siamo stati a Dio nella preghiera e quanto vicini siamo alla nostra gente nella sua vita quotidiana».

Se un sacerdote si sente lontano da Dio, «per favore avvicinati al suo popolo, che ti guarirà dalle ideologie che ti hanno intiepidito il fervore», dice il Papa. «I piccoli ti insegneranno a guardare Gesù in un modo diverso. Ai loro occhi, la Persona di Gesù è affascinante, il suo buon esempio dà autorità morale, i suoi insegnamenti servono per la vita. Se tu ti senti lontano dalla gente, avvicinati al Signore, alla sua Parola: nel Vangelo Gesù ti insegnerà il suo modo di guardare la gente, quanto vale ai suoi occhi ognuno di coloro per i quali ha versato il suo sangue sulla croce. Nella vicinanza con Dio, la Parola si farà carne in te e diventerai un prete vicino ad ogni carne. Nella vicinanza con il popolo di Dio, la sua carne dolorosa diventerà parola nel tuo cuore e avrai di che parlare con Dio, diventerai un prete intercessore».

Il questa vicinanza, in questo saper stare davanti, in mezzo e dietro al suo popolo, i sacerdoti si giocano «se Gesù sarà reso presente nella vita dell’umanità, oppure se rimarrà sul piano delle idee, chiuso in caratteri a stampatello, incarnato tutt’al più in qualche buona abitudine che poco alla volta diventa routine».

Annachiara Valle

© www.famigliacristiana.it, giovedì 29 marzo 2018