Gesù accoglie Zaccheo prima della sua conversione. Non è la conversione che determina la simpatia di Gesù, ma è la previa simpatia di Gesù che provoca la conversione.
Dopo aver contemplato nella festa della comunione dei santi la Gerusalemme celeste, la sposa dell’Agnello tutta bella perché resa santa dal Signore (cf. Ap 21,2), oggi siamo invitati dalla chiesa a fare memoria dei morti. Festa di tutti i santi e memoria dei morti sono un’unica grande festa in cui si celebra il mistero della vita eterna in Dio e il mistero della morte nella fede: Gesù Cristo, «il primo nato tra coloro che sono morti» (Col 1,18), risuscitato dal Padre in risposta al suo modo di vivere l’amore fino all’estremo, trascina i morti nel fiume di vita della comunione dei santi.
Oggi facciamo memoria della comunione dei santi, contempliamo la mietitura di tutti i sacrifici viventi offerti a Dio, celebriamo la festa in cui risplende più che mai il corpo di Cristo nella storia.
La ragione che spinge Gesù a raccontare questa parabola è descritta all'inizio del brano: "Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri" (v. 9). Al fondo c'è una errata valutazione di sé dinnanzi a Dio, tanto da mettere in questione la propria salvezza.
Non è possibile pregare senza fede. Quante volte ci viene da chiedere: come mai Dio non ascolta la nostra preghiera e non fa regnare finalmente la giustizia nel mondo? Ma noi abbiamo veramente fede?La fede di cui parla Gesù, secondo Luca, indica la certezza che Dio c'è e agisce nella storia.
Nell'unico che è tornato, importante non è tanto l'atto del ringraziamento, quasi che Dio fosse in ricerca del nostro grazie, bisognoso di contraccambio. Il lebbroso è salvo non perché paga il pedaggio della gratitudine, ma perché entra in comunione. Con il proprio corpo, con i propri sentimenti, con il Signore.
Ai suoi discepoli Gesù chiede una fede disinteressata proprio perché movimento di abbandono generato dall'amore di Dio, riconosciuto e accolto, a cui si tenta di dare una risposta.
L'inferno del ricco era il vivere solo del suo Io che aveva preso il posto di Dio e lo aveva separato da tutti gli innumerevoli Lazzari della terra. E l'eternità non farà che ratificare e rendere infinita questa separazione. Non è appunto questo l'inferno, una somma infinita di infinite solitudini?
L’invito di Gesù ai suoi discepoli è a procurarsi amici con la stessa determinazione che hanno i figli di questo mondo, ma anche facendo un uso diverso della ricchezza: si tratta di condividerla con i poveri che, essendo i primi cui è promesso il regno (cf. Lc 6,20), potranno accoglierli nelle dimore eterne, cioè dove c’è la vita in Dio per sempre.
Proposta per l'Anno Pastorale 2013-2014, "Anno della speranza". Relazione dell'Arcivescovo di Bari-Bitonto mons. Francesco Cacucci all'Assemblea Diocesana. Bari, Aula Magna Scuola Allievi della Guardia di Finanza, mercoledì 18 settembre 2013.