Il respiro del Risorto diventa il respiro del cristiano: noi respiriamo lo Spirito santo! Ognuno di noi respira questo Spirito, anche se non sempre lo riconosciamo, anche se spesso lo rattristiamo e lo strozziamo in gola, nelle nostre rivolte, nei nostri rifiuti dell’amore e della vita di Dio narrataci da Gesù. Sì, il cristiano è colui che respira lo Spirito di Cristo, lo Spirito santo di Dio, e grazie a questo Spirito è santificato, prega il suo Signore, ama il suo prossimo
La solennità dell’Ascensione è sempre memoria di una manifestazione del Cristo risorto, glorificato dal Padre nella potenza dello Spirito santo. Nell’inviarlo nel mondo, il Padre aveva rivelato attraverso il suo messaggero: “Sarà chiamato Emmanuele, Dio-con-noi”; ora Gesù assume pienamente e definitivamente questo nome ricevuto dal Padre per l’eternità. Dio aveva detto a Mosè: “Io sarò con te”, e Gesù Cristo lo dice a ciascuno di noi, battezzato nel suo nome, cristiano che porta il suo nome e tenta di vivere, di osservare il suo Vangelo
Il nostro Dio vivente ha un volto preciso. Non è la deità, il divino: è un Dio che ha parlato esprimendo la sua volontà, e lo ama veramente solo chi cerca, seppur con fatica, di realizzare tale volontà. Gesù non ha detto: “Come io ho amato voi, così anche voi amate me”, ma “amatevi gli uni gli altri”, chiedendoci che il suo amore si diffonda, si espanda come amore per gli altri, perché questa è la sua volontà d’amore
Ormai non si può avere una conoscenza di Dio se non si conosce Gesù Cristo, non si può credere nel Dio vivente senza credere in Gesù Cristo, non si può avere comunione con Dio se non si ha comunione con Gesù Cristo. Si va al Padre attraverso Gesù che gli dà un volto, che ce lo spiega e ce lo rivela. L’uomo Gesù è il Figlio di Dio; l’uomo Gesù glorificato nella resurrezione è Dio stesso: nella sua umanità si può vedere Dio, guardando l’agire di Gesù e ascoltando le sue parole si può incontrare Dio. Questo è lo specifico, la singolarità della fede cristiana
La manifestazione della venuta “pastorale” di Gesù non consiste nelle idee, nella dottrina, nel solo insegnamento, ma nel suo deporre e spendere la vita per le pecore. Se nei vangeli sinottici il pastore della parabola è pieno di amore, fino ad andare a cercare la pecora smarrita, qui Gesù è il pastore che dà la sua vita sia per la pecora smarrita sia per quella che resta nel recinto. Viene così individuato il rapporto tra il pastore e le pecore: una conoscenza reciproca che diventa amore. Esperienza indicibile, eppure autentica, nella quale si ascolta la voce del pastore, si giunge a discernere la sua presenza elusiva, ma soprattutto ci si sente amati, compresi, perdonati da un amore che è sempre anche misericordia
Nel mirabile racconto dell’incontro tra Gesù e i discepoli di Emmaus si parla di camminare insieme, di ricordare e pensare, di rispondere a chi chiede conto e quindi di celebrare la presenza vivente del Risorto. Ma ciò può avvenire in pienezza solo nella comunità cristiana, nella chiesa: per questo i due discepoli fanno ritorno a Gerusalemme, dove trovano riunita la comunità che li precede e annuncia loro la resurrezione. È ciò che avviene anche a noi ogni domenica, giorno pasquale, nella comunità radunata dal Signore: la Parola contenuta nelle Scritture, l’Eucaristia e la comunità sono i segni privilegiati della presenza del Risorto, il quale non si stanca di donarsi a noi, “stolti e lenti di cuore”, ma da lui amati, perdonati, riuniti nella sua comunione
È la prima Pasqua: ed è per una piccola comunità di tre sole povere donne, straniere e disprezzate. Ancora una volta si compie quello che Gesù aveva detto: "Ai poveri è predicata la buona novella, e beato chi non si scandalizza di me"
L’evangelista Matteo ci fornisce l’interpretazione, scaturita dalla fede della chiesa, dei fatti che hanno costituito la fine della vita di Gesù il Cristo. Il vangelo è scritto da chi confessa la resurrezione di Gesù e dunque legge gli eventi antecedenti nella luce di quell’evento che spiega, dà senso, illumina la passione e la morte. Leggendo la passione secondo Matteo assistiamo, come folla convocata, al processo di Gesù, nel quale si affrontano la volontà di Dio e quella degli uomini, in un dramma pasquale
La resurrezione di Lazzaro, “colui che Gesù ama”, manifesta la ragione profonda per cui il Padre richiamerà Gesù dai morti alla vita eterna: nel duello tra vita e morte, tra amore e morte, vince la vita, vince l’amore vissuto da Gesù. Gesù è la vita, è l’amore che strappa alla morte le sue pecore, le quali non andranno mai perdute. Se Gesù ama e ha come amico chi crede in lui, non permetterà a nessuno, neppure alla morte, di rapirlo dalla sua mano!