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Spiritualità. I santi arcangeli, l'aldiqua e l'aldilà nelle nostre vite

In un volumetto di Antonella Lumini sugli arcangeli, da qualche settimana in libreria, tutto ruota intorno a un’ispirazione durante la preghiera nella grotta di san Michele a Monte Sant’Angelo

Gli angeli ci accompagnano. È davvero difficile non ammetterlo. Se hai letto il racconto dei tre angeli accolti da Abramo alle Querce di Mamre, (Gen 18, 3), ti sei inebriato dei colori dell’omonimo e trinitario dipinto di Chagall e almeno una volta ti sei imbattuto nell’angelo di una Annunciazione di Beato Angelico come fai a dimenticarli? Se hai visto i Cori angelici dell’Assunzione di Signorelli puoi non continuare a sentirne anche la melodia? e magari immaginarli fra cielo e terra come sulla scala del sogno di Giacobbe (Gen 28)? E se di Cori angelici si parla ecco il canto XXVIII del Paradiso di Dante a ricordarli: «...e ciascheduno / più tardo si movea, secondo ch’era / in numero distante più da l’uno; / e quello avea la fiamma più sincera / cui men distava la favilla pura, / credo, però che più di lei s’invera». Perché Dante lo aveva capito: è il loro diretto rapporto con Dio che ce li rende indimenticabili. Al centro della visione dantesca c’è la luce acutissima di Dio e intorno ruotano nove cerchi animati da un’unica forza motrice, l’Amore: più sono vicini più il loro moto si fa veloce e la luce luminosa. La stessa luce che troviamo in un volumetto di Antonella Lumini sugli arcangeli, da qualche settimana in libreria: Il libro degli Arcangeli. Comunicazioni al mondo dei principi celesti (Effatà, pagine 77, euro 12) in cui tutto ruota intorno a un’ispirazione durante la preghiera nella grotta di san Michele a Monte Sant’Angelo. Un dialogo con l’arcangelo, che a tratti raggiunge mistiche vette di spiritualità. E Michele, 'Chi è come Dio', si presenta: «Io sono un ente. Lo Spirito Santo è l’essenza, ma la mia entità è luce luminosa come quella dell’essenza stessa... Per questo la tenebra e l’oscurità davanti a me si rarefanno... Quando arrivo nessuna tenebra può resistere... Il mio sorgere ha trasformato la luce di questo luogo in luce soprannaturale... Se la vedi vuol dire che le appartieni... Stare nella mia luce è necessario al superamento della paura... per vincere il mondo senza combatterlo, piegandolo con la leggerezza dell’amore... Sono io la potenza dell’ira divina, ma non mi infurio, rifulgo». La luce, come una fiammella, resta sempre accesa nei cuori, può però finire nascosta, subissata dalle tenebre della nostra superficialità. Ma se solo rientri nel cuore e la ravvivi allora anche tu sei in grado di percepirla portata dall’angelo e farla tua per sconfiggere ogni tenebra. «Vieni attraverso il cuore - invita Michele - perché il cuore è la radice sempre radicata qui, nella luce... Tutti appartengono alla stessa casa d’origine, ma non tutti lo sanno e pensano di essere altrove. La libertà necessaria alla pienezza comporta l’attraversamento di questo inganno...». E poi c’è Raffaele, 'Medicina di Dio', colui che insegna a Tobia a guarire la malattia e cacciare il Maligno; e c’è Gabriele, 'Forza di Dio' e potenza del Suo annuncio. Michele, Raffaele e Gabriele sono i tre arcangeli riconosciuti dalla tradizione cattolica. Lumini parla anche di Uriele, 'Luce di Dio', che non compare nei testi biblici, ma in alcuni apocrifi nel Vecchio e del Nuovo Testamento e in testi rabbinici. Solo in questi ultimi, invece, si parla di un quinto arcangelo, Metatron. Tornando nella Commedia troviamo la delicata descrizione che san Bernardo fa di Gabriele arcangelo: «Baldezza e leggiadria / quant’esser puote in angelo ed in alma, / tutta è in lui; e sì volem che sia, / perch’elli è quelli che portò la palma / giuso a Maria, quando ’l Figliuol di Dio / carcar si volse de la nostra salma» (Paradiso, XXXII). Dopo questa visione 'annunciatrice' Bernardo rivolge alla Vergine la magnifica preghiera che apre il canto XXXIII, in un contesto poetico-visionario reale, misticamente reale. E in questo mondo di amore generatore di luce e che si trasmette attraverso la luce non è certo un caso che siano gli angeli ad annunciare l’intervento di Dio nella realtà umana. Così Giacobbe dopo aver visto la scala si trova a parlare con Dio stesso e fra lo stupefatto e l’intimorito commenta: «Questa è la porta del cielo» (Gen 18, 17). In realtà quello che lui scopre nell’andare e nel venire degli angeli è che la terra non è abbandonata da Dio e il cielo non è la sua dimora inaccessibile. E se fosse per questo, in fondo, che Dante si mette in cammino: mostrare al mondo che fra l’aldiqua e l’aldilà è come un tutt’uno? Dire che il cielo, anche nelle sue massime sfere, ha a che fare con la terra e la terra, anche nei suoi bassifondi, può contare sulle risorse del cielo. La preghiera di Bernardo alla Vergine lo conferma: «Tu sei colei che l’umana natura nobilitasti sì che’l suo fattor non disdegnò di farsi tua fattura». Cosa ci può essere di più bello nella vita di un essere umano? Lui come me, io come Lui! Nella sua stessa luce. Chi non lo comprende, come dice l’arcangelo nel libro di Lumini, è traviato dall’inganno e per questo vive nella notte e nel timore dell’abbandono. Il compendio del Catechismo della Chiesa cattolica lo ricorda: «Gli angeli, contemplando incessantemente Dio faccia a faccia, Lo glorificano, Lo servono e sono i suoi messaggeri nel compimento della missione di salvezza per tutti gli uomini».

Roberto I. Zanini

© Avvenire, mercoledì 29 settembre 2021

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