Che cosa fare come discepoli di Gesù? Credere all’amore, amare gli altri perché Dio ci ha amati per primo e non cedere mai alla tentazione di pensare che amiamo Dio solo desiderandolo o attendendolo: no, lo amiamo se realizziamo il comandamento nuovo dell’amore reciproco, a immagine di quello vissuto da Gesù.
Ognuno di noi discepoli di Gesù è un tralcio che, se non porta frutto, viene separato dalla vite e può solo seccare ed essere gettato nel fuoco; ma se resta un tralcio della vite, allora dà frutto e, per la potatura ricevuta dal Padre, darà frutto buono e abbondante!
Sulla tomba di un cristiano della fine del II secolo si legge questa iscrizione: “Sono il discepolo di un pastore santo che ha occhi grandi; il suo sguardo raggiunge tutti”. Sì, Gesù è il pastore santo, buono e bello, con occhi grandi, che raggiungono tutti, anche noi oggi. E da questi occhi noi ci sentiamo protetti e guidati.
Credere alla parola del Signore è molto più difficile che credere ai miracoli. Ciò che si vede solo con gli occhi del corpo, abbaglia; ciò che si vede con gli occhi della mente che crede, illumina.
L’operazione più difficile, per Tommaso come per noi, sta proprio nel vedere nei corpi piagati la potenza di una trasfigurazione che fa delle piaghe delle cicatrici luminose e piene di senso: non più segno di morte o di peccato, ma segno di guarigione e di vita per sempre
Ecco come noi possiamo essere testimoni di questo evento: se lo lasciamo accadere in noi; se permettiamo a Cristo di risorgere in noi, di operare il bene attraverso di noi, di continuare a lottare contro il male, l’egoismo, la cattiveria che c’è dentro e fuori di noi.
È questa la notte che non conosce tramonto in cui tempo ed eternità si uniscono, in cui vorremmo che la nostra flebile voce diventasse squillo per dire a tutti la nostra felicità di essere chiesa, depositari e mandatari di una notizia che può restituire gioia a tutta l'umanità: La Morte è vinta e dunque la nostra vita non è inutile, non è un "vuoto a perdere".
Gesù ha vissuto la propria fine nella libertà. Avrebbe potuto fuggire prima che gli eventi precipitassero, avrebbe potuto smentire quanto fatto e detto fino ad allora. E invece è rimasto fedele alla missione ricevuta da Dio, ha continuato a realizzare la volontà del Padre, anche a costo di andare incontro a una fine ignominiosa. E questo perché sapeva che solo così poteva amare Dio e gli uomini fino alla fine.
La morte di Gesù insegna agli uomini che l’amore vero è quello che accetta di portare il peso della colpa altrui. La croce è il prezzo della fedeltà all’amore di Dio e alla sua misericordia per tutti i peccatori.
Lo sguardo di Giovanni sulla passione e morte di Gesù ci appare quasi insostenibile, eppure è lo sguardo che ci permette di vedere in una storia di morte una storia di amore, una storia gloriosa dell’amore umano vissuto da Gesù, che così ha narrato una volta per tutte l’amore di Dio