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Dies Natalis di Mons. Antonio Talacci

Omelia di S.E. Mons. Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Bari-Bitonto in occasione delle esequie di Mons. Antonio Talacci. Cattedrale di Bari, lunedì 1 febbraio 2021

L’esperienza della morte, per quanto messa in conto, dal momento che essa fa parte della vita, e per quanto prevista a motivo dell’età avanzata o della malattia, ci coglie sempre di sorpresa. In particolar modo se colpisce una persona cara, a cui siamo legati da affetto e da stima, come Mons. Antonio Talacci.

    Essa produce in noi l’effetto del vuoto, dinanzi al quale avvertiamo il bisogno di colmarlo. Lo sappiamo rimedi alla morte non ce ne sono, eccetto quello di percorrere la strada della fede nel Signore Risorto. Solo il mistero del Cristo, morto e risorto, può dare risposta e prospettiva al mistero della morte e colmare il vuoto che porta con sé.

    La prima lettura, tratta dalla seconda lettera di S. Paolo ai Corinzi (4, 14-5,1), con riferimento alla risurrezione che ci attende in Cristo, afferma:

Siamo convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù risusciterà anche noi…. Per questo non ci scoraggiamo, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo quello interiore si rinnova… Sappiamo che quando sarà distrutta la nostra dimora terrena noi riceveremo da Dio una abitazione eterna nei cieli”.

    Mons. Talacci è vissuto con questa convinzione profonda, dovuta alla sua fede nel Signore Risorto, e da questa convinzione si è lasciato condurre nel suo cammino umano, come battezzato e come sacerdote. Ha fatto i conti con la morte con molta naturalezza, nella certezza che il Signore gli avrebbe preparato l’abitazione eterna. Questo lenisce ogni nostro dolore.

    Il carattere, gioioso ed ospitale, ha segnato la sua vita ministeriale, rendendolo parroco indimenticabile di San Marcello e amico fedele di tanti, tra sacerdoti e laici. Una gioiosa ospitalità, quella incarnata, da don Antonio, segnata dalla sua fede e da un ministero vissuto e speso con passione, nei confronti di quanti a lui facevano riferimento.

    In tal senso, avverto illuminante il profondo significato che la Parola del Vangelo ci consegna.

Matteo pone la narrazione delle Beatitudini in un contesto segnato da una vita che conosce la fatica, e da un’umanità bisognosa dell’intervento di Dio. L’Evangelista usa la categoria teologica del Regno di Dio, con la quale interpreta da un lato la Potenza di Dio e, dall’altro, la sua Paternità.

    È attraverso queste due realtà che viene suscitata, non solo la guarigione fisica di tanti, ma anche un cambiare vita dal di dentro del cuore umano.

    In definitiva “il Regno di Dio, che scaturisce direttamente dal cuore di Dio, s’impianta nel cuore dell’uomo e genera, plasma, interpella una libertà rinnovata dentro il cuore dell’uomo”. (L. Serenthà)

    Potremmo concludere che, le singole beatitudini, esprimono una storia concreta, il rivelarsi di una libertà che, riempita di Dio nella fede, vive ritmi di vita e di carità rinnovati dall’amore per i fratelli. Emerge così una figura nuova del discepolo, più tangibile e attestata in scelte di libertà che identificano il discepolo con Cristo, l’uomo nuovo tratteggiato dalle stesse beatitudini.

    La vita di ogni giorno con le sue contraddizioni, gioie e fatiche, è il campo in cui si determina l’attestarsi di questa libertà. Fatti per la gioia e la felicità proviamo, nell’ascolto di questo testo, quell’appagamento che andiamo inseguendo da tempo. Le nostre nostalgie di futuro vengono ben interpretate dai vari passaggi del brano.

    Ieri, recandomi a casa di don Antonio per un momento di preghiera, ho avuto l’impressione di un uomo che era nella pace, appagato da un vivere nel quale aveva sperimentato quanto poc’anzi affermato.

    Come Vescovo, voglio ricordare tre elementi della sua vita che mi sono stati trasmessi da quanti lo hanno conosciuto a fondo.

    Don Antonio ha vissuto integralmente e convintamente l’esperienza della fede come incontro con il Signore. La sua vita nutrita dalla preghiera e dall’Eucaristia è stata spesa in un generoso servizio alla Chiesa.

    È stato un sacerdote fedele innanzitutto alla sua vocazione, vissuta integralmente. Fedele al suo ministero di pastore del gregge, come anche ad altri compiti a lui affidati dai superiori. Era questa fedeltà che faceva di don Antonio un sacerdote di sicura affidabilità, apprezzato dai Vescovi che lo hanno stimato ed amato.

    Infine, la disponibilità dovuta al suo cuore sacerdotale. Ha amato e servito le comunità affidategli con dedizione. Si è fatto presente nella vita delle persone in forma costante, specialmente nei momenti della prova.

    Accanto, per breve tempo, a S.E. Mons. Nicodemo nel lavoro di segreteria, si è distinto per l’appassionato ministero di pastore nella parrocchia S. Marcello, dove ancora oggi è ricordato per il suo zelo e la vicinanza alla gente. Passato alla guida della Parrocchia del Rosario divenne poi Canonico del Capitolo della Cattedrale. La sua vita, segnata da una salute malferma, soprattutto negli ultimi anni, ha conosciuto la tenerezza e l’attenzione di diversi ma soprattutto di Angela, che saluto e ringrazio, per il garbato e filiale servizio reso alla persona di don Antonio.

    Sento bello, e sacerdotalmente significativo, concludere questo momento con una preghiera che, se da un lato vuole essere suffragio per un nostro amato sacerdote, diventi opportunità di grazia per tutta la famiglia presbiterale.

    Con voi desidero invocare Gesù perché avvolga della sua grazia ogni presbitero di questa famiglia sacerdotale, a cui don Antonio era fortemente legato.

O Gesù, uomo della Croce,

Figlio obbediente del Padre,

ponte di grazia tra il cielo e la terra,

noi t’invochiamo:

dona a ciascuno dei tuoi ministri

lo sguardo penetrante di chi

sa amare senza appartenersi;

inonda della tua misericordia

le loro fragili esistenze,

perché dalle ferite del cuore

tracimi la tenerezza del tuo amore.

 

Suscita, in ogni presbitero,

il fascino della Comunione

accolta e vissuta;

colma di vera umiltà il loro cammino,

perché con la vita narrino al mondo

il volto radioso della Chiesa tua sposa.

Amen.

† don Giuseppe, vescovo

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