Le immagini della predicazione di Giovanni il Battista sono dure, destano timore, ma in realtà sono quelle tipiche di tutti i profeti, che hanno annunciato il giorno del Signore. Il Battista però non vuole che l’attenzione si concentri su di sé e tanto meno vuole apparire lui come il Giudice: costui è veniente, anzi sta dietro a lui ed è più forte di lui. Colui che viene è il Giudice che immerge non in acqua, ma nel fuoco escatologico dello Spirito di Dio: non più un rito, ma un evento ultimo e definitivo. Giovanni fa l’ultima chiamata alla conversione, prima della venuta del regno dei cieli ormai imminente; nello stesso tempo, manifesta la sua fede in Gesù, già presente tra i suoi discepoli, che presto sarà manifestato a Israele come “il Veniente”
Di fronte a questo vangelo la comunità cristiana prova sentimenti di imbarazzo: esita a essere convinta che il Signore viene nella gloria, non pensa che ci sia veramente una fine del tempo e non ha più nel cuore il desiderio bruciante di vedere il Signore. Eppure basterebbe essere più attenti nel leggere la vita che trascorre, la propria e quella degli altri accanto a noi, per renderci conto come ogni giorno, se non siamo distratti, inesorabilmente siamo ricondotti all’evento che ci attende: l’incontro con il Signore
L'anno liturgico, che segna la Storia di Dio con e per l'uomo, inizia con l'attesa del Messia, ossia con l'Avvento, che porta al Natale, e si chiude con la Solennità di oggi: Gesù Cristo, Re dell'universo.E' tempo che, per noi credenti, dovrebbe essere vissuto ‘per Cristo, con Cristo e in Cristo'.
Gesù non fornisce nessuna data della fine, non dà nessuna risposta precisa alle febbri apocalittiche sempre presenti nella storia, tra i credenti. No, egli consegna delle indicazioni affinché i credenti vadano in profondità, leggano i segni dei tempi e vivano con vigilanza il proprio oggi, mai dimenticando, ma al contrario conservando la memoria della promessa del Signore e attendendo che tutto si compia
I credenti sono convinti che, essendo in alleanza con Dio, quando muoiono vivono per Dio e in Dio, perché egli è fedele e non viene mai meno alla sua promessa e alla sua alleanza. Siamo posti di fronte al grande mistero dell’esodo pasquale: moriamo a questo mondo per essere rialzati mediante una trasfigurazione della nostra intera persona, spirito e corpo, alla vita in Cristo, nel Regno eterno dell’amore
I santi sono gli uomini delle Beatitudini. Queste parole sono il cuore del Vangelo, il racconto di come passava nel mondo l'uomo Gesù, e per questo sono il volto alto e puro di ogni uomo, le nuove ipotesi di umanità. Sono il desiderio prepotente di un tutt'altro modo di essere uomini, il sogno di un mondo fatto di pace, di sincerità, di giustizia, di cuori limpidi
Come è entrata quel giorno nella vita e nella casa di Zaccheo, così la salvezza portata dal Signore Gesù può entrare ogni giorno nelle nostre vite. Il Signore ci chiede solo di aprire il nostro cuore all’annuncio che ha la forza di convertire le nostre vite: egli “è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”, è venuto a offrirci di vivere con lui, anzi di venire lui a dimorare in noi. Ciò che è accaduto quel giorno a Zaccheo, può accadere anche a noi, oggi, grazie all’incontro con Gesù. Questo oggi è sempre di nuovo possibile: niente e nessuno può opporsi al perdono di Dio in Gesù Cristo, che ci consente di ricominciare ogni giorno
Gesù espone due atteggiamenti opposti nella preghiera, ma attraverso di essi allarga l’orizzonte: ci insegna che la preghiera rivela qualcosa che va oltre se stessa, riguarda il nostro modo di vivere, la nostra relazione con Dio, con noi stessi e con gli altri. Ciò che Gesù condanna nel fariseo non è il suo compiere opere buone ma il fatto che egli, nella sua fiducia in sé, non attende nulla da Dio. Il pubblicano invece, figura del peccatore pubblico, si presenta a Dio sapendo di vivere nella colpa. Non ha nulla da vantare, ma sa che può solo implorare pietà da parte del Dio tre volte Santo. Per questo pronuncia parole brevissime, modello di ogni preghiera autentica: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”
Per Gesù, come per tutta la Scrittura, la preghiera è l’altra faccia della medaglia della fede, perché nasce dalla fede ed è eloquenza della fede. Ebbene, la mancanza di fede-fiducia, negli altri prima che in Dio, è la ragione profonda di molte patologie dei credenti e la tentazione di abbandonare la fede è quotidiana. Non ci resta dunque che rinnovare la fede, con la speranza nella venuta di Gesù, Figlio dell’uomo, Giudice giusto, e con l’amore fraterno vissuto attingendo all’amore di Gesù, amore fedele fino alla fine, per tutti gli umani
Gesù demolisce molte certezze di noi cristiani asserragliati in chiese o comunità. Fuori, fuori, anche fuori c’è un operare di Cristo Signore che trova più ricezione di quanta ne abbia tra noi che ci sentiamo dentro. Dio non si lascia conoscere solo nelle istituzioni ecclesiastiche o cultuali, ma si fa conoscere soprattutto in Gesù: grazie a lui, attraverso di lui solo si rende gloria a Dio