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Cristo, Servo e Signore: contempliamo il suo amore

L’inno a Cristo, che qui si trascrive, in pochi versetti celebra il cammino della sua esistenza percorso per amore, e manifesta la sua identità di persona “pari a Dio” e “uguale agli uomini”

7343895.jpgEccone il testo:

«Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre».

(Lettera di S. Paolo ai cristiani di Filippi, cap.2, versetti 6-11)

 

Il cammino di Gesù è completo: preesistenza, incarnazione, vita terrena, morte in croce, esaltazione. Due strofe, di cui la prima racconta l’abbassamento, la seconda l’innalzamento; la prima motiva la seconda: l’abbassamento è la ragione della esaltazione.

L’inno mostra la qualità nuova del potere universale di Gesù, che è, e non può non essere, il potere dell’amore nella adesione totale alla volontà di Dio manifestata nella Parola. A Gesù appartiene una condizione divina (è suo diritto), essendo Dio egli stesso. Ma Egli non ha tenuto gelosamente per sé i suoi diritti divini; ha ragionato invece, dall’inizio alla fine della sua vita, in termini di solidarietà, di condivisione, di donazione sino alla morte.

In tal modo il dono di sé, che è il modo di ragionare e di manifestarsi di Dio, diventa l’essere e l’agire di Gesù, identico agli altri nella natura, nell’aspetto, nel comportamento: una condizione sociale inferiore agli altri (“servo” è detto nell’inno!), un atteggiamento religioso di sottomissione e di servizio a Dio e agli uomini, accompagnato dalla fiducia come di chi si sente bisognoso e non sa a chi altro appoggiarsi.

L’inno, in sintesi, manifesta un Dio del tutto insospettato, solidale con chi soffre, spogliato della sua condizione divina sino al limite estremo della Croce per assumere la condizione di servo. Tutto sarebbe assurdo, se la conclusione (“per questo Dio lo esaltò e donò un nome al di sopra di ogni altro”) non fosse l’esaltazione di Colui che fu crocifisso.

Un inno, ma si tratta di un evento vero, di una magnifica storia d’amore, vissuta giorno dopo giorno in una famiglia della Palestina con semplicità facendo il carpentiere e conclusasi in modo ingiurioso sulla croce. 

Questo contempleremo nei giorni della Settimana Santa, possibilmente non da semplici spettatori, ma con l’impegno di compiere anche noi lo stesso cammino, così come San Paolo all’inizio dell’inno suggerisce: “Abbiate gli stessi sentimenti, fondati sul fatto che siete uniti a Cristo”.

 

sac. Giacinto Ardito

Direttore Ufficio Chiesa e Mondo della Cultura