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Fine vita. Cresce il fronte dell'obiezione di coscienza

Bagnasco: «Quella legge non è segno di civiltà». Movimento per la vita chiama a «disobbedienza»

Una legge sbagliata, che apre le porte all’eutanasia e verso la quale è legittima l’obiezione di coscienza, nonostante il fatto che - e questo è uno dei suoi più gravi limiti il testo non la preveda. In sintesi sono i punti toccati da diverse prese di posizione che continuano ad arrivare dal mondo cattolico, dopo l’approvazione definitiva in Parlamento delle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat). Oltre a due presidenti emeriti della Cei, i cardinali Angelo Bagnasco e Camillo Ruini, nel dibattito interviene anche l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, il quale esprime «apprezzamento » a don Carmine Arice, superiore generale del Cottolengo, per la scelta dell’istituzione ospedaliera torinese di fare obiezione e, dunque, di non accettare le Dat. In questo senso un appello alla «disobbedienza civile» viene lanciato a tutti i medici dal Movimento per la vita.

«Questa legge non mi rallegra, non è un segno di civiltà», afferma Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente dei vescovi europei, a margine dell’inaugurazione del presepe nella sede della Regione Liguria. «No all’accanimento terapeutico, ma nemmeno a questa forma di abbandono in nome di una libertà che ho paura nasconda agli occhi dello Stato un lasciare andare le situazioni», aggiunge il porporato. Anche il cardinale Ruini, intervistato da la Repubblica dice che per lui «non è un bel giorno, anzi decisamente brutto». Perché la legge «apre le porte all’eutanasia, pur senza nominarla».

Per Ruini si tratta di «un modo di procedere un po’ ipocrita, simile a quello usato per legittimare di fatto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, senza chiamarlo matrimonio ma parlando di unioni civili, che poi di fatto finiscono per avere tutta la sostanza di un matrimonio». Il porporato emiliano sottolinea, come altro dato negativo, il fatto che le decisioni su se stessi vengano prese in anticipo, da sani, quando si è in una situazione completamente diversa da quella della malattia. In questo quadro il medico, «cattolico o anche non cattolico, conserva il diritto di non agire contro la propria coscienza». Pure se la legge, sottolinea Ruini, non lo prevede e questo «è uno dei suoi più gravi difetti». Secondo Nosiglia, infine, «gli anziani, le persone malate vanno difese e tutelate nei loro diritti e quello della vita è prioritario. Invece nel nuovo quadro normativo si aprono prospettive pericolose e inquietanti anche sui rischi di abusi sulla vita, motivati dai 'costi' di mantenimento delle persone malate».

Il Movimento per la vita, si legge in una nota del presidente Gian Luigi Gigli (che è anche deputato di Des-Cd) «riafferma un giudizio nettamente negativo rispetto alla legge sul biotestamento e denuncia la confusione intenzionale che viene fatta tra situazioni profondamente diverse tra loro». Di qui l’invito ai «sanitari che non hanno dimenticato il giuramento di Ippocrate» e alle «strutture sanitarie che si riconoscono in codici etici rispettosi del diritto alla vita» a praticare «ogni forma di disobbedienza civile rispetto alla sospensione dei sostegni vitali finalizzata ad accelerare la morte del paziente».

Il Mpv annuncia anche di avere allo studio la creazione di un fondo per il sostegno legale «a quei sanitari che vorranno far prevalere le ragioni dell’etica rispetto a una legge illiberale che, in nome di presunti diritti civili, soffoca anche la libertà di coscienza nell’esercizio della professione medica», conclude Gigli.

Gianni Santamaria

© Avvenire, domenica 17 dicembre 2017

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