Cristo è il Signore di tutta la chiesa e lui solo conosce i suoi: non spetta dunque ai suoi, o ai pretesi suoi, giudicare altri come zizzania, fino a tentare di estirparli. Cristo trascende le frontiere di ogni comunità cristiana e può operare il bene in molte forme attraverso la potenza del suo Spirito santo, che “soffia dove vuole”.
Se c’è qualcuno che pensa di poter giungere al primo posto della comunità, allora si faccia ultimo, servo di tutti, e si troverà a essere al primo posto della comunità. Non ci sono qui dei primi designati ai quali Gesù chiede di farsi ultimi, servi, ma egli traccia il cammino opposto: chi si fa ultimo e servo di tutti si troverà ad avere il primo posto, a essere il primo dei fratelli.
È facile acclamare Gesù come Cristo, come Messia, cantarlo e invocarlo; ma accettarne la fine ignominiosa è scandalo, inciampo, è quasi impossibile per le nostre attese religiose. E così siamo cristiani non del Vangelo, ma del campanile; cristiani culturalmente, non perché seguiamo Gesù; cristiani pii e devoti, ma lontani dall’ombra della croce.
Cosa sarebbe una chiesa che sa dare l’ascolto a quelli che ne sono privi, che sa parlare a coloro ai quali nessuno parla? Cosa sarebbe una chiesa che sa dare la parola, che autorizza a prendere la parola il semplice fedele? Perché noi cristiani noi diventiamo capaci di “logoterapia”, della quale vi è tanto bisogno nelle nostre comunità sovente mute?
La forma più sottile di ipocrisia è pensare che farisei siano solo e sempre gli altri. Ma se “ipocrita” etimologicamente è l’attore che porta la maschera per recitare, oggi Gesù ci dice: giù la maschera!
Ci scandalizziamo di fronte all’immagine di un “Dio al contrario”, di un “Messia al contrario”, che è fragile, povero, debole e del quale gli uomini possono fare ciò che vogliono… È lo scandalo dell’umanizzazione di Dio, patito ancora oggi dagli uomini religiosi che accusano di non credere in Dio chi accoglie dal Vangelo il messaggio di un Dio fattosi realmente uomo, carne mortale, in Gesù di Nazaret.
Chi mangia la carne e beve il sangue di Cristo conoscerà la resurrezione, vivrà per sempre, in una salda comunione con Cristo per la quale rimane, dimora in Cristo, così come Cristo rimane, dimora in lui: corpo nel Corpo e Corpo nel corpo!
La vita di Gesù di Nazaret, vita terrena di un uomo, vita vissuta, è consegnata, offerta a noi umani come cibo da mangiare: quella carne fragile e mortale assunta dal Figlio di Dio è vita data, spesa, radicalmente offerta per noi umani.
Il pane per la vita eterna non è un semplice dono da parte di Gesù, ma è Gesù stesso, che dona tutta la sua persona. Gesù, sì, proprio Gesù, un uomo, un ebreo marginale di Galilea, il figlio di Maria e di Giuseppe, proveniente da Nazaret, è in verità la Parola di Dio e, in quanto tale, è cibo, pane per la nostra vita di credenti in lui.
Il segno operato da Gesù si rivela come un vero fallimento. La folla misconosce Gesù, lo interpreta e lo vuole secondo i propri desideri e le proprie proiezioni, non è disposta ad accettare un Messia, un Profeta al contrario: un uomo mite, un servo del Signore e degli umani, che chiede di comprendere che cosa indica quel pane donato in abbondanza.