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Comandamenti per la pace, ecco il decalogo

Monsignor Angiuli: «Solo il dialogo tra le culture può consentire l'incontro tra i popoli»

Parafrasando la nota canzone di Gianni Morandi si potrebbe dire che anche la pace ha i suoi comandamenti. Primo. Verità indubitabile è che il sentiero della pace è differente dal sentiero della guerra. Si tratta di due vie che, come due rette parallele, non si incontrano mai. La Sacra Scrittura parla della via della benedizione e della via della maledizione (cfr. Dt, 30, 15-20). La pace è la via della benedizione, la guerra è la via della maledizione. Secondo. Non ci sono ragioni che giustificano la guerra. Le ragioni della pace hanno sempre il primato. Dichiarare la guerra è sempre un atto irragionevole. Terzo. Occorre partire dal presupposto che chi ha a cuore il bene dell’umanità è certamente un costruttore di pace. Non si può catalogarlo, in senso spregiativo, come un pacefondaio sotto le cui mentite spoglie si nasconderebbe un guerrafondaio, ma bisogna definirlo semplicemente come un sincero amante della vita. Quarto. Non è in discussione né la legittima difesa, né l’uso delle armi in caso di aggressione, e nemmeno la distinzione tra chi è invasore e chi è invaso. Ciò che è in discussione è se si fa tutto il possibile per evitare lo scoppio della guerra e per fermarla quando malauguratamente accade. In altri termini, se si crede che il dialogo e la diplomazia siano le «armi» della pace o se si crede che la deterrenza sia l’unica via percorribile.

Quinto. Bisogna mettere da parte l’idea di una superiorità di una cultura di fronte a un’altra e abbandonare la retorica di intraprendere la guerra per esportare i valori democratici. O i valori si affermano per la loro forza intrinseca o si cade in contraddizione imponendoli con le armi. Solo il dialogo tra le culture può consentire l’incontro tra i popoli ed evitare lo scontro delle civiltà. Sesto. Bisogna piangere gli innocenti che muoiono in tutte le guerre. Non è umanamente giusto versare lacrime per gli uni e rimanere impassibili di fronte agli altri. Tutti hanno diritto alla pietà umana. Almeno di fronte alla morte, gli uomini sono tutti uguali. Settimo. Il dovere di accogliere i profughi e le persone indifese è un dovere universale, vale sempre e per tutti. Non ci sono profughi di serie A e profughi di serie B, persone che devono essere accolte e persone che non hanno lo stesso diritto. Ottavo. Non ci sono nemmeno orrori di serie A che vanno condannati e orrori di serie B che devono essere coperti dal silenzio. La corsa al riarmo nucleare è sempre un orrore e coloro che usano le armi nucleari, in passato, nel presente e nel futuro, sono tutti criminali, senza distinzione alcuna. Nono. Se, come afferma Papa Francesco, è in corso una «terza guerra mondiale a pezzi», perché non si parla e non si mostrano le altre facce di questa guerra mondiale? Perché ci sono guerre nascoste e guerre trasmesse in diretta Tv? Forse solo perché toccano più da vicino interessi vitali?

Decimo. Sono da condannare non solo le guerre combattute con le armi, ma anche quelle personali e sociali combattute con le parole, i sentimenti e l’ostracismo mediatico. Nel nostro tempo, si utilizza non solo la prigione fisica, ma anche la gogna mediatica, l’inquisizione laica e il sorrisetto altezzoso e sprezzante da parte di chi, ritenendosi portatore di una sapienza superiore, sottopone a derisione chi esprime visioni culturali non in linea con il pensiero unico o, come sovente afferma Papa Francesco, con le cosiddette colonizzazioni ideologiche.

Mons. Vito Angiuli

© www.lagazzettadelmezzogiorno.it, sabato 26 marzo 2022

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