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IV Domenica di Avvento anno B. Gesù, l’uomo che solo Dio poteva darci

L’attesa del Messia nutrita da generazioni e generazioni di credenti giunge al suo termine. Quale paradosso: una dichiarazione solenne, un grande annuncio fatto a una giovane e umile ragazza di uno sconosciuto villaggio della Galilea! Gesù sarà il nome del nascituro: Jehoshu’a, “il Signore salva”. A Maria spetterà imporgli questo nome: non saranno però né lei né Giuseppe a sceglierlo, ma il Nome gli è dato da Dio stesso tramite l’angelo, perché esso è vocazione, è missione, racchiude l’identità di Gesù, Figlio dell’Altissimo, Figlio di Dio, un uomo che solo Dio poteva darci

La quarta domenica di Avvento, che cade sempre all’interno delle ferie maggiori di Avvento, ci narra l’azione di Dio in una donna, Maria di Nazaret: davvero “grandi cose ha fatto in lei il Potente” (cf. Lc 1,49)! Il famosissimo brano dell’annunciazione dell’angelo a Maria, celebrato da innumerevoli opere d’arte, presenta l’evento che prelude alla venuta del Messia nella carne: il suo concepimento, l’inizio della sua vita mortale. E tutto avviene come compimento puntuale di una parola di Dio, perché egli realizza sempre le sue promesse.

Il racconto si apre con la precisazione “al sesto mese”, il che costituisce l’aggancio con l’annuncio dell’angelo a Zaccaria (cf. Lc 1,5-25). Quando Elisabetta porta ormai da sei mesi in grembo il bambino annunciato dall’angelo, Giovanni, lo stesso “angelo Gabriele è mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret”. Era stato inviato da un sacerdote a Gerusalemme, nel tempio, nell’ora dell’offerta dell’incenso; ora invece è inviato alla periferia della terra santa, in una città minuscola, in una regione spuria abitata da molti pagani e perciò vista con diffidenza. “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46), si chiederà non a caso Natanaele.

Il messaggero è Gabriele, che nel libro di Daniele annunciava l’unzione di un Santo dei santi alla fine di settanta settimane, la presenza di un Unto da Dio, di un Messia (cf. Dn 9,24-27). Sì, per Luca il tempo delle settanta settimane si è compiuto, è finita l’attesa, è giunta la pienezza dei tempi. L’angelo Gabriele è dunque inviato a una donna, Maria, “vergine, promessa sposa di Giuseppe un uomo della casa di David”, stirpe da cui doveva venire il Messia.

Entrando nella sua casa, Gabriele le dice: “Rallegrati (chaîre, da chará, gioia), tu che sei stata colmata dalla grazia”. Maria è salutata con le parole rivolte dai profeti al popolo di Dio, alla figlia di Sion, cioè un invito alla gioia escatologica: “Rallegrati, perché sto per annunciarti la buona notizia, il Vangelo”. È definita kecharitoméne, ossia donna colmata dalla grazia, totalmente sotto l’influsso della cháris, della benevolenza gratuita ed efficace di Dio. Per questo il messaggero aggiunge: “Il Signore è con te”, saluto che riecheggia e riattualizza quelli rivolti alla figlia di Sion, personificazione della comunità dei credenti dell’antica alleanza, degli ’anawim, quei poveri che speravano solo nel Signore. In particolare, le sue parole ricordano due oracoli:

Rallegrati, figlia di Sion …
Re d’Israele è il Signore in mezzo a te,
tu non temerai più alcuna sventura.
Non temere, Sion …
Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te
è un salvatore potente (Sof  3,14-17).

Rallegrati, esulta, figlia di Sion,
perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te.
Oracolo del Signore (Zc  2,14).

Maria è profondamente turbata, sia per quella visita sia per il contenuto del messaggio, che non sa decifrare. Ella pensa, medita, si interroga, vuole fare discernimento di quella parola. È la reazione tante volte testimoniata nei racconti delle annunciazioni: la venuta di Dio, l’ascolto della sua parola indirizzata a un credente turba, causa il timore di Dio, quella sensazione di piccolezza, di umiltà, di indegnità, che conduce all’adorazione. Come già Zaccaria (cf. Lc 1,12), anche Maria è sconvolta dall’improvvisa venuta del Signore, e non sa dove questo incontro la condurrà…

L’angelo allora la rassicura con le parole centrali di questa pagina, da leggere e rileggere, senza mai stancarsi: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”. Quante volte Dio si rivolge così ai suoi chiamati, infondendo loro pace, forza e coraggio! “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo Regno non avrà fine”.

Chi è questo figlio? Colui che Dio aveva promesso tramite il profeta Natan a David (cf. 2Sam 7,8-16). Così la profezia si compie, finalmente si realizza, e nella pienezza dei tempi il figlio di David, ma anche Figlio dell’Altissimo, nasce da Maria: il suo Regno non avrà fine, come ripetiamo ancora oggi nel Credo! L’attesa del Messia nutrita da generazioni e generazioni di credenti e testimoniata ai tempi di Gesù, soprattutto dalla comunità essenica di Qumran, giunge al suo termine. Quale paradosso: una dichiarazione solenne, un grande annuncio fatto a una giovane e umile ragazza di uno sconosciuto villaggio della Galilea! Gesù sarà il nome del nascituro: Jehoshu’a, “il Signore salva”. A Maria spetterà imporgli questo nome: non saranno però né lei né Giuseppe a sceglierlo, ma il Nome gli è dato da Dio stesso tramite l’angelo, perché esso è vocazione, è missione, racchiude l’identità di Gesù, Figlio dell’Altissimo, Figlio di Dio, un uomo che solo Dio poteva darci.

Anche questo annuncio non è di facile comprensione per Maria: è una donna di fede, ma la fede sempre interroga, pone in questione. Non chiede segni, non dubita come ha fatto Zaccaria, che proprio per questo è diventato afono, incapace di parlare per dare testimonianza a Dio (cf. Lc 1,8-20), ma interroga: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Attenzione, l’evangelista non s’interessa alla psicologia di Maria, ma vuole rivelare l’identità di Gesù attraverso il modo del concepimento del bambino. Sì, Maria è vergine, è in una condizione che impedisce la nascita da lei di un figlio. Molte donne nell’Antico Testamento avevano generato un figlio grazie all’intervento di Dio, nonostante la loro condizione di sterilità: Sara, Anna… fino a Elisabetta. C’era un’impossibilità umana a generare, ma la potenza di Dio rivelata nell’annuncio della nascita aveva reso fecondo il grembo di quelle sterili. E così, dopo essersi unite al loro coniuge, anche se sterili, avevano concepito e dato alla luce per grazia, per volontà di Dio. Quei figli solo Dio poteva donarli loro…

In Maria ciò risulta ancora più evidente. Questa giovane è vergine, non conosce uomo, non si è unita al fidanzato Giuseppe (Matteo dirà che “si trovò incinta prima che andassero a vivere insieme”: Mt 1,18), dunque non può assolutamente diventare madre. Maria non chiede all’angelo né garanzie né segni, ma interroga il mistero di Dio affinché le sia indicato il cammino della fede, la strada dell’obbedienza. In tal modo cerca solo di rispondere alla chiamata di Dio. Continua a essere una donna di fede, cioè una donna di ascolto: ha veramente “un cuore capace di ascolto” (1Re 3,9), che accoglie la parola del Signore, la custodisce, cerca di interpretarla, di pensarla, di meditarla (cf. Lc 2,19.51). Con la sua fede interroga l’intelletto, ciò che ha compreso.

L’angelo allora le rivela: “Lo Spirito santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”. Lo Spirito compirà ciò che è impossibile agli umani ma possibile a Dio. È lui il protagonista della nuova creazione: colui che alla creazione del mondo si librava sull’informe e sul vuoto (cf. Gen 1,2) scenderà nell’utero vuoto di Maria e darà inizio alla nuova creazione. Lo Spirito, potenza efficace di Dio, la sua Shekinah, la sua Presenza che dimorava sul monte Sinai e nel Santo dei santi, testimoniata dalla nube che faceva ombra, verrà a porre la sua dimora in Maria, la quale entrerà nell’ombra della potenza di Dio. Lo Spirito scenderà su Maria, nel suo grembo verginale: ed ecco, la Vergine concepirà il Figlio di Dio, il Santo! Così, e solo così, è possibile raccontare la filiazione di Gesù da Dio e da Maria sua madre, di quel Figlio che solo Dio poteva dare all’umanità.

Dio, il celeste, si è fatto terrestre;
Dio, l’eterno, si è fatto mortale;
Dio, l’onnipotente, si è fatto debole;
Dio, il tre volte Santo, si è fatto Emmanuele, Dio-con-noi (cf. Is 7,14; Mt 1,23);
Dio, che è Dio, si è fatto uomo.

Ecco il grande mistero dell’incarnazione, dell’umanizzazione di Dio: Maria di Nazaret appare il luogo in cui il Dio invisibile si è fatto visibile, il sito dove il Dio che non può essere visto si è fatto l’uomo che racconta Dio (exeghésato: Gv 1,18), il Dio-con-noi.

Infine, Gabriele annuncia a Maria un segno: “Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio” (cf. Gen 18,14). Di fronte a questa ulteriore rivelazione dell’angelo, Maria dice semplicemente: “Eccomi!”, ovvero pronuncia il suo “sì” incondizionato. Alle parole abbondanti dell’angelo, replica rompendo appena il silenzio: “Eccomi, sono la serva del Signore. Avvenga per me secondo la tua parola”. Maria continua a essere e mostrarsi donna della fede, donna dell’ascolto, e si rivela anche donna dell’obbedienza: non è una madre che si fa discepola ma, proprio perché discepola, è chiamata a essere madre, e madre del Messia.

Si definisce serva del Signore, si mette radicalmente e totalmente al suo servizio. Maria è la serva che dice il suo “amen”, il suo “fiat”, accogliendo la vocazione rivoltale da Dio. C’è in lei un totale abbandono all’ascolto della Parola e della volontà del Signore, ed è l’ascolto che rende servi, dice tutta la Scrittura. In Maria abbiamo l’icona autentica della chiesa e del credente sottomesso al primato della parola di Dio e all’azione dello Spirito. Non è un caso che la nascita di Gesù avvenga grazie all’azione dello Spirito che scende in Maria e che la nascita della chiesa avvenga grazie allo Spirito che scende sui discepoli e sulla stessa Maria riuniti in preghiera (cf. At 1,8; 2,1-4). E non si dimentichi che la generazione di Gesù da parte di Maria è innanzitutto un evento spirituale, come Luca ci ricorda in un brano attestato solo nel suo vangelo:

Mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”.

Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono!” (Lc  11,27-28).

Parole che risuonano a piena lode di Maria, la quale è “beata perché ha creduto al compiersi della promessa del Signore” (cf. Lc 1,45).

Il generare Cristo è un’operazione innanzitutto spirituale, che avviene grazie alla fede, la quale è esposizione radicale di sé alla presenza di Dio e alla forza del suo Spirito. A questa generazione di Cristo in sé, è chiamato ogni cristiano: si tratta di accogliere la Parola con fede e obbedienza, di lasciarla fecondare in noi dallo Spirito santo, di lasciarla crescere notte e giorno, anche se non sappiamo come (cf. Mc 4,26-27). Così sarà generato il Cristo: “Cristo in voi, speranza della gloria” (Col 1,27).

Il mistero di Maria diviene dunque il mistero del cristiano, il quale, contemplando l’icona dell’annunciazione, vede il mistero della sua stessa vocazione. E impara che tale impresa non può essere portata avanti contando sulle proprie forze personali, ma solo fidandosi e affidandosi alla grazia del Signore.

Enzo Bianchi

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