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San Tommaso, uno di noi: dall'incredulità alla fede

Il suo nome, in aramaico, significa "Gemello". Apostolo, dopo la celebre professione di scetticismo (non credette agli altri discepoli che gli annunciavano la resurrezione di Gesù) esclamò «Mio Signore e mio Dio» allorché il Cristo gli apparve. Secondo la tradizione, Tommaso, seguace tutt'altro che tiepido del Salvatore, evangelizzò Siria, Persia e India

tommaso_1447971.jpgAncor oggi, in India,  a Chennai (l'antica Madras),  una croce con iscrizione in antico persiano del VII secolo, ricorda il luogo dove, si dice, venne ucciso.  San Tommaso si sarebbe spinto molto lontano per annunciare la salvezza portata da Gesù. Discepolo tutt'altro che tiepido, avrebbe evangelizzato Siria e Persia (lo attesta una tradizione che risale almeno a Origene, e dunque collabile attorno al  255 circa). Per un'altra tradizione, più tarda, risalente a san Gregorio Nazianzeno (si aprla del 390),  Tommaso avrebbe raggiunto l'alto corso del fiume Indo, nell'India occidentale, per poi trasferirsi nell'India meridionale, dove morì martire.

Lo incontriamo tra gli apostoli, senza nulla sapere della sua storia precedente. Il suo nome, in aramaico, significa “gemello”. La cosa è rafforzata dal soprannome, Didimo, che significa la stessa cosa in greco.
Ci sono ignoti il luogo di nascita e il mestiere, anche se poteva essere pescatore. Il Vangelo di Giovanni, al capitolo 11, ci fa sentire subito la sua voce. Gesù ha lasciato la Giudea, diventata pericolosa: ma all’improvviso decide di ritornarci, andando a Betania, dove è morto il suo amico Lazzaro. I discepoli trovano che è rischioso, ma Gesù ha deciso: si va. A questo punto interviene Tommaso: «Andiamo anche noi a morire con lui». E’ sicuro che la cosa finirà male; tuttavia non abbandona Gesù: preferisce condividere la sua disgrazia, anche brontolando.

Si fa torto a Tommaso ricordando solo il suo momento famoso di incredulità dopo la risurrezione. Lui è seguace appassionato. Ma credere non gli è facile, e non vuol fingere che lo sia. Dice le sue difficoltà, si mostra com’è, ci somiglia, ci aiuta. Eccolo all’ultima Cena (Giovanni 14): parla come uno un po’ disorientato. Gesù sta per andare al Getsemani e dice che va a preparare per tutti un posto nella casa del Padre, soggiungendo: «E del luogo dove io vado voi conoscete la via». Obietta subito Tommaso, candido e confuso: «Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?». Come un allievo un po’ duro di comprendonio, ma sempre schietto, quando non capisce una cosa lo dice. E Gesù riassume per lui tutto l’insegnamento: «Io sono la via, la verità e la vita».

Quindi ecco Giovanni, capitolo 20: Gesù è risorto; è apparso ai discepoli, tra i quali non c’è Tommaso. E lui, sentendo parlare da loro di risurrezione, esige di toccare con mano. E’ agli altri apostoli e ai discpeoli che parla, non a Gesù. Gesù comunque viene, otto giorni dopo, e lo invita a “controllare”... Ed ecco che Tommaso, il pignolo, vola fulmineo ed entusiasta alla conclusione, chiamando Gesù: «Mio Signore e mio Dio!», come nessuno finora aveva mai fatto. E Gesù, di rimando: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che non videro e tuttavia credettero! ». Tommaso è ancora citato da Giovanni al capitolo 21 durante l’apparizione di Gesù al lago di Tiberiade. Gli Atti (capitolo 1) lo nominano dopo l’Ascensione. Poi più nulla.

Alberto Chiara

© www.famigliacristiana.it, mercoledì 3 luglio 2019