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XI Domenica del Tempo Ordinario anno A. Il credente, operaio della compassione

E' lo stesso suo a­postolato che Gesù affida ai discepoli. Li fa operai di un lavoro che descrive con sei verbi: predicate, guari­te, risuscitate, sanate, libe­rate e donate

«Gesù, vedendo le folle, ne sentì compas­sione». Termine di una cari­ca infinita, bellissima. Gesù prova dolore per il dolore del mondo. Infatti: «La messe è abbondante», ma non per la quantità di persone, ma perché germina nel mondo un grande raccolto di stan­chezze, di spighe gonfie di lacrime, una messe di pau­re come di pecore che non hanno pastore.

Nei campi è ormai tempo di mietiture: il grano ha raggiunto il colore del pa­ne. Così il patire dell'uomo ha raggiunto l'altezza del cuore di Cristo. Ed ecco la risposta: un sentimento di compassione, il ministero della pietà.

Ed è questo suo stesso a­postolato che Gesù affida ai discepoli. Li fa operai di un lavoro che descrive con sei verbi: predicate, guari­te, risuscitate, sanate, libe­rate e donate. C'è il mini­stero della predicazione a­postolica, al primo posto, ma subito unito al mini­stero della pietà divina, e in un rapporto sbilanciato, di uno a cinque. Il lavoro nel campo del Signore si espri­me in gesti concreti, in cin­que opere che mostrano come «il Regno dei cieli si fa vicino» a chi ha il cuore fe­rito, e in una sesta opera che proclama la vicinanza di Dio. Il discepolo è chia­mato a prendersi cura del­la causa di Dio insieme al­la causa dell'uomo, ad aver cura di greggi e di messi, di dolori e di ali, di un mon­do barbaro e magnifico.

«Pregate il signore della messe perché mandi ope­rai nella sua messe». Noi in­terpretiamo subito queste parole come un invito a pregare per le vocazioni sa­cerdotali. Ma l'invito di Ge­sù dice molto di più: è of­frirmi a Dio perché mandi me come operaio della compassione, mandi me come lavoratore della pietà, mandi me con un cuore di carne a mangiare pane di pianto con chi piange, a bere il calice di sofferenza con chi soffre, a lottare contro il male. Man­di me, con mani che sanno sorreggere e accarezzare, a­sciugare lacrime e trasmet­tere forza, e dire così Dio.

La messe è abbondante. Lo sguardo positivo del Signo­re sorprende ancora il no­stro pessimismo: «la messe è scarsa, le chiese semi­vuote». Lui vede altro: mol­to grano che cresce e ma­tura, vede che il seme è buono, il terreno e la sta­gione e l'uomo sono buo­ni; la storia sale – positiva – verso un'estate profumata di frutti. Dio guarda e vede che ogni cuore è una zolla di terra ancora atta a dare vita ai suoi semi divini che in noi crescono, dolcemen­te e tenacemente, come il grano che matura nel sole.

Ermes Ronchi

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