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Udienza. Papa sui migranti: è la tragedia più grande dopo la II Guerra mondiale

La catechesi su perseveranza e consolazione: «Dio si prende cura di noi, ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua bontà». L'appello per l'acqua, bene di tutti

«Non dimentichiamo che la tragedia che stanno vivendo i migranti oggi è la più grande dalla fine della Seconda Guerra Mondiale!». Così si è espresso papa Francesco, al termine dell'udienza generale, salutando i direttori Migrantes e incoraggiandoli a «proseguire nell'impegno per l’accoglienza e l’ospitalità dei profughi e dei rifugiati, favorendo la loro integrazione, tenendo conto dei diritti e dei doveri reciproci per chi accoglie e chi è accolto».

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Papa Francesco ha proseguito il ciclo di catechesi incentrato sulla speranza. Il testo integrale è pubblicato dal sito della Santa Sede.

Sulla scorta della lettera di san Paolo ai Romani, il Papa ha declinato la speranza a partire da due parole: la perseveranza e la consolazione. La prima è stata definita da papa Francesco come «la capacità di sopportare pazientemente, ma anche di saper portare sulle spalle, di rimanere fedeli, anche quando il peso sembra diventare troppo grande, insostenibile, e saremmo tentati di giudicare negativamente e di abbandonare tutto e tutti». La consolazione, invece, è, secondo papa Francesco, la grazia di saper cogliere e mostrare in ogni situazione, anche quelle segnate da sofferenza e delusione, la «presenza e l'azione compassionevole di Dio».

«La Parola di Dio, in primo luogo, ci porta a volgere lo sguardo a Gesù - ha proseguito il Papa -, a conoscerlo meglio e a conformarci a Lui, ad assomigliare sempre di più a Lui. In secondo luogo, la Parola ci rivela che il Signore è davvero il Dio della perseveranza e della consolazione, che rimane sempre fedele al suo amore per noi e che si prende cura di noi, cioè che è perseverante nell'amore con noi, non si stanca di amarci è perseverante, sempre ci ama, si prende cura di noi ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua bontà e della sua misericordia, cioè ci consola».

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Il Papa poi torna sull'affermazione iniziale dell’Apostolo Paolo: «Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi». La nostra forza - ha ribadito Francesco - non viene da noi, ma dal Signore. «Chi sperimenta nella propria vita l’amore fedele di Dio e la sua consolazione è in grado, anzi, in dovere di stare vicino ai fratelli più deboli e farsi carico delle loro fragilità. e noi siamo vicini al Signore avremo quella fortezza per essere vicini a chi ha bisogno. E può farlo senza autocompiacimento, ma sentendosi semplicemente come un “canale” che trasmette i doni del Signore; e così diventa concretamente un “seminatoredi speranza ed è questo che il Signore ci chiede, con quella fortezza e quella capacità di consolare, essere seminatori di speranza».

Il frutto di questo stile di vita - ha sottolineato il Papa - «non è una comunità in cui alcuni sono di “serie A”, cioè i forti, e altri di “serie B”, cioè i deboli. Il frutto invece è, come dice Paolo, “avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull'esempio di Cristo Gesù”. La Parola di Dio alimenta una speranza che si traduce concretamente in condivisione, in servizio reciproco».

«Anche chi è “forte” si trova prima o poi a sperimentare la fragilità e ad avere bisogno del conforto degli altri; e viceversa nella debolezza si può sempre offrire un sorriso o una mano al fratello in difficoltà». Tutto questo è possibile se si mette al centro Cristo e la sua Parola, perché Lui ci dà speranza e consolazione. È Lui, solo Lui, il “fratello forte” che si prende cura di noi, ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua bontà e della sua misericordia: tutti infatti abbiamo bisogno di essere caricati sulle spalle dal Buon Pastore e di sentirci avvolti dal suo sguardo tenero e premuroso».

L'appello del Papa per la giornata mondiale dell'acqua

«Sensibilizzare alla necessità di tutelare l'acqua come bene di tutti, valorizzando anche i suoi significati culturali e religiosi». Lo ha chiesto papa Francesco in occasione dell'odierna Giornata mondiale dell'acqua. «Rivolgo - ha detto all'udienza generale - il mio cordiale saluto ai partecipanti al convegno sul tema: “Watershed: Replenishing Water Values for a Thirsty World”, promosso dal
Pontificio Consiglio per la Cultura e dal Capitolo Argentino del Club di Roma. Proprio oggi si celebra la Giornata Mondiale dell'Acqua, istituita 25 anni fa dalle Nazioni Unite, mentre ieri ricorreva la Giornata Internazionale delle Foreste». «Mi rallegro - ha aggiunto - di questo incontro, che segna una nuova tappa nell'impegno congiunto di varie istituzioni». «Incoraggio in particolare - ha poi concluso Francesco rivolto ai partecipanti al Convegno che si tiene in Vaticano - il vostro sforzo nel campo educativo, con proposte rivolte ai bambini e ai giovani. Grazie per quanto fate, e che Dio vi benedica!».
 
I.Sol.
 
© Avvenire, mercoledì 22 marzo 2017
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