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Con la Vergine, dal Golgota alla Pentecoste: il volto materno della Chiesa nascente

Una riflessione mariana di monsignor Giuseppe Liberto, già direttore del coro della Cappella Sistina (più propriamente: Cappella musicale pontificia Sistina)

Giovanni, nel suo Vangelo, narra la passione e morte di Gesù con l’intento di mostrare quel supplizio non solo come strazio fisico dell’uomo, ma anche come dimostrazione della regalità del Messia, mettendo così in luce il capovolgimento in cui si rivela l’agàpe di Dio. La croce del Golgota è il trono glorioso di un regno che non avrà fine: regnavit a ligno Deus, cantiamo nel celebre inno di Venanzio Fortunato. L’autore mette in evidenza non tanto la passione e la morte di Cristo, quanto la sua Croce che, da strumento di morte, quasi trono regale, assurge a segno di vittoria. Tutto si compie nel silenzio. Gesù, con sovrana maestà, si comporta da re annunziando il futuro del suo Regno. Si sottomette liberamente ai diabolici poteri e alla falsa sapienza del mondo. Gli viene tolto tutto: la libertà, le vesti e la vita. Quel che gli resta è lui stesso a donarlo: il suo Spirito al Padre e la sua Madre agli uomini. Morto, diventa già sorgente di vita e di salvezza per chi volgerà lo sguardo su di lui.  Il dono d’amore fa così sbocciare la Vita, mentre Maria diviene Madre per l’amore del Padre che dona il Figlio e per l’amore del Figlio che si dona a noi.  

Ai piedi della croce, troviamo il piccolo gruppo di cinque fedeli. Gesù, straziato dai dolori, affida il discepolo che amava a sua madre e sua madre al discepolo che amava (cf Gv 19,25-27). Nel drammatico momento in cui, abbandonato dal Padre, entra nell’estrema agonia, Gesù offre in dono anche la Madre e, restando nella solitudine totale, trasferisce a Maria e al discepolo le sue qualità di figlio e di maestro. La Chiesa, nascendo dal cuore della kénosis, cioè dell’umiliazione, è già pronta a ricevere lo Spirito, l’acqua battesimale e il sangue eucaristico. Giovanni non narra né l’ascensione né la Pentecoste perché questo duplice mistero si compie sotto la croce. Per l’evangelista, Pasqua e Pentecoste coincidono. Il soffio di Gesù, lo stesso che egli aveva emesso spirando sulla croce, simboleggia lo Spirito che realizza la ri-creazione dell’umanità, ed è anche il vincolo che congiunge a Cristo la Chiesa che, con gioia grande, nasce lo stesso giorno della Risurrezione (cf Gv 20,21-23).

Stabat mater dolorosa. La Vergine madre stava in piedi non solo fisicamente, ma come donna forte, colma di potenza, d’intelligenza e d’amore, con gli occhi aperti e pieni di lacrime; affranta dal dolore di madre e carica di coraggio come donna di fede; umiliata col Figlio ma non sconfitta. Anche nel momento in cui il Figlio muore, la terra trema, il sole si spegne e il velo del tempio si strappa, Maria rimane in piedi senza vacillare e in mezzo alla sfiducia universale, pronunziando il suo Credo nel Figlio. Sotto la croce, Maria conferma il suo: “Ecce, ancilla Domini”. Mentre tutti, paurosi e spaventati, fuggono, Lei offre la sua piena disponibilità non solo all’Incarnazione, ma anche alla Redenzione, associandosi al martirio del Figlio. Ai piedi della croce, in comunione con il Fiat che il Figlio grida al Padre, con maestà e serenità, Maria con-celebra il suo “Fiat mihi secundum verbum tuum” dell’accettazione integrale e completa. Nel silenzio del dolore, la Figlia del Padre si unisce alla Redenzione come Vergine Madre del Redentore.

Già nella profezia di Simeone è annunciato che Maria, la figlia di Sion, nella sua vita assieme al figlio, porterà il drammatico destino del suo popolo. Dopo la benedizione, Simeone si rivolse a Maria e le disse che anche a lei una spada avrebbe trafitto l’anima (cf Lc 2, 33-35). Nella spada che trafiggerà il cuore della Vergine Madre c’è tutto il mistero della Parola che, come spada a doppio taglio, sarebbe penetrata nel cuore di Maria. La spada trafigge il cuore per renderlo aperto ad accogliere la Parola.

Maria di Nazaret, che apre e chiude la storia evangelica, è presentata nell’annunciazione, prima del Figlio, dopo la sua ascensione appare al momento conclusivo dell’opera salvifica di Gesù. La prima volta che la Chiesa nascente si manifesta radunata, Maria è già in mezzo ad essa. Al vertice dell’Assemblea c’è Pietro, ma il cuore e la mente di tutti sono rivolti alla Madre del Signore. Al centro della Chiesa nascente, Maria non ha un’immediata missione apostolica, perché solo gli apostoli sono inviati nel mondo a predicare il Vangelo, a battezzare e a fare discepoli tutte le genti. La sua presenza in mezzo al gruppo, ancora pauroso e timido, non risponde solo a esigenze “familiari”, ma tocca un momento della sua missione sulla terra.

Nell’incarnazione, Maria è stata la diretta collaboratrice dello Spirito Santo per attuare il piano di Dio per la salvezza del mondo. Nella Pentecoste, Maria non può mancare perché è il momento in cui lo Spirito si appresta a donare vita a quella Chiesa che dovrà poi continuare sulla terra l’opera di Cristo e prolungare nel tempo il disegno di salvezza. Nata al mattino di Pasqua, la Chiesa, a Pentecoste, fa il suo solenne ingresso ufficiale nella storia e nella vita dei popoli. Per tale attesa, gli apostoli sono radunati nel Cenacolo e Maria è in mezzo a loro. Incarnazione e Pentecoste: il medesimo Spirito, Soffio soave del Padre, compie le mistiche Nozze tra l’Umiltà di Dio e la glorificazione dell’uomo. Esse sono collegate tra loro da Maria, Madre di Cristo, Madre del Corpo di Cristo.

Maria, dunque, è al centro dell’Incarnazione con un ruolo unico e personale. È al centro della Pentecoste come Vergine che accoglie, come Madre orante, come Sposa che ama e dialoga con la Trinità e con l’umanità. Nella Pentecoste, Maria è la Vergine dell’ascolto e dell’accoglienza. Prepara gli apostoli e i discepoli alla venuta dello Spirito Santo per poterlo ricevere con l’entusiasmo della purezza di cuore. Essi riascoltano in lei le divine parole custodite nel cuore. La figura e l’insegnamento del Maestro sono presentati dalla Discepola più attenta e più perfetta preparando così quello che lo Spirito avrebbe detto loro venendo dall’alto. Il soffio dello Spirito è strettamente legato alla morte e risurrezione di Gesù. È evidente che Maria non vuole sostituirsi né al Figlio, fondamento e Capo della Chiesa, né all’opera vivificante dello Spirito. Non pretende neanche di sostituirsi agli Apostoli, rappresentanti ufficiali di Cristo e da lui inviati nel mondo: la Madre di Gesù, infatti, non fa parte della Gerarchia. Anche se è la Regina degli Apostoli, non evangelizza, non consacra, non comanda, però è lei che ha incarnato il Verbo per opera dello Spirito Santo e lo ha donato al mondo. Ha vissuto in pieno la Parola e ora prepara gli apostoli ad accogliere, ascoltare, custodire, interpretare il Verbo e a ricevere quello stesso Spirito che Lei ha ricevuto nell’Incarnazione. Negli Atti degli Apostoli, san Luca ci racconta che prima del giorno della Pentecoste, gli apostoli “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui” (At 1,14). Modelli di preghiera nella Chiesa, essi pregano per la Chiesa.

Sappiamo bene che, se l’unico Mediatore è Cristo, quella di Maria è una “mediazione partecipata” e una “funzione subordinata” (RM 38). La mediazione materna di Maria è per natura sua “intercessione” (RM 21). In qualità di Madre della Chiesa, Maria esercita la sua mediazione materna manifestata attraverso la sua continua intercessione. A Cana è Maria che, attenta ai bisogni degli sposi, intuisce, previene e decide: “Non hanno vino”. Intercede presso il Figlio e dice ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,1-5). La preghiera di Maria per noi esige la nostra disponibilità a compiere la volontà di Dio in noi. Maria, nella Chiesa nata con la Pasqua, è la Madre di Dio che, in atteggiamento orante, personifica la Chiesa nel suo mistero d’intercessione, porta il mondo nella sua preghiera, lo copre con la sua protezione materna e presenta al Figlio i bisogni dell’attesa.

O Maria,

Donna ammantata di sole

coronata di dodici stelle,

noi ti contempliamo come Sorella e Madre

non ci abbandonare nei drammi della vita.

Sorella amorosa,

soccorrici benigna,

Tu che con noi dividi

la carne e il sangue

le fatiche e i sudori

il buio della fede

e il silenzio di Dio.

Tu, partecipe d’ogni nostro dolore

Tu, fonte d’ogni nostra gioia,

Madre misericordiosa,

intercedi per noi

presso il Figlio tuo,

l’amato Gesù

                                                                                                                                              Monsignor Giuseppe Liberto

© www.famigliacristiana.it, venerdì 10 aprile 2020

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