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“L’anima nostra attende il Signore” (Sal 32, 20)

Messaggio alle sorelle e ai fratelli della Chiesa di Bari Bitonto per il Natale 2022 dell'Arcivescovo S.E. Mons. Giuseppe Satriano

“L’anima nostra attende il Signore”

 (Sal 32, 20)

 

Popolo di Dio che vivi in questa amata Chiesa di Bari-Bitonto, e voi sorelle e fratelli tutti amati dal Signore,

 

a ciascuno desidero far giungere un pensiero augurale che, cogliendo l’opportunità del Natale, aiuti a riflettere e a deciderci per un impegno sempre più autentico a servizio di questa nostra umanità, tanto amata da Dio.

Un pensiero caro va ai nostri ammalati e a quanti sono nei luoghi della sofferenza: ospedali e carceri, case di cura e comunità terapeutiche.

In questo Natale non possiamo dimenticare quanti vedono messo in crisi il posto di lavoro e quanti fanno fatica e riprendersi.

Siamo immersi in una storia di guerra ma viviamo come se tutto fosse lontano e non ci riguardasse. I poveri e le povertà sono in continuo aumento mentre avvertiamo la fatica causata dalle conseguenze del conflitto in Ucraina: il prezzo dell’energia e le materie prime che scarseggiano. Nonostante tutto si fa finta di niente e si va avanti.

Siamo tornati a correre, a inseguire il tempo, cercando noi stessi e il successo dei nostri progetti. Viviamo in un cambiamento d’epoca, definita post-moderna o post-umana, dove si registra il crescente protagonismo dell’uomo, sempre più “potenziato” da ciò che fabbrica.

Ci ritroviamo più isolati e ripiegati su noi stessi, in difficoltà con ciò che è altro da noi.

Sono in aumento le patologie mentali anche tra i giovani, e le demenze, segno paradigmatico di una società che trasforma ogni realtà umana in oggetto funzionale, giungendo a scartare inesorabilmente quanto non più rispondente alle necessità del momento.

Viviamo una miseria crescente che si caratterizza particolarmente nel campo educativo ed esistenziale. Ogni giorno si raccolgono i feriti e le vittime di un ipertrofico individualismo che priva di un futuro possibile l’esistenza di ciascuno.

   

“L’anima nostra attende il Signore”

Il Salmista ci riconsegna ad uno sguardo di senso, sottraendo l’attesa alla manipolazione dell’uomo e riconducendo ogni cosa alla sorgente della vita: Dio.

È solo in Lui che l’umanità  ritrova il suo originale respiro, quel palpito d’amore, quello slancio di libertà che procura gioia e ridona fiducia, speranza al futuro.

Ricordo un’affermazione scritta da Ignazio Silone, e incontrata in un suo testo, che suonava così: “Mi sono stancato di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con la stessa indifferenza con cui si aspetta l’arrivo dell’autobus”.   

L’attesa cristiana si impone come spazio vitale, fatto di scelte, di fede operosa e ci invita ad un primo e ineludibile passo: essere capaci di un respiro universale. Nessuna attesa può essere privata o comunque vissuta in orizzonti stretti, angusti.

Ripartire da una postura credente e  operosa, è la sfida che ci offre il Natale. Aprirsi al mistero dell’incarnazione, in cui il Figlio di Dio che ha scelto d’essere uomo come noi, chiede a ciascuno l’impegno di una fraternità reale verso tutti. In questo contesto, attendere il Signore non può ridursi ad un insieme di romantiche tradizioni natalizie, ma è invito esistenziale a cambiare passo, non proiettandoci su quanto pretendiamo dalla vita ma ponendoci in ascolto dei segni dei tempi.

 

“L’anima nostra attende il Signore”

Attendere il Signore diviene, allora, provocazione a ospitare  l’Oltre di Dio e la sua Alterità, percorso destabilizzante che suscita fatica, gioia, timore, coraggio e stupore, sentimenti alterni che mettono in tensione l’esistenza, il quotidiano e lo aprono alla speranza.

Mi è sempre piaciuta la definizione che ne dava Vaclav Havel, un politico e poeta cecoslovacco. Egli diceva: “La speranza non è ottimismo. La speranza non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo. La speranza è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia successo o meno”.

Il Mistero del Natale ci offre speranza poiché restituisce senso e significato all’umano, ricollocandolo nel suo alveo di povertà e finitezza, libero da ogni delirio. Esso ci invita ad abitare il transitorio, il temporaneo, come spazio dell’incontro con Dio. Solo abitando pienamente questo tempo, il tempo che ci è dato, con tutte le sue fatiche e contraddizioni, con la sua precarietà e fragilità, sapremo incontrare il Dio che viene a cercarci e la vita si aprirà alla gioia dell’inedito.  

Gesù che viene desidera infastidirci e  provocare le nostre coscienze, intorpidite dal benessere e dagli idoli che ci siamo costruiti.

Proviamo a prendere consapevolezza che è giunto il tempo di svegliarci dal sonno sapendo compiere scelte audaci, libere e controcorrente; sapendo tornare a tessere la trama di un “noi”, spesso oltraggiato e violato dalla prepotenza dell’io.

Apriamo gli scrigni dei nostri cuori, ancora troppo serrati dalla paura e dall’orgoglio, e tiriamo fuori la vela grande della vita per issarla – come affermava Mounier – all’albero di maestra e così uscire dai porti in cui vegetiamo, salpando verso la stella più lontana senza badare alla notte che ci avvolge.

Impariamo dai pastori, dai Magi e mettiamoci in cammino, il Signore Gesù viene a cercarci per rinnovare la vita.

 

don Giuseppe, vescovo

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