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Piccoli sì. Ma se diventiamo anche chiusi?

Quanto posto c'è nelle nostre comunità per chi passa per caso o chi vuole solo andare a Messa, senza fare dell'appartenenza a questo o a quel gruppo tutta la sua vita?

 

GraficaLogoParrocchie.jpgIl Papa ce lo ha detto più volte, da ultimo nel suo recente viaggio in Germania: nel futuro della Chiesa, in un mondo secolarizzato e non più 'naturalmente cristiano', ci sono "comunità piccole di credenti ... che con il proprio entusiasmo diffondono raggi di luce nella società pluralistica, rendendo altri curiosi di cercare la luce che dà vita in abbondanza".

L'idea è bella e giusta, fa pensare alla Chiesa delle origini, che è un passepartout, e poi nelle grandi città spersonalizzate è bello qualcosa che fa sentire comunità, un gruppo da chiamare 'casa'.

Però, lo confesso, nelle "piccole comunita'", compatte e fortemente caratterizzate, c'è sempre qualcosa che non mi torna. Mi piacciono i cristiani della domenica, quelli anonimi in fondo alla chiesa, che non portano la fede come un vessillo o una 'identità'. Ma lo ammetto, son gusti personali, buoni come tanti altri.

Domenica scorsa, però, sono riuscito a mettere il dito su cosa non mi torna delle "piccole comunità". La storia in breve: una grande parrocchia di un quartiere residenziale, non la mia ma poco lontana da casa. Mia moglie che cerca una chiesa per il concerto natalizio del suo coro - roba seria, non amatoriale, musica sacra di alta qualità. Risposta del parroco: "Qui facciamo cantare solo i cori della parrocchia, lo ha deciso il consiglio pastorale, facciamo solo sei concerti l'anno".

Ci sarebbe da gioire a vedere la democrazia nella Chiesa in azione. Ma gli esiti, lo ammetto, mi sono sembrati un po' deprimenti: la chiesa è la nostra chiesa, della nostra comunità, non c'è spazio per chi viene da fuori.

Il parroco è stato gentile nello spiegarci che il rifiuto non nasceva da motivi logistici ma dalla decisione della comunità di privilegiare 'i suoi'. Lasciamo perdere considerazioni sulla musica di qualità. Ma i concerti, di musica sacra, a Natale, sono un modo per avvicinare i lontani, no? A cosa serve altrimenti lodare Dio con la bellezza?

Mia moglie, che con la Chiesa è tutt'altro che tenera, era inviperita: "Tenetevi le chiese vuote, ve le meritate". Io ripensavo al discorso del Papa di cui sopra.

In quel passaggio, Benedetto, con un inciso, ha aggiunto: la piccole comunità "già esistono". Chi vive a Roma - non so la situazione delle altre città - con il grande successo del Cammino Neocatecumenale (io stesso se conosco il Vangelo è grazie a loro, anche se non ne faccio parte) lo può testimoniare.

Ma il rischio - del Cammino come di tutti i 'gruppi' fortemente integrati - non è quello di chiudersi a chi è di fuori, a chi passa per caso, a chi voleva solo fare un saluto al crocifisso, o andare a messa, senza fare dell'appartenenza a questo o a quello tutta la sua vita? Che ne è dalla cattolicità, dell'essere universali, per tutti? E se qualcuno vuole fare il cristiano 'della domenica', vivendo ferialmente la sua fede negli altri giorni, senza impegnarsi in parrocchia, senza andare ai gruppi giovani, o fare il catechista, o partecipare alla lectio divina il giovedì sera? Per quella volta che vogliono 'un po più' di Chiesa, è giusto che si sentano dire no perché la Chiesa - e la chiesa - è di chi ci sta dietro anche in mezzo alla settimana?

Giuro che non sono domande retoriche. Davvero non lo so.

Alessandro Speciale

© www.vinonuovo.it, 6 ottobre 2011

 

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