Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

"Voi stessi date loro da mangiare"

Omelia di S.E. Mons. Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Bari-Bitonto, nella Celebrazione Eucaristica per la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Cattedrale di Bari, domenica 19 giugno 2022

Carissime sorelle e carissimi fratelli,

in una meravigliosa pedagogia liturgica la Chiesa oggi pone sotto il nostro sguardo il Corpo del Signore perché il cuore di ciascuno respiri le meraviglie di Dio e, nutrendoci di Lui, la nostra vita acquisti forma, proprio come l’argilla sotto la mano del vasaio.

Dopo la Domenica di Pentecoste, che ha aperto i cuori all’azione del Paraclito, dello Spirito, ogni cosa rivelata dal Vangelo diviene fonte di luce e di grazia per contemplare il senso della vita con Dio e i fratelli.

Domenica scorsa il mistero della SS. Trinità ci ha introdotto nella consapevolezza che il nostro Dio è sorgente di comunione e di amore inesauribile, fontana di grazia che innerva la storia e la vita del creato.

Oggi viviamo la Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, una solennità che ci costringe alla concretezza del vivere, una risposta alla fame di senso e di amore che grida in ogni uomo e in ogni donna più di ogni altra fame e di ogni altra sete.

         La liturgia della Parola ci ha introdotti nella comprensione di questo mistero.

         La seconda lettura, tratta dalla Prima lettera ai Corinzi, ci consegna il testo liturgico dell’istituzione dell’Eucarestia.

Paolo ricorda ai Corinzi che quanto ricevuto egli lo ha trasmesso alla comunità, ribadendo con forza la centralità e l’assoluta importanza del banchetto eucaristico vissuto da Gesù come segno di un amore vivo, proprio mentre veniva tradito.

         Anche nella prima lettura tratta dal libro della Genesi, l’autore sacro ci tiene a sottolineare, mediante una scena insolita, l’offerta del pane e del vino da parte di un Re tribale, pagano, Melchisedek re di Salem. Abramo, di ritorno da una spedizione di guerra in difesa del nipote Lot, trova riconciliazione nel gesto di Melchisedek che gli offre il pane e il vino e lo benedice.

         Anche Gesù nel vangelo di oggi, prefigurando il banchetto eucaristico, offre del pane e dei pesci dopo averli benedetti e sfama 5000 persone.

Quale insegnamento emerge per noi da questa Parola?

         Nei vari passaggi della liturgia di oggi viene fuori con chiarezza ciò che il Corpo e Sangue di Gesù significano per la nostra vita: la forza della condivisione, dell’essere uno con chi è nella prova; la capacità di lasciarsi penetrare dalla vita dell’altro con le sue fatiche, i suoi dolori e le sue contraddizioni.

Dinanzi a quella folla, al calar della sera, i discepoli vengono presi dall’ansia più che dalla compassione, sembrano preoccupati e interessati al disagio, ma adottano una soluzione troppo comoda: “mandali via”.

         Sotto il finto interesse per quella folla, che seguiva il Maestro in cerca di cure, guarigioni, speranza, c’è solo il bisogno di farla finita, la voglia di dire basta e di chiuderla lì con tanto fastidio.

         Gesù ha un altro sguardo e indica il modo con cui Dio ama stare accanto: “VOI STESSI DATE LORO DA MANGIARE”.

         Egli traduce nella concretezza la capacità di amare attraverso un movimento non solo del cuore ma anche del corpo: DATE… date loro da mangiare.

         È qui il valore intrinseco dell’EUCARESTIA che adoriamo nelle nostre chiese e di cui ci nutriamo nelle nostre assemblee liturgiche: porsi di fronte all’altro, alle sue fatiche esistenziali, ai suoi problemi e ai suoi ideali, condividendo con l’altro un cammino verso un reciproco accrescimento di vita.

L’eucaristia ci rende degni di essere discepoli del Maestro nella misura in cui anche noi sappiamo fare della nostra vita un dono agli altri.

         Senza scoraggiarci per il poco che siamo e che abbiamo, l’eucarestia ci rende abili a compiere meraviglie se ci lasciamo trasformare da lei.

         In altre parole accostarsi al Corpo e Sangue di Cristo è per ogni credente opportunità per lasciarsi trasformare il cuore e la vita, facendola diventare un dono per tutti, spazio di reale condivisione dove chi ha fame può trovare ristoro.   

         Anche il poco della nostra vita, come quei cinque pani e due pesci del racconto, possono essere moltiplicati dalla grazia di Dio e ci ritroveremo a sfamare, a saziare, a guarire tanti fratelli e sorelle bisognose di noi.

         Dobbiamo confessarlo, purtroppo rimane una grande distanza tra l’eucaristia che celebriamo e la condivisione che essa richiama e rappresenta. Parole e azioni non coincidono, fede e comportamenti si distanziano, lasciando la “tavola dei fratelli”, quella che San Giovanni Crisostomo additava come la tavola dei beni condivisi, priva di condivisione.

         In una sua celebre omelia, San Giovanni Crisostomo diceva: “Vuoi onorare il Corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: «Questo è il mio corpo», confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (cfr. Mt 25, 42), e: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l’avete fatto neppure a me (cfr. Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura”[1].

Non sempre comprendiamo come nell’eucaristia Dio irrompa nella storia per infrangere la disperazione dell’uomo dinanzi alle ingiustizie della vita create dai Faraoni del tempo. L’eucaristia celebrata deve divenire annuncio di grazia che pone nella speranza la vita dell’umanità. Il destino ultimo dell’uomo non è preda del delirio dei potenti ma è portata da Dio nel palmo delle nostre mani.

         Vivere l’eucaristia e portare processionalmente il corpo di Cristo per le strade della nostra Diocesi non è, e non può essere solo un gesto puramente rituale, devozionale, folkloristico ma è, e deve sempre più diventare nella consapevolezza di tutti noi, gesto forte, eloquente, ricco di testimonianza attraverso cui desideriamo sottolineare l’apertura della nostra vita, della vita della Chiesa ai bisogni, alle necessità di una umanità che ieri come oggi avverte il morso della fame, di una fame che intacca i cuori e avvelena l’esistenza.

         Dandoci per primo l’esempio, il Signore chiede a noi, alla Chiesa, di aprire il cuore e le braccia, di spalancare la vita ai fratelli. Ci chiede di spezzarla come dono per tutti, segno di condivisione e non di esclusione; di accoglienza e non di rifiuto; di amore, di perdono, di misericordia e non di avversione.

Buon cammino miei cari, il Signore ci benedica e doni a ciascuno la forza di cambiare e vivere secondo il suo amore, donato a noi sulla Croce. Così sia.

  Giuseppe Satriano

    Arcivescovo di Bari-Bitonto

[1] G. Crisostomo, Omelie sul Vangelo secondo Matteo, 50,3-4.

Prossimi eventi