La vera speranza dei discepoli-missionari non va riposta nella riuscita della missione ma nella comunione di vita con il Signore, dal quale nessuno di loro potrà mai essere separato: nessun fallimento, nessuna persecuzione, neppure la morte potrà separare gli inviati dall’amore di Cristo!
Quando Gesù chiama, non si può preferire un comandamento, seppur santo, al suo amore: o si sceglie lui radicalmente o si continua a stare insieme ai morti! Di fronte a queste nette affermazioni di Gesù, come ci poniamo noi? Sappiamo ancora ripetere le parole del Vangelo con il prezzo che esse esigono?
Gesù fa discutere, schierare, accende gli animi, ognuno, un poco, si sente di difenderlo, di proteggerlo, di capirlo, di interpretarlo. Credenti o non credenti, quest'uomo che paga con la vita la sua coerenza e la sua non-violenza ancora scuote e interroga.Chi sei, davvero, Nazareno?
Per comprendere questa indimenticabile pagina del vangelo secondo Luca sarebbe sufficiente ricordare lo splendido e lapidario commento fatto dal patriarca Athenagoras: “Hóti egápesen polý. Perché lei ha molto amato. Perché Lui ha molto amato. Tutto il cristianesimo è qui”
Tutti continuano a morire, come al tempo di Gesù, come in ogni tempo, ed egli ne ha risuscitati solo pochi, per darci un segno profetico, escatologico: un giorno tutti risorgeranno, cioè vivranno una vita in Dio per sempre. Questo evento finale è in corso: Gesù è venuto come grande profeta, in lui Dio ha visitato il suo popolo, e presto compirà la visita ultima, definitiva e gloriosa. Allora finalmente Cristo, il Signore vincitore della morte, darà la vita eterna e divina a tutti i figli e le figlie di Dio
Attraverso le parole di Gesù l’evangelista Giovanni ci accompagna a intravedere il nostro Dio come Padre, Figlio e Spirito santo: un Dio che è intimamente comunione plurale, un Dio che è comunione d’amore, un Dio che nel Figlio si è unito alla nostra umanità e attraverso lo Spirito santo è costantemente trascinato in questa comunione di vita
Il respiro del Risorto diventa il respiro del cristiano: noi respiriamo lo Spirito santo! Ognuno di noi respira questo Spirito, anche se non sempre lo riconosciamo, anche se spesso lo rattristiamo e lo strozziamo in gola, nelle nostre rivolte, nei nostri rifiuti dell’amore e della vita di Dio narrataci da Gesù. Sì, il cristiano è colui che respira lo Spirito di Cristo, lo Spirito santo di Dio, e grazie a questo Spirito è santificato, prega il suo Signore, ama il suo prossimo
Al momento di ascendere al cielo Gesù risorto affida ai suoi discepoli il compito di essere testimoni della misericordia da lui vissuta e insegnata. Questa è la predicazione della chiesa, la quale invece è spesso tentata di attribuirsi compiti che il Signore non le ha dato: l’unico compito evangelico è annunciare e fare misericordia. Cominciando da Gerusalemme e fino ai confini del mondo i cristiani, quali viandanti e pellegrini, annunceranno a tutti il perdono dei peccati, quindi perdoneranno e inviteranno tutti a perdonare: questo il Vangelo, la buona notizia. E quando Gesù sale al cielo, ecco che dal cielo discende lo Spirito di Dio, che è anche e sempre Spirito di Gesù Cristo, forza che sempre ci accompagna e ci ispira in questa missione
Nell’andarsene Gesù ci insegna l’arte di “lasciare la presa”: se ne va senza ansia per la sua comunità e per il suo destino, ma anzi con la fiducia che c’è lo Spirito, il Consolatore e Difensore. Lo Spirito santo agirà nella comunità da lui lasciata; insegnerà molte cose necessarie e che egli stesso, Gesù, si era inibito di insegnare perché la comunità non era pronta a comprenderle; darà ai discepoli una forza e tanti doni che essi non possedevano. “Lo Spirito santo vi insegnerà ogni cosa e vi farà ricordare tutto ciò che io vi ho detto”: promessa, questa, che vediamo realizzata nella vita della chiesa e nella nostra vita, nelle nostre storie
C’è nell’amore cristiano una forma, uno stile determinato da Gesù e da lui testimoniato nei vangeli. Se Gesù è maestro, lo è soprattutto nell’arte dell’amare. Si fa presto a parlare di amore o a credere di vivere l’amore, ma viverlo come lo ha vissuto Gesù, a prezzo del dono della vita, è arte, è un capolavoro di amore, quindi è manifestazione della gloria di Dio che è gloria dell’amare. Il discepolo di Gesù, infatti, non si distingue perché prega, perché fa miracoli, o perché ha una sapienza raffinata: no, si distingue perché ama, ama gli altri come Gesù li ha amati