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Santa Marta del 4 aprile. Il Crocifisso è segno dell'amore di Dio

Non portare la croce solo come un simbolo di appartenenza, “un distintivo”, ma guardare al Crocifisso come a “questo Dio che si è fatto peccato” per salvarci

Non portare la croce solo come un simbolo di appartenenza, “un distintivo”, ma guardare al Crocifisso come a “questo Dio che si è fatto peccato” per salvarci. E’ l’esortazione del Papa nell’omelia dell’odierna Messa mattutina a Casa Santa Marta.


Tre volte Gesù nel Vangelo della liturgia odierna dice ai farisei: “Morirete nei vostri peccati”, perché avevano il cuore chiuso e non capivano quel mistero che era il Signore. ”Morire nel proprio peccato è una cosa brutta”, rileva il Papa.

Il serpente di bronzo: chi lo guardava, veniva salvato
Nel dialogo con loro, poi, Gesù ricorda: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io sono e che non faccio nulla da me stesso”. Il riferimento di Gesù è a quanto avvenne nel deserto, narrato dalla Prima Lettura, quando il popolo che non poteva sopportare il cammino, “si allontana dal Signore” e “sparla di Mosè e del Signore”. Arrivano quindi i serpenti che mordono e provocano la morte. Allora il Signore dice a Mosè di fare un serpente di bronzo e innalzarlo su un’asta: chiunque fosse stato morso e lo avesse guardato, sarebbe guarito. Il serpente è il “simbolo del diavolo”, “il padre della menzogna”, “il padre del peccato, quello che ha fatto peccare l’umanità”. E Gesù ricorda: “Quando io sarò innalzato in alto, tutti verranno a me”. Questo è il mistero della croce, dice Francesco. “Il serpente di bronzo guariva” ma “era segno di due cose: del peccato fatto del serpente, della seduzione del serpente, dell’astuzia del serpente; e anche era segnale della croce di Cristo. Era una profezia”, spiega il Papa.

La croce non solo simbolo di appartenenza ma memoria di Dio che si è fatto peccato per amore
Gesù quindi si “è fatto peccato”, come dice San Paolo, e ha preso su di sé tutte le sporcizie dell’umanità, si è fatto innalzare perché tutta la gente ferita dal peccato, lo guardasse. E chi non riconosce in quell’uomo innalzato “la forza di Dio che si è fatto peccato per guarirci”, morirà nel proprio peccato: “La salvezza soltanto viene dalla croce ma da questa croce che è Dio fatto carne. Non c’è salvezza nelle idee, non c’è salvezza nella buona volontà, nella voglia di essere buoni… No. L’unica salvezza è in Cristo crocifisso, perché soltanto Lui, come il serpente di bronzo, significava, è stato capace di prendere tutto il veleno del peccato e ci ha guarito lì. Ma cosa è la croce per noi? Sì, è il segno dei cristiani, è il simbolo dei cristiani. E noi facciamo il segno della croce ma non sempre lo facciamo bene, delle volte facciamo così… Perché non abbiamo questa fede alla croce. Altre volte, per alcune persone è un distintivo di appartenenza: ‘Sì, io porto la croce per far vedere che sono cristiano’. Sta bene quello ma non solo come distintivo, come se fosse una squadra, il distintivo di una squadra: come memoria di quello che si è fatto peccato”.

Altri, poi, portano la croce come un ornamento, alcuni portano croci con pietre preziose per farsi vedere, rileva Francesco:
“Dio disse a Mosè: ‘Chi guarda il serpente sarà guarito’. Gesù dice ai suoi nemici: ‘Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete’. Chi non guarda la croce, così, con fede, morirà nei propri peccati, non riceverà quella salvezza”.

Chiedersi come portiamo la croce
La Chiesa propone dunque un dialogo con il mistero della croce:“Oggi la Chiesa ci propone un dialogo con questo mistero della croce, con questo Dio che si è fatto peccato, per amore a me. E ognuno di noi può dire: “Per amore a me”. E possiamo pensare: come porto io la croce? Come un ricordo? Quando faccio il segno della croce sono consapevole di quello che faccio? Come porto io la croce? Soltanto come un simbolo di appartenenza a un gruppo religioso? Come porto io la croce? Come ornamento? Come un gioiello, con tante pietre preziose, d’oro…? Ho imparato a portarla sulle spalle, dove fa male? Ognuno di noi oggi guardi il Crocifisso, guardi questo Dio che si è fatto peccato perché noi non moriamo nei nostri peccati e risponda a queste domande che io vi ho suggerito”.

Debora Donnini, Radio Vaticana

© Avvenire, martedì 4 aprile 2017

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