Il brano evangelico di questa domenica deve stimolare ognuno di noi e la chiesa nel suo insieme a pregare il Signore perché mandi operai nella sua messe, come e dove lui vuole. Nello stesso tempo, deve ricordarci che, di fronte alle urgenze della missione, prima Gesù e poi la chiesa hanno saputo creare ministeri, trovare forme inedite, chiamare nuovi soggetti a essere “inviati” del regno di Dio
Il brano evangelico di questa domenica deve stimolare ognuno di noi e la chiesa nel suo insieme a pregare il Signore perché mandi operai nella sua messe, come e dove lui vuole. Nello stesso tempo, deve ricordarci che, di fronte alle urgenze della missione, prima Gesù e poi la chiesa hanno saputo creare ministeri, trovare forme inedite, chiamare nuovi soggetti a essere “inviati” del regno di Dio
L'eucaristia è la sintesi mirabile di tutta l'esistenza di Gesù che è stata una pro-esistenza, un vivere se stesso, tutta la sua vita, come un unico atto di amore al Padre e ai fratelli. L'ultima cena, come la cena di Emmaus, come i racconti di moltiplicazione dei pani sono una continua testimonianza di questa esistenza in dono e un continuo appello a fare di noi stessi un dono a Dio e ad ogni figlio di Dio che incontriamo
Attraverso le parole di Gesù l’evangelista Giovanni ci accompagna a intravedere il nostro Dio come Padre, Figlio e Spirito santo: un Dio che è intimamente comunione plurale, un Dio che è comunione d’amore, un Dio che nel Figlio si è unito alla nostra umanità e attraverso lo Spirito santo è costantemente creatore di questa comunione di vita
Il respiro del Risorto diventa il respiro del cristiano: noi respiriamo lo Spirito santo! Ognuno di noi respira questo Spirito, anche se non sempre lo riconosciamo, anche se spesso lo rattristiamo e lo strozziamo in gola, nelle nostre rivolte, nei nostri rifiuti dell’amore e della vita di Dio narrataci da Gesù. Sì, il cristiano è colui che respira lo Spirito di Cristo, lo Spirito santo di Dio, e grazie a questo Spirito è santificato, prega il suo Signore, ama il suo prossimo
Al momento di ascendere al cielo Gesù risorto affida ai suoi discepoli il compito di essere testimoni della misericordia da lui vissuta e insegnata. Questa è la predicazione della chiesa, la quale invece a volte è tentata di attribuirsi compiti che il Signore non le ha dato: l’unico compito evangelico è annunciare e fare misericordia. Cominciando da Gerusalemme e fino ai confini del mondo i cristiani, quali viandanti e pellegrini, annunceranno a tutti il perdono dei peccati, quindi perdoneranno e inviteranno tutti a perdonare: questo il Vangelo, la buona notizia. E quando Gesù sale al cielo, ecco che dal cielo discende lo Spirito di Dio, che è anche e sempre Spirito di Gesù Cristo, forza che sempre ci accompagna e ci ispira in questa missione
Nell’andarsene Gesù ci insegna l’arte di “lasciare la presa”: se ne va senza ansia per la sua comunità e per il suo destino, ma anzi con la fiducia che c’è lo Spirito, il Consolatore e Difensore. Lo Spirito santo agirà nella comunità da lui lasciata; insegnerà molte cose necessarie e che egli stesso, Gesù, si era inibito di insegnare perché la comunità non era pronta a comprenderle; darà ai discepoli una forza e tanti doni che essi non possedevano. “Lo Spirito santo vi insegnerà ogni cosa e vi farà ricordare tutto ciò che io vi ho detto”: promessa, questa, che vediamo realizzata nella vita della chiesa e nella nostra vita, nelle nostre storie
C’è nell’amore cristiano una forma, uno stile determinato da Gesù e da lui testimoniato nei vangeli. Se Gesù è maestro, lo è soprattutto nell’arte dell’amare. È facile parlare di amore o credere di vivere l’amore, ma viverlo come lo ha vissuto Gesù, a prezzo del dono della vita, è arte, è un capolavoro di amore, quindi è manifestazione della gloria di Dio che è gloria dell’amare. Il discepolo di Gesù, infatti, non si distingue perché prega, perché fa miracoli, o perché ha una sapienza raffinata: no, si distingue perché ama, ama gli altri come Gesù li ha amati, “fino all’estremo”
“Nessuno strapperà le mie pecore dalla mia mano”: queste parole del Signore Gesù Cristo sono e restano, anche nella notte della fede, anche nelle difficoltà a camminare nella notte, ciò che ci basta per sentirci in relazione con lui. Se anche volessimo rompere questa relazione e se anche qualcuno o qualcosa tentasse di romperla, non potrà mai accadere di essere strappati dalla mano di Gesù Cristo. Niente o nessuno, infatti, ci potrà mai separare dall’amore di Cristo
La “seconda conclusione” del vangelo secondo Giovanni è straordinaria perché non è tentata di raccontare fatti straordinari o sovrumani riguardanti Gesù risorto, ma vuole dirci solo la sua presenza discreta, elusiva, fedele e paziente in mezzo alla sua comunità. In essa emergono le due figure di Pietro e del discepolo amato. A Pietro spetta seguire Gesù, non mettere la mano sul discepolo amato dal Signore, che resta misteriosamente presente nella chiesa. Chi è visionario e vede con gli occhi di Cristo riconoscerà il Signore, mentre Pietro resta uno che non ha saputo riconoscere il Risorto se non su indicazione del discepolo amato, che rimane